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Eldredge: Rinnegare Darwin (lungo)
(troppo vecchio per rispondere)
The Fuzzy
2003-08-11 09:19:16 UTC
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8-) ... Non vi sembra di esagerare? Ragazzi, calma 8-PPPP
Comunque facciamo così. Io vado in ferie domenica, mi porto tutti i libri di
Eldredge e Gould che ho a casa, e quando torno ricominciamo. MarkIII
Ed io, per non essere da meno, mi rileggo Ripensare Darwin. Se riesco a
sopportarne la spocchia... Danilo
Bene, ho terminato la prima fetta di vacanza, e mi sono studiato (non
letto) "Ripensare Darwin" di Eldredge (Eld.). Chiarisco preliminarmente
che
1) io sono, come Eld., un duro critico del riduzionismo ultradarwinista
e del riduzionismo sociobiologico (Dawkins, Maynard-Smith, Wilson,
Tooby, Cosmides, ecc.). Sono invece molto in accordo con Lewontin, Mayr,
Tattersall, Dobzansky, Varela, Bateson e altri moderati.
2) Eldridge (Eld.) secondo me o non ha capito l'evoluzione darwiniana
(cosa probabile) oppure fa finta di non capirla al solo scopo di
proporre la sua "rivoluzionaria" teoria. In ogni caso devo dire che ho
sbagliato, e che il giudizio di Danilo su Eld. era corretto, e per me
anche troppo leggero. Devo dire che più leggevo Eld. e più rimanevo a
bocca aperta per la serie di assurdità che sostiene. Pur essendo un
feroce anti ultradarwinista, capisco benissimo che gli ultradarwinisti
si siano fatti un bel po' di risate a leggere Eld.. Non si combatte
un'ideologia con un'altra ideologia.
3) gli argomenti sono tanti e molto complessi, pertanto quello che dico
di seguito è limitato ad alcuni aspetti che mi hanno colpito e di cui ho
preso qualche appunto.

Cominciamo a scendere un po' nello specifico.

1) L'evoluzione darwiniana è in generale - a parte ulteriori
specificazioni - un processo a due stadi: mutazione e selezione (Mayr).
2) le mutazioni non conoscono stasi vera e propria, avvengono e basta, e
sono la conditio sine qua non di ogni forma di evoluzione.
3) il processo di selezione è molto complesso, anche qui non scendo nel
dettaglio, ma insomma diciamo che la selezione delle varianti
disponibili puo' avvenire per motivi molto diversi (pluralismo). Per es.
la causa piu famosa è per adattamento, oppure per esattamento, o per
caso, o per deriva, e via discorrendo. Non voglio discutere di questo
ora.
4) Ora Eld. afferma che per spiegare la stasi è sufficiente l'"habitat
tracking" (HT inseguimento dell'abitat), che - aggiungo io - non è che
una componente tra altre della selezione. Questa affermazione è in parte
vera, in parte falsa a causa della sua genericità. Non si puo'
seriamente affermare che la stasi si spiega solo con HT se non si
specifica di quali organismi si parla: HT spiega la stasi nei batteri
forse? e che dire degli uccelli, o delle formiche o degli elefanti?
Niente per Eld. è tutto uguale: stasi e HT gratis per tutti!!!
(Riduzionismo) (vedi p.90). I discorsi troppo astratti sono facilmente
criticabili. Inoltre -considerazione mia- non si puo' parlare di tempo
evolutivo in astratto, perchè un conto per esempio sono gli ultimi
100.000 anni, un conto sono 100.000 considerati 1 miliardo d'anni fa. Il
tempo evolutivo non ha un andamento lineare, quindi quanto Eld. parla
dei tempi dell'evoluzione per adattamento intermini di 5000-50000 anni
parla in astratto e dice bubbole. I primi organismi protocellolari
quanto ch'anno messo ad evolversi e differenziarsi? 50000 anni? Devo
ridere?

5) un altro punto che mi lascia perplesso perche' indica IHMO una
cattivissima comprensione del darwinismo è l'uso costante di una
espressione. Eld. dice spesso "l'adattamento_per_ selezione naturale". A
parte il fatto che è ormai chiaro da darwin in poi che se c'è un
adattamento filogenetico questo è per selezione e non per creazione. Ma
l'espressione è capovolta rispetto a un dibattito contemporaneo in cui
si discute che è la "selezione naturale ad essere _per_adattamento
oppure _per_ altri motivi (es. deriva genetica, o caso, o altro).

6) SPECIE E SPECIAZIONE
in effetti la questione è intrigante: infatti "specie" in darwin è per
"somiglianza" e si accorda con una visione gradualista, mentre oggi (con
Mayr e Dobzansky) "specie" indica "isolamento riproduttivo" e si accroda
con una visione discontinuista (o saltazionista). Cosi intesi i due
concetti sembrano antitetici (anche se poi si vede che individui che si
accoppiano si somigliano anche). Come affronta la questione Eld.?
Nel modo piu' incoerente possibile. Assume il concetto contemporaneo di
specie come "isolamento riproduttivo", ma poi quando deve definire una
specie _fossile_ allora lo fa per "somiglianza".

Alla fine arriva addirittura a sostenere che sono le Specie la causa
dell'evoluzione e non viceversa, e asserisce che la speciazione avviene
prevalentemente perché gli individui di popolazioni diverse "non si
riconoscono più sessualmente" in quanto restano "separati". In virtu di
quale magia avvenga questo "non riconoscimento" non lo dice affatto.
L'arcangelo gabriele la contrario?
Dice che la speciazione non è un prodotto della selezione, anzi la
formazione delle specie è la causa dell'evoluzione. Non so neanche bene
cosa possa significare una tale astrusità, anche perchè Eld. non dà uno
straccio di argomentazione (quattro righe) per spiegare come avviene la
speciazione. Si limita a fare un "copia e incolla" di pezzi di teorie di
altri autori
1) di H.E.H.Paterson per quanto riguarda il "non riconoscimento
sessuale" (p.115 sgg)
2) di Mayr e Dobzanskji per quanto riguarda "l'isolamento geografico"
(p.108 sgg)

CONCLUDO
Nonostante le ripetute assicurazioni dello stesso Eld. di non essere
saltazionista e di non proporre un alternativa al darwinismo classico,
di fatto egli continua a proporre argomenti saltazionisti e scrivendo
che tra speciazione e adattamento non c'è relazione necessaria NEGA
DARWIN, ossia nega le basi del darwinismo: in pratica nega l'origine
delle specie per selezione di mutazioni adatte, ecc.. Inoltre non
propone un alternativa seria, ma solo vagamente accennata per spiegare
l'origine delle specie, anzi arriva addirittura ad ammettere di non
saper risolvere la questione (p.120-121). Ma come si fa a negare una
teoria largamente accettata senza avere una controproposta? Lo si puo'
fare solo per ideologia o mania di protagonismo, finendo per prestare il
fianco ai creazionisti, come lui stesso ammette.

Scrivevate
La mia posizione invece è che la teoria degli equilibri punteggiati sia
ampiamente all'interno della teoria sintetica dell'evoluzione, e ne spieghi
sostanzialmente solo un particolare quantitativo. (Danilo)
Eldredge ha, specie negli ultimi libri, molto aumentato la portata degli
equilibri punteggiati, inserendoli nella sua teoria dell'evoluzione, che
integra anche aspetti ecologici e storici (geologici). (MarkIII)
Vuole solo, con Gould e altri (Vrba e Stanley soprattutto), far notare
che il gradulismo esiste, eccome, ma non spiega tutto quello che accade. (MarkIII)
Danilo, forse volevi dire la "stasi" rientra nella teoria sintetica, in
quanto la "teoria degli EP" è la negazione, e lo ripeto a chiare
lettere, è la negazione del darwinismo sia classico che neo che
sintetico. In primis lo stesso famoso articolo del 1972 si intitolava
"Punctated equilibria: an _alternative_...". Ma anche nel 1992 Eld.
ripropone la teoria, assicurando che non è alternativa, ma le
argomentazioni alla fine negano ogni funzione al gradualismo filetico.
Infatti se la selezione per adattamento non serve alla speciazione, non
serve a spiegare la formazione dei taxa superiori, non serve a spiegare
la stasi, è presente raramente nel tempo geologico, il cambiamento
evolutivo delle popolazioni è riassorbito e annullato nella specie,
allora Eld. mi deve spiegare a che c...o serve la selez.nat.? a creare
un po' di "colore" una volta ogni morte (geologica) di papa?
Mi spiace MarkIII, ma avendo letto attentamente "ripensare darwin" 1992
non ho molti dubbi sul fatto che la teoria degli EP si pone DI FATTO
come un'alternativa, Eld. puo anche negarlo nel libro, ma quello che
spiega poi lo smentisce. Credo che Eld. forse neanche se ne rende ben
conto, oppure ci marcia. Come giustamente diceva danilo, diversi errori:
"informano il suo pensiero, non apertamente (chè io credo le
sconfesserebbe in tutta onestà), ma sotterraneamente, come moduli di
pensiero da cui si distacca tutte le volte che se ne accorge, ma di cui
non sempre si accorge." (Danilo). Sottoscrivo in pieno. O è in malafede
o è confuso, o forse un po' di entrambi.
Il mio problema è appunto che quando leggo Gould, e ancora di più Eldredge,
sento un forte odore di teleologia, che impregna subdolamente anche la base
dei ragionamenti fatti per negarla. Ma magari me lo metto in mente... (Danilo)
A me pare che Eld. capovolge la direzione dell'evoluzione, nel senso che
non si parte dalle mutazioni delle unità piu piccole (gene, individuo)
per poi procedere verso livelli (o categoria) piu alte (gruppi,
popolazioni, specie, taxa), integrando per ogni livello dinamiche
specifiche non contenute nei livelli piu bassi. Al contrario le specie
sono la causa delle variazioni per selezione, e quindi delle diff.
individuali. Capite? Roba da restare senza parole...

A proposito di una sorta di TELEOLOGIA scrivevo che forse si puo
per esempio sottolineavo l'influenza
dell'ambientalismo di Eld. (vedi risposta a MarkIII), e qui già
c'è puzza di teleologia, in quanto Eld. vede nelle grandi estinzioni
un male, quasi che queste interrompessero il progresso del vivente,
come se esso avesse una qualche direzione intrinseca disturbata
dalle distruzioni. (fuzzy)
aggiungo che per Eld. la selesione nat. sembra agire solo in caso di
bisogno, di grande cambiamento ambientale (fisico, perchè Eld. trova
ridicola l'ecologia come scienza), quindi il telos sarebbe la risposta
all'ambiente. Sembra che per Eld. le mutazioni siano quasi "risvegliate"
o riutilizzate dall'azione dell'ambiente. La conclusione è che la
selezione causa il cambiamento evolutivo, e solo in certi periodi
(p.107-108)?!?!!?
Non voglio fare l'esegeta di Gould, ma credo che una parte del dissenso
sia perfettamente motivata da dati scientifici che sia lui che Eldredge
hanno trovato invarie popolazioni esistenti e fossili. (MarkIII)
Una cosa è rilevare la difficoltà dovuta alla "stasi" desunta dai dati
della paleontologia, altro è partire per la tangente ed elaborare una
teoria evoluzionistica, al 98% in contrasto con quanto assodato da 150
anni, che per giunta fa acqua da tutte le parti. Eld. infatti non ha
quella capacità ad ampio respiro di elaborare una teoria coerente di
larga portata. La sua teoria è una'accozzaglia di idee rattoppate e
tenute assieme con lo sputo di una speculazione fatiscente e aporetica.
E Gould ha sempre fatto notare che gli EP vanno a modificare in
parte la teoria sintetica dell'evoluzione, non stravolgendola, ma
inserendo un meccanismo ulteriore che poteva essere o no
presente in quel momento. (MarkIII)
Gould a parole puo dire quello che gli pare, ma Eld. scrivendo di fatto
nega ogni forma di darwinismo, o meglio il gradualismo dell'adattamento
per mutazione e selezione finisce per diventare un accidente sporadico e
che serve a poco o niente. Inoltre non presenta una alternativa
seriamente fondata. Infine aggiungo che Eld. accusa gli ultradarwinisti
di un eccesso di speculazione (accusa che sottoscrivo), ma lui fa lo
stesso: rilevare la stasi nei fossili non è sufficiente a supportare la
"teoria (alternativa) degli equilibri punteggiati", al massimo pone un
problema. La prossima mossa di ELd. sarà teorizzare la comparsa
improvvisa dei Taxa superiori?
Per creazione divina?

**************************************************************
Punti ciritici in Danilo
**************************************************************
L'idea, il meme, che gli organismi mutino per adattarsi all'ambiente è
esattamente l'errore concettuale di Eldredge. (Danilo)
Non mi pare, e cmq magari fosse solo quello!!
In realtà, la molecola di DNA non specula affatto sulla possibile realtà in
cui verrà ad essere, e tu lo sai meglio di me. (Danilo)
Il genoma per me non è un'unità biologica privileggiata, anche se
importante, ma solo uno dei vari livelli dell'evoluzione dei viventi
(altri livelli sono per es. : trascrittoma, proteoma, strutture/organi,
individuo, famiglia, popolazioni, specie, taxa, ecc.)
Ora, se tu tieni presente che ogni individuo nasce con una combinazione
casuale di alleli, e non fa proprio niente per essere adatto al suo
ambiente, ma lo subisce passivamente, (Danilo)
Aridanghete! E chi lo dice che lo subisce passivamente? Nessuno, perchè
mi sembra un'affermazione gratuita. Il comportamento di un animale puo
benissimo influire attivamente sul suo adattamento all'ambiente, e puo'
influire anche sulla riproduzione, e quindi sull'adattamento della
specie. Va bene che la selezione è un processo cieco e sottrattivo, ma
non passivo, l'individuo non è un sasso, tu esageri. Un eschimese non ha
geni molto diversi dai tuoi eppure è adattato all'ambiente in cui vive
proprio perchè non lo subisce passivamente. Non è solo ovvio, ma anche
banale direi.
Ma non c'è una differenza qualitativa fra una grande estinzione e la morte
di un girino di rospo, a meno che tu non postuli una previsione, da parte
dell'individuo, riguardo all'ambiente in cui si troverà a vivere.
Eccoci cosi al mito del riduzionismo genetico.
Il punto è che per te non esistono affatto distinzioni qualitative nel
mondo naturale. Questo è ovviamente irragionevole e ingiustificato
perchè che sia cosi non è affatto pacifico. La differenza tra una morte
individuale accidentale o per estinzione di massa accidentale o per
morte per mancanza di adattamento _è qualitativa_ o se preferisci
sostanziale: nel primo caso le cause sono esogene all'individuo, nel
secondo sono esogene ad un gruppo, nel terzo caso sono endogene ad un
individuo. Non mi pare la stessa cosa.
Inoltre come ha fatto giustamente notare P.Lieberman, una differenza
quantitativa a lungo andare importa una differenza qualitativa. Ma
questo lo sapeva anche Darwin, infatti le differenze tra specie sono
qualitative e si costruiscono gradualmente in virtu di variazioni
quantitative. Questa è una delle grandi intuizioni di Darwin. Ma non ho
finito...
Non esiste una dicotomia fra cattivi geni e cattiva fortuna, al di fuori di
un finalismo. (Danilo)
Balle! Esiste eccome.
L'individuo infatti non dipende solo dai geni, il suo comportamento non
è riducibile ai suoi geni (a rigore neanche le strutture sono riducibili
ai geni, i quali non riescono neanche a determinare il folding delle
catene polipeptidiche nelle proteine corrispondenti). Quindi non
esistono cattivi geni in senso stretto; a meno di non porsi in un ottica
sociobiologica, che secondo me a poco o nulla a che vedere con la
scienza e molto a che fare con le favole per bambini. L'era del
genetismo spinto è ormai al tramonto.
La diff. tra evento accidentale e cattivi geni c'è ed è banalmente
evidente, senza fare appello ad alcun finalismo, una volta tolto il velo
dell'ideologia riduzionista, per es.: due gemelli monozigoti hanno gli
stessi geni, eppure uno muore accidentalmente (in un attentato
terroristico) mentre l'altro fa dieci figli tutti sani e ben adatti.
Stessi geni, sorti diverse. Dove stanno i cattivi geni, dove il
finalismo? Dov'è l'identità tra cattivi geni e cattiva sorte? Nella
fantasia dei riduzionisti, a cui farebbe comodo, per le loro teorie
semplificatorie, eliminare certe differenze scomode. Pero' la dicotomia
in concreto c'è eccome, si elimina solo grazie a speculazioni astratte.

I biological constraints (vincoli biologici) sono PROscrittivi (dicono
quello che NON si puo fare), non PREscrittivi, e il comportamento degli
animali, e in generale l'espressione dei geni, dipende da tantissimi
fattori endogeni ed esogeni.

ora ho finito di tediarvi per davvero :). Scusate gli errori.
ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
Dominio Digitale
2003-08-11 14:13:08 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
8-) ... Non vi sembra di esagerare? Ragazzi, calma 8-PPPP
Comunque facciamo così. Io vado in ferie domenica, mi porto tutti i libri di
Eldredge e Gould che ho a casa, e quando torno ricominciamo. MarkIII
Ed io, per non essere da meno, mi rileggo Ripensare Darwin. Se riesco a
sopportarne la spocchia... Danilo
Bene, ho terminato la prima fetta di vacanza, e mi sono studiato (non
letto) "Ripensare Darwin" di Eldredge (Eld.). [MEGACUT]
Ma ragaaaazzi!!! Non si può scrivere un post del genere l'11 di agosto co
sto caldo del bip che fa!!! Sta roba lasciamola per le tristi, lunghe e
noiose serate invernali!!!!! ;-) Scusate ma non ho resistito...
Ciao

Andrea
--
Il matrimonio è l'arte di risolvere in due quei problemi che da solo non
avevi!!
The Fuzzy
2003-08-11 16:28:23 UTC
Permalink
Post by Dominio Digitale
Ma ragaaaazzi!!! Non si può scrivere un post del genere l'11 di agosto co
sto caldo del bip che fa!!! Sta roba lasciamola per le tristi, lunghe e
noiose serate invernali!!!!! ;-) Scusate ma non ho resistito...
Ciao Andrea
..ma sai io l'ho scritta in ufficio, ora che non c'è nessuno e c'è
l'aria condizionata... ;-)

fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
Dominio Digitale
2003-08-25 18:41:42 UTC
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Post by The Fuzzy
Post by Dominio Digitale
Ma ragaaaazzi!!! Non si può scrivere un post del genere l'11 di
agosto co sto caldo del bip che fa!!! Sta roba lasciamola per le
tristi, lunghe e noiose serate invernali!!!!! ;-) Scusate ma non ho
resistito...
Ciao Andrea
..ma sai io l'ho scritta in ufficio, ora che non c'è nessuno e c'è
l'aria condizionata... ;-)
Dai, stavo scherzando. Spero che non te la sia presa... ;-) C'ho capito
pochissimo di quello che hai scritto perché in effetti non seguo l'argomento
(anche se forse dovrei... studio biologia... uèèè che vergogna!) ma cmq è
decisamente interessante....
Post by The Fuzzy
fuzzy
Ciao
Andrea
--
Il matrimonio è l'arte di risolvere in due quei problemi che da solo
non avevi!!
markIII
2003-08-12 22:17:10 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
Cominciamo a scendere un po' nello specifico.
1) L'evoluzione darwiniana è in generale - a parte ulteriori
specificazioni - un processo a due stadi: mutazione e selezione (Mayr).
Devo dire Ok.
Post by The Fuzzy
2)le mutazioni non conoscono stasi vera e propria, avvengono e basta, e sono
la conditio sine qua non di ogni forma di evoluzione.
Anche qui ovvio
Post by The Fuzzy
3) il processo di
selezione è molto complesso, anche qui non scendo nel dettaglio, ma
insomma diciamo che la selezione delle varianti disponibili puo' avvenire
per motivi molto diversi (pluralismo). Per es. la causa piu famosa è per
adattamento, oppure per esattamento, o per caso, o per deriva, e via
discorrendo. Non voglio discutere di questo ora.
I livelli di selezione credo siano condivisi da tutti. E anche i risultati
della selezione. Comunque c'è anche la selezione sessuale.
Post by The Fuzzy
4) Ora Eld. afferma che per spiegare la stasi è sufficiente l'"habitat
tracking" (HT inseguimento dell'abitat), che - aggiungo io - non è che
una componente tra altre della selezione.
Primo errore. Per Eld l'Ht non è altro che una delle cause della stasi;
dei momenti cioè, durati milioni di anni,
in cui le specie NON cambiano. Può darsi che tu lo vedi come componente
della selezione ma, a meno che non si tratti di selezione stabilizzante,
le specie con l'HT non cambiano.
O meglio, cambiano in apparenza nella colonna stratigrafica, ma nella
realtà ci sono state delle modifiche delle faune, e le specie che hanno
sostituito quelle originarie sono altre. Qui ci sono due lavori sull'HT:
6) Davis, M. 1983. "Quarternary history of deciduous forests of eastern
North America and Europe." Ann. Missouri Bot. Gard. 20: 550-563.
7) Coope, G. R. 1979. "Late Cenozoic fossil Coleoptera:
evolution, biogeography and ecology." Ann. Rev. Ecol. Syst. 10:247-267.
Post by The Fuzzy
Questa affermazione è in parte
vera, in parte falsa a causa della sua genericità. Non si puo' seriamente
affermare che la stasi si spiega solo con HT se non si specifica di quali
organismi si parla: HT spiega la stasi nei batteri forse? e che dire degli
uccelli, o delle formiche o degli elefanti? Niente per Eld. è tutto
uguale: stasi e HT gratis per tutti!!! (Riduzionismo) (vedi p.90).
L'HT è, come dice Eld. "tutto ciò che ci vuole per spiegare la stasi,
insieme alla consapevolezza della struttura delle specie". Inoltre nel suo
ulimo libro "Le trame dell'evoluzione", Eld approfondisce il concetto,
spezzettando per così dire l'Ht in varie popolazioni della specie che,
come fa notare spesso, per lui sono entità perfettamente reali. Se in
molte popolazioni ci sono cambiamenti, nella media della specie quello che
accade è lo spostamento degli individui per inseguire l'habitat. QUindi la
mancanza di cambiamento, la non-evoluzione e la stasi.
Eld inoltre fa sempre seguire i suoi esempi di Ht da lavori, come quei due
che ti ho citato primna e l'ipotesi del "turnover pulse" della Vrba, che
lei egregio collega sicuramente conosce ;-)
Post by The Fuzzy
I
discorsi troppo astratti sono facilmente criticabili. Inoltre
-considerazione mia- non si puo' parlare di tempo evolutivo in astratto,
perchè un conto per esempio sono gli ultimi 100.000 anni, un conto sono
100.000 considerati 1 miliardo d'anni fa. Il tempo evolutivo non ha un
andamento lineare, quindi quanto Eld. parla dei tempi dell'evoluzione per
adattamento intermini di 5000-50000 anni parla in astratto e dice bubbole.
Vedi sopra; ci sono sempre lavori che supportano quest'ipotesi. Eld
spiega la stasi con l'Ht tracking dove VEDE la stasi. Nei batteri può
darsi che l'aspetto sia immodificato, ma quel che cambia è il metabolismo;
e nei suoi libri Eld non parla mai di stasi dei batteri, e neppure del
celacanto, credo. Anzi, dice che la stasi è stata dimostrata in molti taxa
di Metazoi negli ultimi 600 milioni di anni. Stop; niente batteri.
Post by The Fuzzy
I primi organismi protocellolari quanto ch'anno messo ad evolversi e
differenziarsi? 50000 anni? Devo ridere?
Prego, faccia pure. Ma citi anche un passo in cui Eld parla di stasi nel
caso di unicellulari.
Post by The Fuzzy
5) un altro punto che mi lascia perplesso perche' indica IHMO una
cattivissima comprensione del darwinismo è l'uso costante di una
espressione. Eld. dice spesso "l'adattamento_per_ selezione naturale". A
parte il fatto che è ormai chiaro da darwin in poi che se c'è un
adattamento filogenetico questo è per selezione e non per creazione. Ma
l'espressione è capovolta rispetto a un dibattito contemporaneo in cui si
discute che è la "selezione naturale ad essere _per_adattamento oppure
_per_ altri motivi (es. deriva genetica, o caso, o altro).
Non trovo la copia inglese del libro, ma se non sbaglio dice "adaptation
through natural selection" o "under the guidance of natural selection".
Inoltre dovresti citare le frasi giuste, perché adattamento, come ha
dimostrato più volte Mayr, ha più di un significato: processo e organo
sono i primi che mi vengono in mente.
Post by The Fuzzy
6) SPECIE E SPECIAZIONE
in effetti la questione è intrigante: infatti "specie" in darwin è per
"somiglianza" e si accorda con una visione gradualista,
Perché Darwin negasse addirittura l'esistenza delle specie è chiaro a una
lettura della storia della biologia. Gli serviva negare che ci fossero
entità come le specie perché altrimenti sarebbe stato facile dire che erano
fisse.
Post by The Fuzzy
mentre oggi (con
Mayr e Dobzansky) "specie" indica "isolamento riproduttivo" e si accroda
con una visione discontinuista (o saltazionista).
Se ti spieghi meglio, è meglio. Anche se ha quasi 100 anni, se dai del
saltazionista a Mayr viene qua da Harvard e ti spara (odiava Goldschmit
con tutto il cuore). Meglio discontinuista, anche se la parola è
bruttarella assai.
Post by The Fuzzy
Cosi intesi i due
concetti sembrano antitetici (anche se poi si vede che individui che si
accoppiano si somigliano anche). Come affronta la questione Eld.? Nel modo
piu' incoerente possibile. Assume il concetto contemporaneo di specie come
"isolamento riproduttivo", ma poi quando deve definire una specie
_fossile_ allora lo fa per "somiglianza".
Non sono io a doverti spiegare la differenza tra specie attuali e
paleospecie. Non puoi controllare l'isolamento riproduttivo in specie
fossili. Ma qui probabilmente non ho capito la critica, perché mi senmbra
troppo facile controbattere in questo modo.
Post by The Fuzzy
Alla fine arriva addirittura a sostenere che sono le Specie la causa
dell'evoluzione e non viceversa, e asserisce che la speciazione avviene
prevalentemente perché gli individui di popolazioni diverse "non si
riconoscono più sessualmente" in quanto restano "separati". In virtu di
quale magia avvenga questo "non riconoscimento" non lo dice affatto.
L'arcangelo gabriele la contrario?
Per Eld, come per Mayr e una valanga di altri evoluzionisti, "il processo
di speciazione è la frammentazione delle comunità riproduttive". Dove hai
visto l'inversione del concetto?
Post by The Fuzzy
Dice che la speciazione non è un prodotto della selezione, anzi la
formazione delle specie è la causa dell'evoluzione. Non so neanche bene
cosa possa significare una tale astrusità, anche perchè Eld. non dà uno
straccio di argomentazione (quattro righe) per spiegare come avviene la
speciazione. Si limita a fare un "copia e incolla" di pezzi di teorie di
altri autori
1) di H.E.H.Paterson per quanto riguarda il "non riconoscimento sessuale"
(p.115 sgg)
2) di Mayr e Dobzanskji per quanto riguarda "l'isolamento geografico"
(p.108 sgg)
A pagina 117 spiega come avviene la speciazione "una specie si frammenta e
il contatto riproduttivo che lega le sue popolazioni più distanti diventa
esiguo. Il "sistema specifico di riconoscimento del partner" di ciascun
frammento si conserva, ma i frammenti iniziano ad allontanrsi l'uno
dall'altro. La selezione continua a far procedere la riproduzione in queste
popolazioni isolate, ma la divergenza può diventare abbastanza grande da
impedire la riuscita dell'accoppiamento tra i due gruppi isolati nel caso
rientrino in contatto". Non ho voglia di andare a riprendere "Animal
species and evolution" di Mayr, ma ti assicuro che non c'è molta
differenza.
Post by The Fuzzy
CONCLUDO
Nonostante le ripetute assicurazioni dello stesso Eld. di non essere
saltazionista e di non proporre un alternativa al darwinismo classico, di
fatto egli continua a proporre argomenti saltazionisti e scrivendo che tra
speciazione e adattamento non c'è relazione necessaria NEGA DARWIN, ossia
nega le basi del darwinismo: in pratica nega l'origine delle specie per
selezione di mutazioni adatte, ecc..
Leggiti il passo sopra, vedrai che semplicemente non è vero. le
popolazioni isolate si trasformano per selezione di mutazioni adatte, non
c'è altro modo.
Post by The Fuzzy
Inoltre non propone un alternativa
seria, ma solo vagamente accennata per spiegare l'origine delle specie,
anzi arriva addirittura ad ammettere di non saper risolvere la questione
(p.120-121). Ma come si fa a negare una teoria largamente accettata senza
avere una controproposta? Lo si puo' fare solo per ideologia o mania di
protagonismo, finendo per prestare il fianco ai creazionisti, come lui
stesso ammette.
Io a pagina 120-121 non vedo altro che una conferma delle teoria, di Mayr in
particolare, con un'enfasi sulla speciazione come processo importante,
anzi come causa dell'adattamento. Ma, e qui ti do ragione sull'oscurità di
pensiero, "adattamento di chi a cosa", oppure "adattamento per ____". Io,
ma non voglio leggere cose che non ci sono scritte, ritengo che Eld
volesse dire che le varie popolazioni di una specie sono sottoposte alla
selezione naturale solo quando sono separate
tra di loro o dalla specie madre, perché altrimenti potrebbero andare
avanti per milioni di anni attraverso la stasi. La nascita di specie
nuove attraverso l'isolamento riproduttivo è quello che porta poi
all'adattamento all'ambiente.
Post by The Fuzzy
Eldredge ha, specie negli ultimi libri, molto aumentato la portata degli
equilibri punteggiati, inserendoli nella sua teoria dell'evoluzione, che
integra anche aspetti ecologici e storici (geologici). (MarkIII) Vuole
solo, con Gould e altri (Vrba e Stanley soprattutto), far notare che il
gradulismo esiste, eccome, ma non spiega tutto quello che accade.
(MarkIII)
Danilo, forse volevi dire la "stasi" rientra nella teoria sintetica, in
quanto la "teoria degli EP" è la negazione, e lo ripeto a chiare lettere,
è la negazione del darwinismo sia classico che neo che sintetico. In
primis lo stesso famoso articolo del 1972 si intitolava "Punctated
equilibria: an _alternative_...".
Concludi. "...an alternative to _philetic gradualism_" non alla selezione
naturale.
Post by The Fuzzy
Ma anche nel 1992 Eld. ripropone la
teoria, assicurando che non è alternativa, ma le argomentazioni alla fine
negano ogni funzione al gradualismo filetico.
Negano al gradualismo filetico l'esclusiva nella storia della vita. E'
molto diverso.
Post by The Fuzzy
Infatti se la selezione per
adattamento non serve alla speciazione,
La selezione serve eccome. Basta leggere cosa dice in un documento del
2000: "La selezione naturale plasma la maggior parte dei cambiamenti
evolutivi quasi simultaneamente in linee genetiche indipendenti, e (as)
la speciazione è innescata dalle estinzioni in eventi di "turnover".
Post by The Fuzzy
non serve a spiegare la formazione
dei taxa superiori, non serve a spiegare la stasi,
La stasi è spiegata, oltre che dall'Ht, anche dalla selezione
stabilizzante, un fenomeno ben conosciuto dagli anni '30.
Post by The Fuzzy
Mi spiace MarkIII, ma avendo letto attentamente
"ripensare darwin" 1992 non ho molti dubbi sul fatto che la teoria degli
EP si pone DI FATTO come un'alternativa, Eld. puo anche negarlo nel libro,
ma quello che spiega poi lo smentisce.
Forse dovresti leggere qualcos'latro, oltre a un libro del 1992...
Post by The Fuzzy
A me pare che Eld. capovolge la direzione dell'evoluzione, nel senso che
non si parte dalle mutazioni delle unità piu piccole (gene, individuo)
Le mutazioni sono sempre date per scontate come base per la creazione del
materiale a disposizione della selezione naturale.
Post by The Fuzzy
per poi procedere verso livelli (o categoria) piu alte (gruppi,
popolazioni, specie, taxa), integrando per ogni livello dinamiche
specifiche non contenute nei livelli piu bassi. Al contrario le specie
sono la causa delle variazioni per selezione, e quindi delle diff.
individuali. Capite? Roba da restare senza parole...
Sono la causa dell'adattamento, non delle variazioni. L'hai detto prima.
Post by The Fuzzy
A proposito di una sorta di TELEOLOGIA scrivevo che forse si puo
per esempio sottolineavo l'influenza
dell'ambientalismo di Eld. (vedi risposta a MarkIII), e qui già c'è
puzza di teleologia, in quanto Eld. vede nelle grandi estinzioni un male,
quasi che queste interrompessero il progresso del vivente, come se esso
avesse una qualche direzione intrinseca disturbata dalle distruzioni.
(fuzzy)
Ho letto molto sul problema delle estinzioni (sia Eld e Gould che Raup,
Seposki, Stanley, eccetera), ma vederci un giudizio di valore da parte
di chi le ha studiate, quando le grandi estinzioni sono perfettamente
funzionali alla teoria degli equilibri punteggiati, mi sembra veramente il
voler costruire un uomo di paglia.
Post by The Fuzzy
aggiungo che per Eld. la selesione nat. sembra agire solo in caso di
bisogno, di grande cambiamento ambientale
Non di grande, ma di cambiamento ambientale non inseguibile dall'Ht.
LAtrimenti una specie non cambia
Post by The Fuzzy
(fisico, perchè Eld. trova
ridicola l'ecologia come scienza), quindi il telos sarebbe la risposta
all'ambiente. Sembra che per Eld. le mutazioni siano quasi "risvegliate" o
riutilizzate dall'azione dell'ambiente. La conclusione è che la selezione
causa il cambiamento evolutivo, e solo in certi periodi (p.107-108)?!?!!?
Pag 108: "Tutti conveniamo che la selezione naturale causa il cambiamento
evolutivo. [...] Noi naturalisti stiamo tentando di capire perché il
cambiamento adattativo si sviluppa e si conserva in alcuni casi e non in
altri"
Post by The Fuzzy
Una cosa è rilevare la difficoltà dovuta alla "stasi" desunta dai dati
della paleontologia, altro è partire per la tangente ed elaborare una
teoria evoluzionistica, al 98% in contrasto con quanto assodato da 150
anni, che per giunta fa acqua da tutte le parti. Eld. infatti non ha
quella capacità ad ampio respiro di elaborare una teoria coerente di
larga portata. La sua teoria è una'accozzaglia di idee rattoppate e
tenute assieme con lo sputo di una speculazione fatiscente e aporetica.
De gustibus. Questi sono giudizi personale, non scientifici. Non li
discuto.
Post by The Fuzzy
Gould a parole puo dire quello che gli pare, ma Eld. scrivendo di fatto
nega ogni forma di darwinismo, o meglio il gradualismo dell'adattamento
per mutazione e selezione finisce per diventare un accidente sporadico e
che serve a poco o niente.
Solo a cambiare le specie nei momenti critici dell'evoluzione: vedi un po'
tu.
Post by The Fuzzy
Inoltre non presenta una alternativa seriamente
fondata. Infine aggiungo che Eld. accusa gli ultradarwinisti di un eccesso
di speculazione (accusa che sottoscrivo), ma lui fa lo stesso: rilevare la
stasi nei fossili non è sufficiente a supportare la "teoria (alternativa)
degli equilibri punteggiati", al massimo pone un problema. La prossima
mossa di ELd. sarà teorizzare la comparsa improvvisa dei Taxa superiori?
Per creazione divina?
Quando lo dirà non sarò d'accordo con lui.

MarkIII

P. S. Comunque non ho finito.
The Fuzzy
2003-08-19 10:41:08 UTC
Permalink
"markIII" <***@libero.it> wrote in message news:***@libero.it

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EPISTEMOLOGIA
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Post by markIII
Post by The Fuzzy
4) Ora Eld. afferma che per spiegare la stasi è sufficiente l'"habitat
tracking" (HT inseguimento dell'abitat), che - aggiungo io - non è che
una componente tra altre della selezione.
Primo errore. Per Eld l'Ht non è altro che una delle cause della stasi;
dei momenti cioè, durati milioni di anni,
Nessun errore.
1) l'HT puo essere inserito nel complesso dei rapporti tra individui e
ambiente, quindi rientra tranquillamente nella selezione naturale per
adattamento (nella fattispecie stabilizzante).
In altre parole Io l'HT lo vedo come uno dei tanti meccanismi in azione
nel processo di selezione naturale, se poi la selezione è stabilizzante
o speciante la sostanza non cambia.
2) L'HT per Eld. non è "una delle cause", ma l'unica, infatti tu stesso
Post by markIII
L'HT è, come dice Eld. "tutto ciò che ci vuole per spiegare la stasi,
Può darsi che tu lo vedi come componente
della selezione ma, a meno che non si tratti di selezione stabilizzante,
le specie con l'HT non cambiano.
Io la vedo così. Le mutazioni genetiche ci sono sempre, per cui, se una
specie rimane tale quale per milioni di anni, le mutazioni non vengono
selezionate,ma questo significa solo che la selezione è all'opera
costantemente e che in questo caso è stabilizzante invece che speciante.
Post by markIII
come fa notare spesso, per lui sono entità perfettamente reali. Se in
molte popolazioni ci sono cambiamenti, nella media della specie quello che
accade è lo spostamento degli individui per inseguire l'habitat. QUindi la
mancanza di cambiamento, la non-evoluzione e la stasi.
Insisto. "gli individui inseguono l'abitat" è generico, quali individui,
di quali viventi si parla? per essere ancora piu chiaro, non credo che
per le formiche l'HT valga molto, e per le piante, non sono forse
viventi? E ti pare che inseguono l'abitat? eppoi per gli uccelli
l'effetto dell'HT sarà massimo, mentre per altri animali l'incidenza
dell'HT sarà ancora diverso.
Quindi, dire che in generale l'HT spiega la stasi senza specificare la
stasi di chi?, non dice proprio niente. Gli esempi che porta Eld. dei
trilobiti o delle antilopi della Vrba sono molto poco per poter passare
ad una teoria generale della stasi. Al massimo puo' elaborare una
"teoria della stasi dei trilobiti".
E' un problema epistemologico.
Post by markIII
Vedi sopra; ci sono sempre lavori che supportano quest'ipotesi.Eld
spiega la stasi con l'Ht tracking dove VEDE la stasi. ...cut..
e nei suoi libri Eld non parla mai di stasi dei batteri,
Ma è proprio questo il punto: quando parla della stasi come effetto
dell'HT, Eld. lo fa in generale ossia come teoria generale della stasi o
come semplice considerazione riferita solamente ai trilobiti? Ripeto, è
un problema metodologico. Lui parte da un dato particolare: la stasi dei
trilobiti eppoi passa alla stasi "in generale", per cui tutti i fenomeni
di stasi sono spiegabili con l'HT.
Poi addirittura non contento, ritiene che allora darwin è tutto da
ripensare, solo perchè lui VEDE la stasi nei trilobiti...
Quello che dico è che: giustissimo il problema che lui solleva: in
qualche caso c'è stasi, sbagliatissima la soluzione: allora il
gradualismo filetico non vale piu' o poco.
Post by markIII
Prego, faccia pure. Ma citi anche un passo in cui Eld parla di stasi nel
caso di unicellulari.
Appunto, non nè parla ed è proprio questo il punto debole: spiegare la
stasi con l'HT vale solo per alcuni viventi, per altri il discorso non
vale per niente, ergo Eld. non puo' generalizzare, non puo dire che
l'evoluzione (nella sua totalità, ossia in generale) è fatta
prevalentemente di stasi, eppoi punteggiata di cambiamenti, perchè non è
vero. Se lui fa un discorso limitato ai trilobiti, o a qualche altro
vivente, bene, ma se lui generalizza e pensa di estendere il discorso a
TUTTA l'evoluzione non va più bene. E' come se Eld. stesse
privileggiando certi viventi, come se solo certi viventi importano per
l'evoluzione.
Post by markIII
Perché Darwin negasse addirittura l'esistenza delle specie è chiaro a una
lettura della storia della biologia. Gli serviva negare che ci fossero
entità come le specie perché altrimenti sarebbe stato facile dire che erano
fisse.
Ma cosa dici? Darwin negava le specie? Questa è nuova.
Darwin cmq non nega affatto le specie e non solo perchè il suo lavoro
"l'origine delle SPECIE", ha per l'appunto a tema le specie (quindi come
potrebbe negarle) e la loro origine, ma anche perchè il suo scopo non è
negare le specie, ma ridefinirne il concetto: come ha sottolineato bene
Mayr, da concetto "tipologico" di specie a concetto "biologico" di
specie. Il fatto che le specie sia "definite" dall'isolamento
riproduttivo non vuol dire che siano "fisse".
Immagino che volevi dire un'altra cosa...
Post by markIII
Se ti spieghi meglio, è meglio. Anche se ha quasi 100 anni, se dai del
saltazionista a Mayr viene qua da Harvard e ti spara (odiava Goldschmit
con tutto il cuore). Meglio discontinuista, anche se la parola è
bruttarella assai.
Sono d'accordo ovviamente, non ho detto che Mayr è saltazionista ne che
è discontinuista, ho detto solo che il concetto di "specie" intesa come
isolamento riproduttivo puo' (per chi lo vuol fare) accordarsi meglio
con una visione discontinuista, perché - non puoi negarlo - conduce ad
una delimitazione piu' marcata della specie. Insomma tra due specie -in
senso riproduttivo- vi è un gap piu netto rispetto alle sfumature che
escono fuori se consideri solo somiglianze esteriori. Ma questo non ha
nulla a che fare con la "fissità".

*************************************
SPECIE COME CAUSA
*************************************
Post by markIII
Per Eld, come per Mayr e una valanga di altri evoluzionisti, "il processo
di speciazione è la frammentazione delle comunità riproduttive". Dove hai
visto l'inversione del concetto?
Non è cosi. Per Mayr, per quanto problematica possa risultare la
speciazione, vale sempre che essa è un effetto della selezione, e quindi
dei cambiamenti evolutivi. Per Eld. è esattamente l'opposto, e lo dice a
chiare lettere: "le specie sono la causa (non l'effetto) dei cambiamenti
evolutivi". La qual cosa per me è totalmente dissennata e ridicola, ed è
IHMO l'errore piu' grave che attribuisco a Eld.

L'errore sta nel fatto che "la frammentazione di comunità riproduttive",
DI PER SE, non è la causa diretta della speciazione. Due gruppi separati
in teoria potrebbero anche rimanere della stessa specie. Il problema è
un altro: cosa deve succedere affinche - una volta separati - due
gruppi della stessa specie finiscono per generare una specie nuova? In
altri termini: quale è la CAUSA della speciazione?
La mia risposta è: la causa della speciazione sta nell'accumulo di
differenze biologiche trasmissibili dovuto al processo graduale di
mutazione e selezione, tale che ad un certo punto i due gruppi non
possono più accoppiarsi e riprodursi tra di loro. Se poi il processo di
selezione avvenga per adattamento, esattamento, caso, sessuale o altri
motivi o per una miscellanea di motivi diversi, questa è un altra
questione su cui si puo discutere.

n.b. attenzione a non confondere "selezione sessuale" con "isolamento
riproduttivo", sono due cose ben distinte: la prima è un meccanismo
minore all'interno della specie e delle popolazioni: alcuni individui
non si "piacciono", la seconda è il risultato della speciazione:
individui di due popolazioni separate sono diventati talmente diversi
geneticamente che o non riescono meccanicamente ad accoppiarsi oppure se
anche si accoppiano i gameti non sono compatibili e non producono prole.
Post by markIII
A pagina 117 spiega come avviene la speciazione "una specie si frammenta e
il contatto riproduttivo che lega le sue popolazioni più distanti diventa
esiguo. Il "sistema specifico di riconoscimento del partner" di ciascun
frammento si conserva, ma i frammenti iniziano ad allontanrsi l'uno
dall'altro. La selezione continua a far procedere la riproduzione in queste
popolazioni isolate, ma la divergenza può diventare abbastanza grande da
impedire la riuscita dell'accoppiamento tra i due gruppi isolati nel caso
rientrino in contatto". Non ho voglia di andare a riprendere "Animal
species and evolution" di Mayr, ma ti assicuro che non c'è molta
differenza.
Quindi è la selezione la causa della speciazione, e non viceversa. Due
popolazioni semplicemente distanti non rappresentano due specie, come
dicevo sopra. Ma allora perché Eld. dice che "la speciazione è la causa
del cambiamento evolutivo"?
Ti faccio notare che il cambiamento evolutivo c'è sempre: poniamo ad
esempio una specie che non si frammenta, questo non significa che non
possa speciare. Noi gli facciamo una bella foto ogni 1000 anni, eppoi
dopo 100.000 anni vediamo che la specie è cambiata, è un altra specie.
Questo è possibile, quindi il cambiamento evolutivo non è prodotto dalla
speciazione, ma è sempre la speciazione ad essere prodotta dal
cambiamento evolutivo.
Post by markIII
Leggiti il passo sopra, vedrai che semplicemente non è vero. le
popolazioni isolate si trasformano per selezione di mutazioni adatte, non
c'è altro modo.
Lo so, e aggiungo che è così che nascono nuove specie: per cambiamento
evolutivo.
Mentre le specie per Eld. non si originano per mezzo della selezione,
cioè per mezzo di cambiamenti evolutivi, anzi è la speciazione (che non
si capisce come avviene) che causa il cambiamento evolutivo (cito).
Post by markIII
Io a pagina 120-121 non vedo altro che una conferma delle teoria, di Mayr in
particolare, con un'enfasi sulla speciazione come processo importante,
anzi come causa dell'adattamento.
Appunto, che è la negazione netta di darwin.
Mayr sostiene che la Speciazione è causa dell'adattamento?
1) citami un passo chiaro dove fa un'affermazione del genere
2) spiegami come fa la speciazione a *causare* il cambiamento evolutivo
Post by markIII
avanti per milioni di anni attraverso la stasi. La nascita di specie
nuove attraverso l'isolamento riproduttivo è quello che porta poi
all'adattamento all'ambiente.
Si, appunto, Eld non spiega: la specie nasce quando si arriva
all'isolamento riproduttivo. Bene, questo dice nulla pero'. Come si
arriva all'isolamento riproduttivo? Questo è il punto.
Eld. semplicemente non lo dice (ti sfido a trovare una spiegazione di
cio). Per me la questione è semplice: si arriva all'isolamento
riproduttivo attraverso il cambiamento evolutivo, ossia la selezione,
pertanto essa è la causa o se vuoi l'origine delle specie e non
viceversa come dice Eld.
Post by markIII
Concludi. "...an alternative to _philetic gradualism_" non alla selezione
naturale.
non cambia molto giocando il gradualismo filetico un ruolo consistente
nella selezione naturale, e nel processo di speciazione, creare
un'alternativa significa togliere se non tutto almeno la parte
principale della selezione naturale: la speciazione, e quindi di fatto
negarla.
Non credo che gli equilibri puntegiati possano costituire un'alternativa
al gradualismo filetico, ma una integrazione per qualche caso specifico,
per il resto il grosso della selezione naturale, almeno a livello di
popolazioni e specie, funziona per mezzo di mutazioni e selezioni, che
non possono che essere graduali, per motivi genetici.
Post by markIII
Negano al gradualismo filetico l'esclusiva nella storia della vita. E'
molto diverso.
Negare che il gradualismo filetico è la causa della speciazione,
significa negare il gradualismo filetico e quindi negare gran parte
della selezione naturale, e quindi significa alla fine negare darwin.
Bene! Ma in cambio di che?
Post by markIII
Post by The Fuzzy
Infatti se la selezione per
adattamento non serve alla speciazione,
La selezione serve eccome. Basta leggere cosa dice in un documento del
2000: "La selezione naturale plasma la maggior parte dei cambiamenti
evolutivi quasi simultaneamente in linee genetiche indipendenti, e (as)
la speciazione è innescata dalle estinzioni in eventi di "turnover".
Non conosco questo testo, ma questa frase conferma l'ambiguità con cui
Eld. parla della selezione naturale, inoltre conferma quello che ho
letto, e cioè che egli mantiene separate selezione e speciazione. Questa
cosa non mi convince affatto, infatti, se la selezione plasma la maggior
parte dei cambiamenti evolutivi, perchè Eld. non aggiunge che i
cambiamenti evolutivi portano alla speciazione?
Invece lui dice semplicemente che "la speciazione è innescata", che vuol
dire poco e niente.
Come avviene la speciazione? Isolamento geografico e non
riconoscimento sessuale ripoduttivo? E in base a quale meccanismo
questi due espedienti portano alla speciazione? Eld. non lo dice.
L'isolamento geografico di per se non crea specie
Il non riconoscimento sessuale come accade?
Post by markIII
La stasi è spiegata, oltre che dall'Ht, anche dalla selezione
stabilizzante, un fenomeno ben conosciuto dagli anni '30.
Non da Eld. il quale dice che basta l'HT.
Post by markIII
Post by The Fuzzy
per poi procedere verso livelli (o categoria) piu alte (gruppi,
popolazioni, specie, taxa), integrando per ogni livello dinamiche
specifiche non contenute nei livelli piu bassi. Al contrario le specie
sono la causa delle variazioni per selezione, e quindi delle diff.
individuali. Capite? Roba da restare senza parole...
Sono la causa dell'adattamento, non delle variazioni. L'hai detto prima.
Eld. dice che le specie sono la causa dei "cambiamenti evolutivi" se
vogliamo essere precisi, ma non vedo cosa cambi, per me rimane
un'affermazione non vera, e che Eld. non spiega, provaci tu a
spiegarmela se ti va.
Post by markIII
Post by The Fuzzy
aggiungo che per Eld. la selesione nat. sembra agire solo in caso di
bisogno, di grande cambiamento ambientale
Non di grande, ma di cambiamento ambientale non inseguibile dall'Ht.
LAtrimenti una specie non cambia
Ma anche su questo non concordo, una specie puo' cambiare anche se
rimane nell'habitat (se questo cambia per esempio), e anche se non si
frammenta.Basta per esempio che un individuo assuma un comportamento
diverso e con gradi conseguenze e il gioco è fatto: si ridefinisce tutta
la specie e la catena ecologica.
Post by markIII
Pag 108: "Tutti conveniamo che la selezione naturale causa il cambiamento
evolutivo. [...] Noi naturalisti stiamo tentando di capire perché il
cambiamento adattativo si sviluppa e si conserva in alcuni casi e non in
altri"
perchè in alcuni casi le innovazioni mrofologiche non importano alcun
vantaggio e vengono scartate (stabilizzazione), ma in ogni caso le
mutazioni genetiche e la selezione sono sempre all'opera.
Post by markIII
Post by The Fuzzy
nega ogni forma di darwinismo, o meglio il gradualismo dell'adattamento
per mutazione e selezione finisce per diventare un accidente sporadico e
che serve a poco o niente.
Solo a cambiare le specie nei momenti critici dell'evoluzione: vedi un po'
tu.
Ti sbagli. Questo Eld. non lo dice, dice invece che la speciazione
innesca il cambiamento evolutivo. E questo non ha senso, a meno che
qualcuno non mi illumini...

ciao fuzzy
Post by markIII
MarkIII
P. S. Comunque non ho finito.
Attendo :)
--
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MarkIII
2003-08-25 12:25:04 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
******************************************************
EPISTEMOLOGIA
*****************************************************
Nessun errore.
1) l'HT puo essere inserito nel complesso dei rapporti tra individui e
ambiente, quindi rientra tranquillamente nella selezione naturale per
adattamento (nella fattispecie stabilizzante).
Temo che stiamo impelagandoci in questioni di interpretazione. A quanto ho
capito, per Eld. l’Ht NON è evoluzione, perché anche se i rapporti genici
cambiano (anche solo per deriva genetica) non derivano da selezione
naturale, che in questo periodo è silente.
Post by The Fuzzy
In altre parole Io l'HT lo vedo come uno dei tanti meccanismi in azione
nel processo di selezione naturale, se poi la selezione è stabilizzante
o speciante la sostanza non cambia.
Sia la selezione stabilizzante sia quella speciante sono meccanismi che
selezionano (appunto) gli individui. Nel primo caso tagliano fuori coloro
che si spostano dalla norma ambientale, nel secondo spostano, nel tempo, i
rapporti genici di una popolazione per dare origine a rapporti genici
diversi e a lungo andare a modifiche della specie. Questo secondo la teoria
classica. Secondo Eld. nei periodi di equilibrio NON avvengono episodi di
selezione naturale, perché il “vagare” dei caratteri (pur presente) non è
causato da nessun tipo di selezione. E il risultato è la stasi; che non è
però l’immobilità assoluta, ma modifiche minime senza impatto
sull’adattamento (inteso in senso globale di fitness) della popolazione.
Post by The Fuzzy
2) L'HT per Eld. non è "una delle cause", ma l'unica, infatti tu stesso
Post by markIII
L'HT è, come dice Eld. "tutto ciò che ci vuole per spiegare la stasi,
Hai ragione. Se parli del libro che hai letto. Ne “I pattern
dell’evoluzione” questo ipotesi assolutista è un po’ smussata.
Post by The Fuzzy
Io la vedo così. Le mutazioni genetiche ci sono sempre, per cui, se una
specie rimane tale quale per milioni di anni, le mutazioni non vengono
selezionate, ma questo significa solo che la selezione è all'opera
costantemente e che in questo caso è stabilizzante invece che speciante.
Le mutazioni non vengono selezionate e la selezione è all’opera? Vedo una
contraddizione, o non capisco la frase?
Post by The Fuzzy
Insisto. "gli individui inseguono l'habitat" è generico, quali individui,
di quali viventi si parla? per essere ancora più chiaro, non credo che
per le formiche l'HT valga molto, e per le piante, non sono forse
viventi? E ti pare che inseguono l'habitat? eppoi per gli uccelli
l'effetto dell'HT sarà massimo, mentre per altri animali l'incidenza
dell'HT sarà ancora diverso.
Alberi, formiche e uccelli hanno diverse risposte alle modifiche ambientali
modeste e lente nel tempo, quelle che causano l’Ht. Ma sia alberi sia
formiche sia uccelli mettono in mostra l’Ht, senza alcun dubbio. Dopo le
glaciazioni, e prima, interi ecosistemi si sono spostati su è giù (parlo per
l’Europa e meglio ancora per il Nord America), seguendo le temperature
massime e minime in cui le specie (in particolare quelle vegetali dominanti)
potevano vivere. Se non è questo habitat tracking, non vedo cosa lo possa
essere. Non è necessario saper volare o correre per inseguire l’habitat,
visto che si tratta di migliaia di anni. Per le piante basta emettere semi
che si diffondono in un’area circolare intorno alla pianta madre; solo
quelli che trovano condizioni adatte a loro germinano. Se le condizioni sono
a sud o a nord della pianta madre, con l’andare del tempo puoi capire come
la specie abbia inseguito l’habitat.
Post by The Fuzzy
Quindi, dire che in generale l'HT spiega la stasi senza specificare la
stasi di chi?, non dice proprio niente. Gli esempi che porta Eld. dei
trilobiti o delle antilopi della Vrba sono molto poco
Trilobiti, certo, ma anche antilopi, intere flore (come ho detto sopra e
come dimostra una delle citazioni che ti ho postato). E anche coleotteri,
pesci, altre forme di vita. E’ stato dimostrato anche nei parameci, che sono
protozoi unicellulari. Certo non sono batteri, ma non credo che le dinamiche
siano poi così diverse. Gli esempi sono innumerevoli. E ricorda, e questo
vale anche per alcune osservazioni successive, che l’assenza di prova non è
la prova di assenza.
Post by The Fuzzy
Ma è proprio questo il punto: quando parla della stasi come effetto
dell'HT, Eld. lo fa in generale ossia come teoria generale della stasi o
come semplice considerazione riferita solamente ai trilobiti?
Come ho detto sopra, gli esempi sono innumerevoli, dai parameci a interi
ecosistemi. Mi sembra che sia sufficiente. E, riguardo ai trilobiti, pensa
che Darwin ha cominciato con un lungo capitolo sull’allevamento dei
piccioni.
Post by The Fuzzy
Poi addirittura non contento, ritiene che allora darwin è tutto da
ripensare, solo perchè lui VEDE la stasi nei trilobiti...
Darwin non è tutto da ripensare, ma solo nella parte in cui dà preponderanza
al gradualismo filetico come meccanismo di evoluzione. Che per i punteggisti
è necessario (su questo vedi anche dopo) ma nient’affatto sufficiente. A
questo si aggiunge la stasi e le improvvise accelerazioni dell’evoluzione.
Sono due meccanismi che non possono agire in contemporanea ma,
l’interpretazione è mia, sono alternativi. Se qualche gruppo ha seguito un
meccanismo, non può aver seguito l’altro. Ma questo Eld non lo dice,
attento.
Post by The Fuzzy
Appunto, non nè parla ed è proprio questo il punto debole: spiegare la
stasi con l'HT vale solo per alcuni viventi, per altri il discorso non
vale per niente, ergo Eld. non puo' generalizzare, non puo dire che
l'evoluzione (nella sua totalità, ossia in generale) è fatta
prevalentemente di stasi, eppoi punteggiata di cambiamenti, perchè non è
vero. Se lui fa un discorso limitato ai trilobiti, o a qualche altro
vivente, bene, ma se lui generalizza e pensa di estendere il discorso a
TUTTA l'evoluzione non va più bene.
Secondo il tuo ragionamento, per dimostrare qualche legge di natura sarebbe
necessario portare esempi che riguardano tutti gli enti che possono essere
implicati in questa legge. Mi sembra errato, a dire poco. Da osservazioni
empiriche si ricava di solito un’ipotesi generalizzante che è poi estesa ad
altri enti simili. Se funziona, l’ipotesi potrebbe divenire una teoria da
falsificare appena possibile. Mi rendo conto che è un approccio ingenuo alla
filosofia della scienza, ma spesso e volentieri mi sono accorto che è quello
più operativo. Eld propone che una parte preponderante degli esseri viventi
si sia evoluta secondo un meccanismo di stasi e rapida evoluzione. E porta
molti esempi a suo favore, che dimostrano senza possibilità di dubbio che la
stasi esiste (su questo sono d’accordo anche i gradualisti filetici), e che
i meccanismi di rapida evoluzione sono plausibili. Se poi vogliamo dire che
ci debba essere una teoria dell’evoluzione che vada bene anche per i
batteri, sono d’accordo, ma credo che la selezione naturale pura non
funzioni per gli unicellulari procarioti, visto che si scambiano spessissimo
il materiale genetico ed è difficilissimo tenere conto della fitness di una
popolazione di batteri “all’intero di un ecosistema”.

E' come se Eld. stesse
Post by The Fuzzy
privileggiando certi viventi, come se solo certi viventi importano per
l'evoluzione.
No, lui ritiene che i meccanismi da lui proposti spieghino molti pattern
evolutivi in eucarioti, specie i multicellulari ma non solo (vedi sopra per
i parameci). Credo che siano abbastanza.
Post by The Fuzzy
Ma cosa dici? Darwin negava le specie? Questa è nuova.
Darwin cmq non nega affatto le specie e non solo perchè il suo lavoro
"l'origine delle SPECIE", ha per l'appunto a tema le specie (quindi come
potrebbe negarle) e la loro origine, ma anche perchè il suo scopo non è
negare le specie, ma ridefinirne il concetto: come ha sottolineato bene
Mayr, da concetto "tipologico" di specie a concetto "biologico" di
specie. Il fatto che le specie sia "definite" dall'isolamento
riproduttivo non vuol dire che siano "fisse".
Immagino che volevi dire un'altra cosa...
Mah, leggi qua: “ "I look at the term species as one arbitrarily given for
the sake of convenience to a set of individuals closely resembling each
other... it does not essentially differ from the term variety, which is
given to less distinct and more fluctuating forms."
Indovina chi l’ha scritto?
Darwin negava la realtà della specie come categoria sistematica riferibile
alle classificazioni linneana. Certo non negava che un gruppo di popolazioni
fenotipicamente simili costituissero una categoria utilizzabile per lo
studio della trasformazione della vita, ma non pensava che la specie stessa
fosse un’entità vera e propria. Come fanno adesso gli evoluzionisti in
particolare Eldredge e Gould. Le ragioni storiche sono essenzialmente quelle
che ho indicato sopra.
Post by The Fuzzy
*************************************
SPECIE COME CAUSA
*************************************
Non è cosi. Per Mayr, per quanto problematica possa risultare la
speciazione, vale sempre che essa è un effetto della selezione, e quindi
dei cambiamenti evolutivi. Per Eld. è esattamente l'opposto, e lo dice a
chiare lettere: "le specie sono la causa (non l'effetto) dei cambiamenti
evolutivi".
Credo che questo sia il punctum dolens più interessante dell’intera
discussione. La frase che ti ha fatto imbestialire va ovviamente
interpretata all’interno dell’intera ipotesi degli equilibri punteggiati,
estesa da Eld anche a variabili ecologiche. Allora, ecco la mia versione
della frase sopraddetta. Ma dovresti avere un po’ di pazienza.
Nei periodi di stasi, le specie (composte da molte popolazioni) di solito
non modificano, o se lo fanno è in maniera irrilevante, le caratteristiche
corporee o comportamentali che hanno effetto sulla fitness globale. Solo nei
casi in cui alcune popolazioni marginali (l’idea come sai è di Mayr) si
distacchino dalla specie originale si possono avere episodi di speciazione
allopatrica, dovuti come in tutti i casi a cambiamenti della composizione
genica per selezione naturale. Queste specie possono a loro volta invadere
habitat adiacenti (o anche quello originario, senza però riincrociarsi con
la specie madre) e quindi entrare in competizione fra di loro o con la
specie madre. Nel record fossile tutto questo andare e tornare sembrerebbe
solo (se visto con l’occhio su un solo punto) una continua modifica della
composizione degli ecosistemi, con specie che si modificano e si evolvono
l’una nell’altra. Una delle ipotesi accessorie dell’idea degli equilibri
punteggiati è che le popolazioni marginali che si sono trasformate in specie
vadano poi incontro a un meccanismo di “species sorting”, di cernita delle
specie, in cui la selezione naturale agisce non più a livello di individui o
di popolazioni o di geni (secondo l’interpretazione) ma a livello di specie.
Poiché ognuna di queste specie ha suoi caratteristici adattamenti, il fatto
che l’ambiente “scelga” una o l’altra di queste specie ha un effetto
evidente proprio su questi adattamenti. Che possono proseguire o terminare
quando la specie in cui sono presenti si ferma o viene invece scelta. Per
questo “le specie sono la causa dei cambiamenti evolutivi”. Dipende da cosa
si intende per cambiamenti evolutivi. Se si pensa ad essi come le modifiche
dovute al gradualismo filetico, cioè mutazione e selezione con conseguente
adattamenti, è ovvio che la frase sopra è scorretta. Se invece i cambiamenti
sono dovuti a stasi e episodi di evoluzione rapida, l’interpretazione di Eld
è del tutto accettabile, appunto perché si parla di un livello superiore di
selezione, quella tra le specie (anche se Eld stesso non è convinto di usare
la frase “selezione di specie”). Quindi se sostituissi nella frase sopra
l’espressione “cambiamenti evolutivi” con quella “cambiamenti
macroevolutivi”, forse il tutto sarebbe più comprensibile.
Post by The Fuzzy
altri termini: quale è la CAUSA della speciazione?
Se per speciazione intendi la nascita di nuove specie, è l’isolamento
geografico e la deriva genetica, le mutazioni e la selezione naturale, la
selezione sessuale e così via. Le categorie che valgono per i gradualisti
feletici valgono anche per i punteggisti.
Post by The Fuzzy
Quindi è la selezione la causa della speciazione, e non viceversa. Due
popolazioni semplicemente distanti non rappresentano due specie, come
dicevo sopra. Ma allora perché Eld. dice che "la speciazione è la causa
del cambiamento evolutivo"?
L’ho spiegato sopra, ma mi rendo conto che sarebbe il caso di approfondirlo.
Poiché però non so quali siano i punti più oscuri o controversi (come nel
caso dei “cattivi geni e cattiva fortuna” con Danilo, i tutto mi sembra
molto chiaro, e nient’affatto sacrilego).
Post by The Fuzzy
Lo so, e aggiungo che è così che nascono nuove specie: per cambiamento
evolutivo.
Mentre le specie per Eld. non si originano per mezzo della selezione,
cioè per mezzo di cambiamenti evolutivi, anzi è la speciazione (che non
si capisce come avviene) che causa il cambiamento evolutivo (cito).
La speciazione avviene sempre e comunque per mutazione->selezione. Ma la
speciazione non è un cambiamento evolutivo, o meglio, è solo parte di esso.
Per cambiamento evolutivo Eld (ancora, questo è quello che capisco e
condivido) intende la cernita delle specie DOPO che gli episodi di
speciazione allopatrica hanno causato la nascita di varie entità specifiche.
Queste possono essere anche viste come “complessi di adattamenti”, che
quindi solo dopo essere stati “cerniti” danno luogo al vero e proprio
cambiamento evolutivo. In poche parole, per Eld. il cambiamento evolutivo è
causato dalla speciazione perché solo dopo la speciazione stessa è possibile
scegliere gli adattamenti migliori da parte della selezione naturale.
Post by The Fuzzy
2) spiegami come fa la speciazione a *causare* il cambiamento evolutivo
Spero di aver chiarito sopra cosa dice Eld (o meglio, cosa io ha capito)
Post by The Fuzzy
cio). Per me la questione è semplice: si arriva all'isolamento
riproduttivo attraverso il cambiamento evolutivo, ossia la selezione,
pertanto essa è la causa o se vuoi l'origine delle specie e non
viceversa come dice Eld.
Cambiamento evolutivo e selezione sono due cose differenti. La selezione è
un processo di cernita (non importa qua se positivo o negativo) che ha
effetto sui geni (o meglio i rapporti genici) della popolazione. Il
cambiamento evolutivo è la modifica dei “piani generali di costruzione”
dell’organismo, per piccolo che questo sia. È quindi il risultato della
selezione, nel senso del gradualismo filetico, o il risultato della cernita
della specie, nel senso degli equilibri punteggiati.
Post by The Fuzzy
non cambia molto giocando il gradualismo filetico un ruolo consistente
nella selezione naturale, e nel processo di speciazione, creare
un'alternativa significa togliere se non tutto almeno la parte
principale della selezione naturale: la speciazione, e quindi di fatto
negarla.
Alternativa non vuol dire esclusione totale dell’uno o dell’altro
meccanismo. Io sono convinto, dato che il fenomeno della stasi è
riconosciuto come reale, che gli equilibri punteggiati siano un meccanismo
diffuso in molti cladi, se non in tutti. E che il gradualismo filetico, caso
mai avvenga, sia piuttosto raro. Se però dai per scontato che il gradualismo
filetico abbia un ruolo consistente nella selezione naturale (o volevi dire
speciazione?) presupponi prima ancora di ragionare che gli equilibri
punteggiati non esistano.
Post by The Fuzzy
Non credo che gli equilibri puntegiati possano costituire un'alternativa
al gradualismo filetico, ma una integrazione per qualche caso specifico,
per il resto il grosso della selezione naturale, almeno a livello di
popolazioni e specie, funziona per mezzo di mutazioni e selezioni, che
non possono che essere graduali, per motivi genetici.
Sono senz’altro graduali a livello di pochi anni e di popolazione, ma non lo
sono a livello di specie e di milioni (o migliaia) di anni, come propongono
i punteggisti.
Post by The Fuzzy
Negare che il gradualismo filetico è la causa della speciazione,
significa negare il gradualismo filetico e quindi negare gran parte
della selezione naturale, e quindi significa alla fine negare darwin.
Perché E QUINDI? Il sillogismo è forzato, me lo concederai.

Credo che sia come:
Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è un uomo
Tutti i mortali sono Socrate

Nessuno, e lo avrai visto leggendo il libro di Eld, nega Darwin. La
selezione naturale è ancora il meccanismo d’elezione per fare una cernita
degli individui unfit. Ma le novità evolutive sorgono (diciamo anche?) per
cernita delle specie nell’ambito di un vasto numero di popolazioni
allopatriche.
Post by The Fuzzy
cosa non mi convince affatto, infatti, se la selezione plasma la maggior
parte dei cambiamenti evolutivi, perchè Eld. non aggiunge che i
cambiamenti evolutivi portano alla speciazione?
Perché è così. Cioè l’evoluzione porta alla speciazione in popolazioni
marginali allopatriche che poi si rincontrano e non si possono più
accoppiare. Ma il cambiamento evolutivo, non la semplice variazione di
tratti senza valore adattativo, è causato dalla speciazione e poi dalla
cernita delle specie causata da mancanza di Ht per esempio, o da
competizione o altro.
Post by The Fuzzy
Invece lui dice semplicemente che "la speciazione è innescata", che vuol
dire poco e niente.
Non puoi citare una frase così fuori dal contesto.
Post by The Fuzzy
Come avviene la speciazione? Isolamento geografico e non
riconoscimento sessuale ripoduttivo? E in base a quale meccanismo
questi due espedienti portano alla speciazione? Eld. non lo dice.
L'isolamento geografico di per se non crea specie
Il non riconoscimento sessuale come accade?
L’isolamento geografico nel giro di qualche migliaia di anni, in episodi di
rapida speciazione, crea specie che poi vanno incontro a non riconoscimento
riproduttivo.
Post by The Fuzzy
Post by markIII
La stasi è spiegata, oltre che dall'Ht, anche dalla selezione
stabilizzante, un fenomeno ben conosciuto dagli anni '30.
Non da Eld. il quale dice che basta l'HT.
Vedi sopra. Converrebbe leggere più di un libro 8-)
Post by The Fuzzy
Post by markIII
Non di grande, ma di cambiamento ambientale non inseguibile dall'Ht.
Altrimenti una specie non cambia
Ma anche su questo non concordo, una specie puo' cambiare anche se
rimane nell'habitat (se questo cambia per esempio), e anche se non si
frammenta.Basta per esempio che un individuo assuma un comportamento
diverso e con gradi conseguenze e il gioco è fatto: si ridefinisce tutta
la specie e la catena ecologica.
Soprattutto se si frammenta. La frammentazione delle specie in popolazioni
diverse è la ragione principale della speciazione. Se la specie rimane
compatta e non si frammenta, le mutazioni e la conseguente selezione si
diluiscono e praticamente non esistono (è ancora l’idea di Mayr). Quanto poi
al cambiamento comportamentale di un solo individuo, posso essere d’accordo,
ma è un caso ancora più estremo di selezione: la selezione simpatrica, in
cui solo pochi individui, all’interno dell’areale della specie, si
“trasformano” in un altro taxon.
Post by The Fuzzy
perchè in alcuni casi le innovazioni mrofologiche non importano alcun
vantaggio e vengono scartate (stabilizzazione), ma in ogni caso le
mutazioni genetiche e la selezione sono sempre all'opera.
Questo è l’approccio dei gradualisti filetici, ma vedrai che all’inizio ho
messo un’altra interpretazione.

MarkIII


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Inviato via http://usenet.libero.it
danilo
2003-09-05 13:13:57 UTC
Permalink
Il 25 Ago 2003, 14:25, ***@libero.it (MarkIII) ha scritto:

Sai una cosa, Mark? Questa volta sono in disaccordo con te più del solito ;)
Nei periodi di stasi, le specie (composte da molte popolazioni) >di solito
non modificano, o se lo fanno è in maniera >irrilevante, le caratteristiche
corporee o >comportamentali che hanno effetto sulla fitness globale.

Per definizione, no? Mi pare un tantino circolare...
Solo nei casi in cui alcune popolazioni marginali (l'idea come >sai è di
Mayr) si distacchino dalla specie originale si possono >avere episodi di
speciazione allopatrica, dovuti come in tutti >i casi a cambiamenti della
composizione genica per selezione >naturale. Queste specie possono a loro
volta invadere habitat >adiacenti (o anche quello originario, senza però
riincrociarsi >con la specie madre) e quindi entrare in competizione fra di
loro o con la specie madre. Nel record fossile tutto questo >andare e
tornare sembrerebbe solo (se visto con l'occhio su un >solo punto) una
continua modifica della composizione degli >ecosistemi, con specie che si
modificano e si evolvono luna >nellaltra.

Se non mi sbaglio, fin qui hai definito un normale meccanismo di
speciazione, e fatto notare come, a livello di evidenza paleontologica, le
specie sembrino comparire improvvisamente già diversificate. Io non
restringerei alla sola speciazione allopatrica il discorso, ma
sostanzialmente concordo.
Una delle ipotesi accessorie dell'idea degli equilibri >punteggiati è che
le popolazioni marginali che si sono >trasformate in specie vadano poi
incontro a un meccanismo di >species sorting, di cernita delle specie, in
cui la selezione >naturale agisce non più a livello di individui o di
popolazioni >o di geni (secondo l'interpretazione) ma a livello di specie.

E qui incomincio a perderti...A me pare che non siano le specie a subire la
selezione naturale, ma i singoli individui. Se usiamo il concetto falso ma
utile di pressione evolutiva, io direi che ogni individuo dell'ipotetica
specie "perdente" è sottoposto ad una pressione evolutiva da parte degli
individui della sua e delle altre specie, cosicchè può riprodursi oppure no.
In funzione di ciò si possono avere delle modifiche, durante il tempo, nella
specie, oppure anche la sua estinzione, ma non mi pare che questo basti per
parlare di selezione di specie. Quel che tu dici ricalca Wynne-Edwards, ma,
almeno messo così, mi pare difficilmente sostenibile.
Poiché ognuna di queste specie ha suoi caratteristici >adattamenti, il
fatto che l'ambiente scelga una o l'altra di >queste specie ha un effetto
evidente proprio su questi >adattamenti. Che possono proseguire o terminare
quando la >specie in cui sono presenti si ferma o viene invece scelta.

Ugh! Mi sembra di capire che gli adattamenti sono ininfluenti per la
sopravvivenza, e che le specie vengano "scelte" (che brutta espressione)
dall'ambiente secondo tutt'altri criteri che non l'adattamento. E solo in
seguito questi adattamenti verrebbero sottoposti alla selezione naturale. E
tutto ciò a livello di specie.
Beh, se questo non è buttare nel cesso l'evoluzionismo, e tirare l'acqua,
allora io non ho capito proprio niente.
Per questo le specie sono la causa dei cambiamenti evolutivi.
No, e neanche da questo bizzarro punto di vista. Tutto ciò che hai detto è
che la selezione naturale è ininfluente per quanto riguarda le speciazioni
(il che io trovo comunque molto discutibile), ma non vedo come ciò implichi
che le specie (cioè le popolazioni diverse da quella originale) siano la
causa della diversità stessa.
Dipende da cosa si intende per cambiamenti evolutivi. Se si >pensa ad essi
come le modifiche dovute al gradualismo filetico, >cioè mutazione e
selezione con conseguente adattamenti, è ovvio >che la frase sopra è
scorretta. Se invece i cambiamenti sono >dovuti a stasi e episodi di
evoluzione rapida, >l'interpretazione di Eld è del tutto accettabile,
appunto >perché si parla di un livello superiore di selezione, quella >tra
le specie (anche se Eld stesso non è convinto di usare la >frase selezione
di specie).

Mark, a meno che io non ti fraintenda completamente, tu stai dicendo che gli
episodi di evoluzione rapida _non_sono causati da mutazione e selezione (o
deriva). Ma la diversità nelle popolazioni che poi divengono specie, da dove
proviene? Cioè, anche ammettendo, per assurdo, la selezione a livello di
specie, le specie diverse da dove sono saltate fuori? E perchè mai gli
episodi di evoluzione rapida dovrebbero obbedire a leggi diverse da quelle
del darwinismo? I ciclidi del lago Vittoria non si sono evoluti per
mutazione e selezione?
Io sarò anche riduzionista, a detta di tutti, ma mi pare che tu penda
fortemente nella direzione contraria. Prendi le specie come un livello
superiore, e le differenze fra specie come un cambiamento
macroevolutivo...Ma le specie sono formate da individui, e sono quelli che
si riproducono, non le specie. E i cambiamenti macroevolutivi sono
costituiti da una miriade di cambiamenti microevolutivi, i quali avvengono
per mutazione e riproduzione differenziale (se, come spero, escludi gli
hopefulmonster).
Saltare al livello superiore non significa avere una migliore visione
d'insieme, in questo caso. Significa ignorare ciò che accade realmente. E'
come dire che, se per pescare una trota da un chilo ci vuole un verme,
allora passiamo al livello superiore, e peschiamo trote da una tonnellata
con un pitone. Non funziona.
Quindi se sostituissi nella frase sopra l'espressione >cambiamenti
evolutivi con quella cambiamenti macroevolutivi, >forse il tutto sarebbe più
comprensibile.

Secondo me, sarebbe altrettanto sbagliato.

Selezione di specie, evoluzione indipendente da mutazioni e riproduzione
differenziale, e macroevoluzione...Per favore, Mark, spiegami cosa non ho
capito, perchè così come la vedo io questa cosa non sta in piedi neanche se
le cacci le gambe nel cemento.

Ciao Danilo




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Inviato via http://usenet.libero.it
markIII
2003-09-06 08:23:24 UTC
Permalink
Post by danilo
Sai una cosa, Mark? Questa volta sono in disaccordo con te più del solito ;)
Ottimo e abbondante
Post by danilo
Nei periodi di stasi, le specie (composte da molte popolazioni) >di solito
non modificano, o se lo fanno è in maniera >irrilevante, le
caratteristiche corporee o >comportamentali che hanno effetto sulla
fitness globale.
Per definizione, no? Mi pare un tantino circolare...
Non per definizione, in base ai dati di paleontologia. Tieni presente che
gli EP sono nati essenzialmente dallo studio approfondito dele
testimonianze fossili e dalla trasformazione in dato positivo (e quindi
foriero di generare nuove ipotesi) il fatto incontestabile che ci siano
pochi fossili di transizione.
Post by danilo
Se non mi sbaglio, fin qui hai definito un normale meccanismo di
speciazione, e fatto notare come, a livello di evidenza paleontologica, le
specie sembrino comparire improvvisamente già diversificate. Io non
restringerei alla sola speciazione allopatrica il discorso, ma
sostanzialmente concordo.
Anche le ltre speciazioni rientrano nel discorso, che per facilità di
ragionamento è limitato all'allopatria.
Post by danilo
E qui incomincio a perderti...
Bisturi Carter, lo perdiamo ... 8-)
Post by danilo
A me pare che non siano le specie a subire
la selezione naturale, ma i singoli individui. Se usiamo il concetto falso
ma utile di pressione evolutiva, io direi che ogni individuo
dell'ipotetica specie "perdente" è sottoposto ad una pressione evolutiva
da parte degli individui della sua e delle altre specie, cosicchè può
riprodursi oppure no. In funzione di ciò si possono avere delle
modifiche, durante il tempo, nella specie, oppure anche la sua estinzione,
ma non mi pare che questo basti per parlare di selezione di specie. Quel
che tu dici ricalca Wynne-Edwards, ma, almeno messo così, mi pare
difficilmente sostenibile.
No, la concezione di Wynne-Edwards era completamente diversa. Nel libro
"Animal dispersion ....", che risale peraltro agli anni '50 (o '60?)
si diceva che il singolo comportamento era governato anche dal concetto di
"bene per la specie" per cui le popolazioni in toto si trattenevano dal
riprodursi troppo per non sopraffare le risorse ambientali. Qui si dice
che la selezione (io non la chiamerei più selezione naturale, perché il
principio mi sembra lievemente diverso, ma è sola una mia interpretazione)
agisce a un livello gerarchico superiore a quello dell'individuo,
appunto a quello della specie (aiutata anche dalla piccola dimensione
della specie stessa) eliminando di conseguenza quella serie di adattamenti
che sono il corredo della nuova specie appena nata.
Non quindi il singolo gene o l'indiduo, ma l'intera nuova specie è
sottoposta a selezione. Per anticipare un po' le critiche, bada che le
mutazioni e la selezione naturale sono sempre indispensabile per l'inizio
di questo processo, perché sono i generatori degli adattamenti primi, che
hanno dato vita alle specie.
Post by danilo
Ugh! Mi sembra di capire che gli adattamenti sono ininfluenti per la
sopravvivenza, e che le specie vengano "scelte" (che brutta espressione)
dall'ambiente secondo tutt'altri criteri che non l'adattamento. E solo in
seguito questi adattamenti verrebbero sottoposti alla selezione naturale.
E tutto ciò a livello di specie.
Beh, se questo non è buttare nel cesso l'evoluzionismo, e tirare l'acqua,
allora io non ho capito proprio niente.
Piccolo avviso. Non so se quanto ho scritto e scriverò sia corrispondente
al cento per cento al pensiero di Gould e Eld. E' probabile che alcuni
particolari (forse anche importanti) siano completamente sbagliati. Ma
questo è quello che io ho capito dell'intera ipotesi degli equilibri
punteggiati. per rispodnerti, mi sembrava nel pezzo sopra si essere stato
stranamente chiaro. Cioè che la cernita delle specie si basa sulla scelta
del "complesso di adattamenti" che è la specie "cernìta" (insomma, il
participio passato di cernere) stessa. Gli adattamenti quindi sono
ovviamente indispensabili perché una specie prosegua o meno il suo
cammino, e l'ambiente "sceglie" queste specie sottoponendoli alla
selezione naturale solo e soltanto in base ad essi.
Post by danilo
Per questo le specie sono la causa dei cambiamenti evolutivi.
No, e neanche da questo bizzarro punto di vista. Tutto ciò che hai detto
è che la selezione naturale è ininfluente per quanto riguarda le
speciazioni (il che io trovo comunque molto discutibile), ma non vedo come
ciò implichi che le specie (cioè le popolazioni diverse da quella
originale) siano la causa della diversità stessa.
La speciazione è causata solo e soltanto dalla selezione naturale, dalla
deriva genetica e da altri meccanismi quando una specie si distacca dalla
specie madre (geograficamente o virtualmente, attraverso per esempio la
poliploidia nei vegetali, canti diversi negli uccelli, deposizioni
in nidi differenti di varie gentes dei cuculi eccetera).
Post by danilo
Mark, a meno che io non ti fraintenda completamente, tu stai dicendo che
gli episodi di evoluzione rapida _non_sono causati da mutazione e
selezione (o deriva).
Gli episodi di evoluzione rapida SONO causati SOLO da mutazione e selezione
(o deriva). Ma è proprio questo il punto. DOPO che la speciazione ha messo
a disposizione della selezione un certo "grappolo di specie" diverse, che
per ragioni ambientali (e in seguito anche a constraint interni o altri
fattori) sono nate nel giro di poche migliaia di anni, questo gruppo di
specie è sottoposto a "species sorting". Il modello è stato verificato
numerose volte, in parecchi casi. Uno è quello dell'umanità, che ha tanto
fatto arrabbiare White nell'articolo su Science di cui accenno nell'altro
3D.
Post by danilo
Ma la diversità nelle popolazioni che poi divengono
specie, da dove proviene? Cioè, anche ammettendo, per assurdo, la
selezione a livello di specie, le specie diverse da dove sono saltate
fuori? E perchè mai gli episodi di evoluzione rapida dovrebbero obbedire
a leggi diverse da quelle del darwinismo? I ciclidi del lago Vittoria non
si sono evoluti per mutazione e selezione?
L'evoluzione rapida, l'inizio del processo, non differisce in alcunché dal
darwinismo classico
E i ciclidi del lago Vittoria o il Malawi o di quell'altro laghetto piccolino
vicino, così come probabilmente i fringuelli delle Galapagos, o i
drepanidi nella Hawaii o gli spinarelli dei laghi canadesi o
decine di altri gruppi di specie animali e vegetali, sono sorti
per selezione naturale. POI interviene, per sfoltire la compagine di
specie (plurale) esistente la cernita delle specie. E
quindi per questo gli adattamenti che sono particolari e peculiari di ogni
specie (o meglio, ma questo lo penso io, non ho nessuna pezza
giustificativa, l'intero complesso di adattamenti che costituisce una
specie, che agisce - il complesso - come un tutt'uno) possono essere
sottoposti a cernita, e chi ne esce è una o poche specie.
Post by danilo
Io sarò anche riduzionista, a detta di tutti, ma mi pare che tu penda
fortemente nella direzione contraria. Prendi le specie come un livello
superiore, e le differenze fra specie come un cambiamento
macroevolutivo...Ma le specie sono formate da individui, e sono quelli che
si riproducono, non le specie. E i cambiamenti macroevolutivi sono
costituiti da una miriade di cambiamenti microevolutivi, i quali avvengono
per mutazione e riproduzione differenziale (se, come spero, escludi gli
hopefulmonster).
Secondo me questo è il punto più difficile. E' vero che come dici tu "le
specie sono formate da individui..." ma la novità dell'ipotesi di Eld e
Gould è proprio quello di considerare il complesso di individui che forma
una specie (o una popolazione) come il soggetto della selezione o della
cernita. Il fatto che Eld sia restio a usare la parola selezione di specie
è perché non vuole confondere i livelli gerarchici, che sono profondamente
diversi, tra individuo (o gene, per dirla alla Dawkins, cioè non singolo
gene ma l'idea di gene come avete discusso tu e Fuzzy qualche tempo fa) e
specie. Che i "cambiamenti macroevolutivi sono costituiti da
una miriade di cambiamenti microevolutivi" è proprio la posizione dei
darwinisti classici alla Williams, Dawkins, Maynard Smith.
Padronissimi di pensarla così, a me sembra più completo vedere la selezione
che agisce a diversi livelli, proprio come nel modello di Gould e Eld.
Post by danilo
Saltare al livello superiore non significa avere una migliore visione
d'insieme, in questo caso. Significa ignorare ciò che accade realmente.
E' come dire che, se per pescare una trota da un chilo ci vuole un verme,
allora passiamo al livello superiore, e peschiamo trote da una tonnellata
con un pitone. Non funziona.
Come no? Ecco perché....
Comunque, questa è una tua assunzione indimostrata. Secondo Eld e Gould e
tutta la compagnia, ignorare quello che avviene a livello superiore della
specie (o del gene) significa non capire le dinamiche della storia della
vita.
Post by danilo
Selezione di specie,
No, cernita delle specie.
Post by danilo
evoluzione indipendente da mutazioni.
Mai detto.
Post by danilo
differenziale, e macroevoluzione...Per favore, Mark, spiegami cosa non ho
capito, perchè così come la vedo io questa cosa non sta in piedi neanche
se le cacci le gambe nel cemento.
Ciao Danilo
Mi hai fatto un'offerta che nn posso riufiutare, paisà. >:-(

MarkIII
danilo
2003-09-07 15:41:36 UTC
Permalink
Post by markIII
No, la concezione di Wynne-Edwards era completamente diversa. Nel libro
"Animal dispersion ....", che risale peraltro agli anni '50 (o '60?)
si diceva che il singolo comportamento era governato anche dal concetto di
"bene per la specie" per cui le popolazioni in toto si trattenevano dal
riprodursi troppo per non sopraffare le risorse ambientali.
Io non ho letto direttamente Wynne-Edwards, quindi potrei sbagliarmi, ma mi
risulta che lui proponesse una selezione di specie in funzione della
presenza o meno di individui altruisti. Cioè, all'interno della specie (o
della popolazione) vigevano i normali meccanismi darwiniani, e però le
popolazioni che erano composte solamente da elementi egoisti tendevano
all'estinzione, a favore delle popolazioni in cui era più frequente la
presenza di elementi altruisti.
Post by markIII
Qui si dice
che la selezione (io non la chiamerei più selezione naturale, perché il
principio mi sembra lievemente diverso, ma è sola una mia interpretazione)
agisce a un livello gerarchico superiore a quello dell'individuo,
appunto a quello della specie (aiutata anche dalla piccola dimensione
della specie stessa) eliminando di conseguenza quella serie di adattamenti
che sono il corredo della nuova specie appena nata.
Non quindi il singolo gene o l'indiduo, ma l'intera nuova specie è
sottoposta a selezione.
Quindi, per quel che ne so, questa posizione differisce da quella di
Wynne-Edwards solo per il fatto che lo scozzese voleva spiegare, con la sua
teoria, solo l'altruismo, mentre invece Eldredge vuole spiegare tutte le
caratteristiche in una botta sola.
Se non ho capito male, di punto in bianco, per motivi contingenti (non ho
ancora capito quali), una specie si divide in molte popolazioni separate fra
loro, le quali assumono caratteristiche casuali. Poi queste popolazioni si
incontrano, e la più adatta estingue le altre.
Questa visione ha lo stesso difetto di quella di Wynne-Edwards (cazzo, non
poteva chiamarsi Rossi?), e cioè che non esiste un modello verosimile.
Voglio dire, è certamente possibile che popolazioni diverse si allontanino
geneticamente l'una dall'altra per deriva, ma comunque saranno sottoposte
(ogni individuo di ogni popolazione) alla selezione naturale. Quindi si
adatteranno all'ambiente in cui si trovano a vivere.
Ora, io non escludo che dieci popolazioni diverse, senza alcun flusso
genico, vivano esattamente nello stesso tipo di ambiente, e in questo caso,
se si dovessero reincontrare, probabilmente una prevarrebbe su tutte le
altre. Però è molto improbabile.
E, se gli ambienti in cui vivono sono diversi, diversi saranno gli
adattamenti, e quindi difficilmente una prevarrà sulle altre. Molto più
probabilmente ci sarà uno slittamento delle nicchie occupate, cosicchè le
specie condivideranno lo stesso ambiente sfruttandone particolarità diverse.
Ci sono ricerche a suffragio di questo, mi pare, no?
Post by markIII
Cioè che la cernita delle specie si basa sulla scelta
del "complesso di adattamenti" che è la specie "cernìta" (insomma, il
participio passato di cernere) stessa. Gli adattamenti quindi sono
ovviamente indispensabili perché una specie prosegua o meno il suo
cammino, e l'ambiente "sceglie" queste specie sottoponendoli alla
selezione naturale solo e soltanto in base ad essi.
Beh, se le cose stanno così, allora tutti i problemi si possono risolvere
semplicemente dicendo "ogni individuo della specie" invece che "la specie".
Ma non credo sia questo il punto. Voglio dire, è ovvio che ogni individuo
sia cernito in funzione del suo complesso di adattamenti, e quindi, in
ultima analisi, anche la specie. Ma il punto di Eldredge (nomi semplici no,
eh?) è che il complesso di adattamenti viene da qualcosa che _non è_ la
selezione naturale. E che non spiega cosa sia.
Post by markIII
Gli episodi di evoluzione rapida SONO causati SOLO da mutazione e selezione
(o deriva). Ma è proprio questo il punto. DOPO che la speciazione ha messo
a disposizione della selezione un certo "grappolo di specie" diverse, che
per ragioni ambientali (e in seguito anche a constraint interni o altri
fattori) sono nate nel giro di poche migliaia di anni, questo gruppo di
specie è sottoposto a "species sorting".
Prendiamo i ciclidi del lago Vittoria, e consideriamoli com'erano prima che
nei supermercati si vendesse filetto di pesce persico.
Si tratta di un caso di speciazione _molto_ rapida. Ora, noi abbiamo
(avevamo) un grappolo di specie, davvero molto simili, a livello genetico,
fra loro. Mi sai spiegare come una specie specializzata nel mangiare le
squame degli altri pesci potrebbe portare all'estinzione una specie che si
nutre di chiocciole?
A mio modo di vedere, i casi di speciazione "esplosiva" si verificano quando
una specie generalista occupa un nuovo habitat, e quindi si divide in
popolazioni, ognuna delle quali si specializza su alcuni aspetti di
quell'habitat. Se accade questo, le popolazioni non competono, e quindi non
ci sarà nessun "species sorting".
Ci sono molti esempi di questo, mentre invece non me ne viene in mente
nessuno del modello di Eldredge.
Post by markIII
E i ciclidi del lago Vittoria o il Malawi o di quell'altro laghetto piccolino
vicino, così come probabilmente i fringuelli delle Galapagos, o i
drepanidi nella Hawaii o gli spinarelli dei laghi canadesi o
decine di altri gruppi di specie animali e vegetali, sono sorti
per selezione naturale. POI interviene, per sfoltire la compagine di
specie (plurale) esistente la cernita delle specie.
Questo lo dice Eldredge...
Nei fringuelli delle Galapagos, la stessa specie può essere più
specializzata, se su quell'isola ci sono concorrenti che si sovrappongono in
parte alla sua nicchia, oppure meno, se i concorrenti non ci sono. Perchè
non c'è una sola specie di fringuelli, su tutte le isole?
Esistono un mucchio di esempi di diversificazione, e nessuno (che mi venga
in mente) di sfoltimento, almeno ad opere di una specie sorella.
Perdona l'ignoranza, ma Eldredge lo prova, questo punto?
Post by markIII
Che i "cambiamenti macroevolutivi sono costituiti da
una miriade di cambiamenti microevolutivi" è proprio la posizione dei
darwinisti classici alla Williams, Dawkins, Maynard Smith.
Padronissimi di pensarla così, a me sembra più completo vedere la selezione
che agisce a diversi livelli, proprio come nel modello di Gould e Eld.
Bof. Davvero faccio fatica a seguirti...
Tu dici che la selezione agisce a diversi livelli. Ok, accettiamolo. La
selezione agisce anche a livello di popolazioni. E queste popolazioni sono
diverse l'una dall'altra.
Magari a livello macroscopico.
Queste differenze da dove provengono?
Non puoi dire che le popolazioni divergono fra loro per mutazione e
riproduzione differenziale, e poi sostenere che è sbagliato dire che le
differenze fra popolazioni sono date dalla somma delle mutazioni.
Tutto quel che ho capito finora è che Eldredge si sente autorizzato a
trattare la somma delle micromutazioni, nel caso queste avvengano molto
velocemente, come se fossero macromutazioni, e che si sente autorizzato a
trattare la somma degli individui come superindividui.
Abbi pazienza, e rispiegamelo, perchè, se davvero è così, è una scemenza.
Post by markIII
Secondo Eld e Gould e
tutta la compagnia, ignorare quello che avviene a livello superiore della
specie (o del gene) significa non capire le dinamiche della storia della
vita.
Ma chi lo ignora!?!
Tu e Fuzzy siete convinti che io non veda altro che i geni...

Eldredge potrà definirsi "Naturalista" in contrapposizione al resto della
"tavola alta", ma lo dice lui di se stesso. Tutti i livelli meritano
considerazione, ma esistono i genetisti e gli etologi. E la genetica può
aiutare a comprendere l'etologia, come anche il contrario. Concentrarsi su
un aspetto non significa, come crede Eldredge, escludere la rilevanza di
tutti gli altri. Significa fare ricerca.
Post by markIII
Post by danilo
Selezione di specie,
No, cernita delle specie.
E qui devi spiegarmi la differenza.
Post by markIII
Post by danilo
evoluzione indipendente da mutazioni.
Mai detto.
Mi pareva si evincesse dalla tua frase, ma mi sarò sbagliato.
Post by markIII
Post by danilo
e macroevoluzione...
E di questo, non dici niente?

Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
markIII
2003-09-07 19:52:43 UTC
Permalink
Post by danilo
Io non ho letto direttamente Wynne-Edwards, quindi potrei sbagliarmi, ma
mi risulta che lui proponesse una selezione di specie in funzione della
presenza o meno di individui altruisti. Cioè, all'interno della specie (o
della popolazione) vigevano i normali meccanismi darwiniani, e però le
popolazioni che erano composte solamente da elementi egoisti tendevano
all'estinzione, a favore delle popolazioni in cui era più frequente la
presenza di elementi altruisti.
Wynne-Edwards cercava di integrare la cosiddetta selezione di gruppo
all'interno di una specie, non ha mai fatto cenno, a quel che ho letto e
mi ricordo, di selezione fra specie. Tieni conto che la sua prospettiva
era ecologica più che evoluzionistica. Cercava cioè di spiegare perché le
specie mantenessero densità ottimali per ogni habitat in cui vivevano.
Secondo lui le specie animali e vegetali si raggruppavano in popolazioni
più o meno isolate che dipendono da risorse localizzate, e che la
popolazione locale conserva le proprie risorse e perciò salvaguarda la
sopravvivenza futura dei propri discendenti. Niente a che fare con la
competizione fra specie.
Post by danilo
Quindi, per quel che ne so, questa posizione differisce da quella di
Wynne-Edwards solo per il fatto che lo scozzese voleva spiegare, con la
sua teoria, solo l'altruismo, mentre invece Eldredge vuole spiegare tutte
le caratteristiche in una botta sola.
No, io non l'ho capita così. Allora, Wynne-Edwards voleva spiegare la
gestione delle risorse da pate di popolazione isolate. L'altruismo era una
conseguenza neanche primaria della sua ipotesi, m che è servita a Williams
per smentirla.
Post by danilo
Se non ho capito male, di punto in bianco, per motivi contingenti (non ho
ancora capito quali), una specie si divide in molte popolazioni separate
fra loro, le quali assumono caratteristiche casuali.
Sto cercando di spiegare a pezzi e bocconi quello che Eld ha messo in
libri e libri, quindi mi scuserai se non tutto viene fuori al primo colpo.
Qualche tempo fa si parlava di habitat tracking, cioè di inseguimento
dell'habitat da parte delle varie specie in momenti di particolari
modifiche ecologiche, come l'Africa circa 2,8 milioni di anni fa o negli
interglaciali. Se una specie può adattarsi lentamente al cambiamento
dell'habitat lo fa spostandosi (sia essa una specie vegetale o una
animale). E' questa è la stasi.
Se il cambiamento è troppo veloce e troppo radicale può
estinguersi o cambiare (evolversi). Questi cambiamenti danno spesso origine
a gruppi di specie diverse che occupano habitat nuovi sorti in occasione
dei cambiamenti ecologici. E' stata descritta come una specie di "scatto
evolutivo", ed è quello che volevo dire la volta scorsa quando parlavo di
fringuelli, spinarelli e drepanidi; o ominidi.
Post by danilo
Poi queste
popolazioni si incontrano, e la più adatta estingue le altre.
Non è detto, anzi, io non l'ho affatto capita così. Prima di tutto non
sono popolazioni ma specie vere e proprie, perché se fossero popolazioni
di una stessa specie ci sarebbe il rimescolamento genico e tutto si
diluirebbe. Proprio il fatto che le specie nuove sorgono rapidamente,
ripeto quando l'ambiente cambia molto rapidamente, fa sì che la stasi sia
improvvisamente interrotta da episodi di speciazione, quindi punteggiata
da nuovi gruppi di specie.
Post by danilo
Questa
visione ha lo stesso difetto di quella di Wynne-Edwards (cazzo, non poteva
chiamarsi Rossi?), e cioè che non esiste un modello verosimile.
Il difetto di Rossi era che è stato facilmente distrutto dall'impostazione
presociobiologica di Williams (se non mi sbaglio), quindi che è stato
falsificato. Il librone originale, di cui ho letto pezzi e boccono al
tempo dell'America, ha decine e decine di esempi, e il modello è molto
verosimile. Rossi non era un cretino.
Post by danilo
Voglio
dire, è certamente possibile che popolazioni diverse si allontanino
geneticamente l'una dall'altra per deriva, ma comunque saranno sottoposte
(ogni individuo di ogni popolazione) alla selezione naturale.
Nel modello di Eld dovresti sempre partire da specie diverse, non
popolazioni; in questo caso scade tutto a lotta fra gruppi diversi, come
in Rossi, ma non è così.
Post by danilo
Quindi si
adatteranno all'ambiente in cui si trovano a vivere. Ora, io non escludo
che dieci popolazioni diverse, senza alcun flusso genico, vivano
esattamente nello stesso tipo di ambiente, e in questo caso, se si
dovessero reincontrare, probabilmente una prevarrebbe su tutte le altre.
Però è molto improbabile.
Se sono popolazioni di una stessa specie quando si reincontrano si
rimescolano. Però sono specie diverse, gruppi di specie rapidamente
evolute. E quando si reincontrano potrebbero essere in competizione. Ma
succede anche che ognuna occupa l'habitat in cui è nata (cioè le specie
rimangono allopatriche) ed è sottoposta a cernita di specie dall'ambiente
stesso. Capisco che sia difficile distinguere la selezione naturale
individuale da questo concetto di cernita di specie, che ha tutta una
serie di conseguenze dal punto di vista dell'evoluzione e della teoria, ma
credo che Eld e Gould abbiano voluto inserire, poiché non erano
soddisfatti del semplice livello di selezione di individui o di geni,
anche un livello gerarchico superiore, appunto quello della specie, che
agisce ovviamente sempre a livello di individui (sono loro che muoiono e
si riproducono) ma che ha conseguenze differenti da quello della selezione
naturale, cioè fa passare o non fa passare serie di adattamenti differenti,
e che per questo secondo Ed non va chiamato selezione di specie ma cernita
di specie.
Post by danilo
E, se gli ambienti in cui vivono sono diversi, diversi saranno gli
adattamenti, e quindi difficilmente una prevarrà sulle altre. Molto più
probabilmente ci sarà uno slittamento delle nicchie occupate, cosicchè
le specie condivideranno lo stesso ambiente sfruttandone particolarità
diverse. Ci sono ricerche a suffragio di questo, mi pare, no?
Certo, tu parti però dal concetto che una specie o una popolazione possa
essere cernita solo dalla competizione. Non è questo, o meglio non è
solo questo che elimina o lascia vivere una specie. Ci sono ovviamente
anche i cambiamenti ambientali o le modifiche alle specie con cui questa
specie interagisce ecologicamente.
Post by danilo
Voglio dire, è ovvio che ogni
individuo sia cernito in funzione del suo complesso di adattamenti, e
quindi, in ultima analisi, anche la specie. Ma il punto di Eldredge (nomi
semplici no, eh?) è che il complesso di adattamenti viene da qualcosa che
_non è_ la selezione naturale. E che non spiega cosa sia.
Il complesso di adattamenti viene SOLO dalla selezione naturale in periodi
brevi e zone limitate. Se ho detto qualcosa di opposto significa
che non mi sono spiegato bene. POI c'è la cernita di specie, una volta che
queste stesse specie si sono evolute. Lo dico anche sotto.
Post by danilo
Post by markIII
Gli episodi di evoluzione rapida SONO causati SOLO da mutazione e selezione
(o deriva). Ma è proprio questo il punto. DOPO che la speciazione ha
messo a disposizione della selezione un certo "grappolo di specie"
diverse, che per ragioni ambientali (e in seguito anche a constraint
interni o altri fattori) sono nate nel giro di poche migliaia di anni,
questo gruppo di specie è sottoposto a "species sorting".
Prendiamo i ciclidi del lago Vittoria, e consideriamoli com'erano prima
che nei supermercati si vendesse filetto di pesce persico. Si tratta di un
caso di speciazione _molto_ rapida. Ora, noi abbiamo (avevamo) un grappolo
di specie, davvero molto simili, a livello genetico, fra loro. Mi sai
spiegare come una specie specializzata nel mangiare le squame degli altri
pesci potrebbe portare all'estinzione una specie che si nutre di
chiocciole?
Parti sempre dal presupposto che l'unico modo per una specie di
estinguersi sia la competizione fra specie simili. Non è così, come ho
detto sopra, ci sono molti altri "modi" di scomparire.
Post by danilo
A mio modo di vedere, i casi di speciazione "esplosiva" si verificano
quando una specie generalista occupa un nuovo habitat, e quindi si divide
in popolazioni, ognuna delle quali si specializza su alcuni aspetti di
quell'habitat. Se accade questo, le popolazioni non competono, e quindi
non ci sarà nessun "species sorting".
Ci sono molti esempi di questo, mentre invece non me ne viene in mente
nessuno del modello di Eldredge.
Anche qui, solo la competizione come approccio all'estinzione, il che mi
sembra errato. Una specie può anche essere generalista, ma questo
nel modello di Eld e Gould non c'è, ma la cosa fondamentale
è che solo dalle popolazioni marginali possono sorgere nuove specie,
e mai (o, a quanto ho capito, poco frequentemente) dal gradualismo
filetico che trasforma lentamente una specie in un'altra. Non mi ricordo
come si definisce, qualcosa tipo ortogenesi - NO, non è l'ortogenesi.
Post by danilo
Questo lo dice Eldredge...
Nei fringuelli delle Galapagos, la stessa specie può essere più
specializzata, se su quell'isola ci sono concorrenti che si sovrappongono
in parte alla sua nicchia, oppure meno, se i concorrenti non ci sono.
Perchè non c'è una sola specie di fringuelli, su tutte le isole?
Esistono un mucchio di esempi di diversificazione, e nessuno (che mi venga
in mente) di sfoltimento, almeno ad opere di una specie sorella. Perdona
l'ignoranza, ma Eldredge lo prova, questo punto?
Un esempio è quello dell'evoluzione dell'uomo (quello di cui stavamo
parlando anche nell'altro 3D - o in questo?, riguardo a White), in cui
molte specie sia di Australopit che di Homo sono state sfoltite dai
cambiamenti ambientali e/o dalla competizione, secondo l'interpretazione
di Tattersal, per esempio.
Post by danilo
Bof. Davvero faccio fatica a seguirti... Tu dici che la selezione agisce a
diversi livelli. Ok, accettiamolo. La selezione agisce anche a livello di
popolazioni. E queste popolazioni sono diverse l'una dall'altra.
Magari a livello macroscopico.
Scusa se insisto, ma si tratta sempre di specie. Altrimenti il
ragionamento non può filare.
Post by danilo
Queste differenze da dove provengono? Non puoi dire che le popolazioni
divergono fra loro per mutazione e riproduzione differenziale, e poi
sostenere che è sbagliato dire che le differenze fra popolazioni sono
date dalla somma delle mutazioni.
Sono solo le mutazioni che consentono a popolazioni marginali di una
specie di trasformarsi in specie diverse. E' la somma delle mutazioni che
costrusce il complesso di adattamenti che è una specie. Poi questi
complessi di adattamenti sono sottoposti alla cernita di specie.
Post by danilo
Tutto quel che ho capito finora è che
Eldredge si sente autorizzato a trattare la somma delle micromutazioni,
nel caso queste avvengano molto velocemente, come se fossero
macromutazioni, e che si sente autorizzato a trattare la somma degli
individui come superindividui. Abbi pazienza, e rispiegamelo, perchè, se
davvero è così, è una scemenza.
No, non sono superindividui, sono specie. Per questo in un msg di qualche
tempo fa ho detto che Darwin non considerava le specie come entità
autonome e reali. In contrasto a quelta concezione (che aveva le sue
ragioni, peraltro) i puntuazionisti considerano le specie come entità
reali, che possono essere sottoposte a una "selezione" diversa dalla
selezione naturale che ne ha causato la nascita. In conclusione, è molto
probabile che sia una scemenza, perché così l'ho capita io, ma non posso
fare altro che consigliarti di rileggere i libri di Eld, cosa che hai già
fatto senza trarne alcuna chiarezza.
Post by danilo
Ma chi lo ignora!?!
Tu e Fuzzy siete convinti che io non veda altro che i geni...
Non vedere cose che non ho detto. Non sto parlando di te, megalomane,
ma di chi non pensa che il puntuazionismo abbia detto qualcosa
di nuova nella teoria dell'evoluzione
Post by danilo
Eldredge potrà definirsi "Naturalista" in contrapposizione al resto della
"tavola alta", ma lo dice lui di se stesso. Tutti i livelli meritano
considerazione, ma esistono i genetisti e gli etologi. E la genetica può
aiutare a comprendere l'etologia, come anche il contrario. Concentrarsi su
un aspetto non significa, come crede Eldredge, escludere la rilevanza di
tutti gli altri. Significa fare ricerca.
OK
Post by danilo
Post by markIII
No, cernita delle specie.
E qui devi spiegarmi la differenza.
Allora. La selezione naturale è il processo che filtra (positivamente o
negativamente, in modo attivo o passivo, qui non interessa) le mutazioni
casuali a livello di organismi per creare poi nuovi adattamenti e quindi
far evolvere un organismo, o un gene o una popolazione. La creazione di
nuove specie quindi è determinata dalla selezione naturale. Una volta che
queste specie sono presenti nell'ambiente, l'intero complesso di
adattamenti è sottoposto alla cernita delle specie, che quindi funziona
come se fosse (ma secondo me non lo è)) una selezione naturale a livello
di specie. Gli adattamenti li crea la selezione naturale, la sorte degli
adattamenti stessi è determinata dalla cernita delle specie. La cernita
delle specie determina quali adattamenti sopravvivono, NON quali si
formano o come si formano.
Post by danilo
Post by markIII
Post by danilo
e macroevoluzione...
E di questo, non dici niente?
Cosa devo dire? La macroevoluzione è l'evoluzione a livello al di sopra di
quello specifico, ed è spiegata dali puntuazionisti come il risultato
della cernita di specie. Ma dipende anche dalla definizione di
macroevoluzione stessa. Secondo alcuni è invece evoluzione a livello
ancora più alto, cioè la creazione di nuovi piani strutturali (il famoso
bauplan dei cani...) per i singoli cladi.
Post by danilo
Ciao Danilo
Cià
markIII
The Fuzzy
2003-09-08 09:13:06 UTC
Permalink
"markIII" <***@libero.it> wrote in message news:***@libero.it

A parte che non riesco a starvi dietro....
cmq MarkIII vorrei farti due domande, prima di postare la
mia risposta famosa, che alla fine termia con quelle due domande:

1) insomma abbiamo proliferazione di specie per mutaz./selezione
(o deriva o altro) nei periodi di transizione tra una stasi e l'altra
e POI abbiamo la cernita di specie. OK

Mi spieghi una volta per tutte, QUALI MECCANISMI EFFETTIVI sono
in atto nella cernita delle specie. Come fa l'evoluzone a cernire
una specie piuttosto che un'altra?

2) La cernita ha bisogno di specie da cernire, ok?
poi dici che "il cambiamento evolutivo" non è la speciazione
per selezione (che ha dato vita alle specie da cernire) ok?
Ma allora cos'e' il cambiamento evolutivo? La specie che
rimane dopo la cernita? Se, si pero allora il cmabiamento
evolutivo non puo prescindere dalla selezione naturale. no?

ma poi ho da dire altre cose.

ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
MarkIII
2003-09-08 10:25:38 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
A parte che non riesco a starvi dietro....
Certo, qui ognuno lititga con l'altro 8-)
Post by The Fuzzy
Mi spieghi una volta per tutte, QUALI MECCANISMI EFFETTIVI sono
in atto nella cernita delle specie. Come fa l'evoluzone a cernire
una specie piuttosto che un'altra?
Devo prima di tutto premettere che non ho ancora letto un trattato completo
di cernita delle specie, ma mi baso sulle mie conoscenze di quello che hanno
scritto Eld e Gould, sia on line che in varie forme sulla carta (libri e
articoli). Quindi potrebbe anche darsi che quello che dico sia in parte (o
del tutto) scorretto o travisato. La selezione o cernita o scelta di specie
differisce dalla selezione naturale "classica" perché l'oggetto è l'intero
complesso di adattamenti che costituiscono una specie. Per questo alla fine
del processo di cernita (che ovviamente non è improvviso sia nella partenza
sia nell'arrivo) si determina la sorte degli adattamenti e quindi
dell'intero clade che è stato generato dall'improvvisa speciazione. Come
dico in un altro post, gli adattamenti sono generati dalla selezione
naturale a livello individuale o genico o cromosomico(quel che si vuole), ma
la loro sorte successiva e quindi anche l'evoluzione del clade, proprio
perché gli adattamenti non sono singoli ma fanno parte di un complesso, è
determinato dalla cernita di specie.
Se per meccanismo intendi invece qualcosa di diverso dalla sopravvivenza o
dalla morte di ogni singolo individuo, non credo ci siano differenze,
ovviamente.
Post by The Fuzzy
2) La cernita ha bisogno di specie da cernire, ok?
poi dici che "il cambiamento evolutivo" non è la speciazione
per selezione (che ha dato vita alle specie da cernire) ok?
Ma allora cos'e' il cambiamento evolutivo? La specie che
rimane dopo la cernita? Se, si pero allora il cmabiamento
evolutivo non puo prescindere dalla selezione naturale. no?
ma poi ho da dire altre cose.
Esatto. Il cambiamento evolutivo sono LE specie (non la singola specie) che
rimangono dopo la cernita, le quali determinano poi l'andamento e la sorte
degli adattamenti stessi, o meglio del complesso di adattamenti che
costituiscono le specie. Mi rendo conto che l'obiezione principe che si può
fare per gli EP è che sono un inutile orpello quando tutto può funzionare
anche semplicemente con l'estensione a livello di specie dei meccanismi che
funzionano a livello di individuo o gene. Il livello interspecifico sarebbe
simile a quello intraspecifico. Ma a parte che il gradualismo filetico deve
fare più di qualche sforzo per spiegare fenomeni ormai verificati come
l'esplosione evolutiva di interi gruppi, la stasi o l'habitat tracking, mi
pare che introdurre livelli gerarchici superiori a quello del gene sia
un'innovazione interessante e degna di essere presa in considerazione,
appunto perché spiega più fenomeni di quanto non faccia il gradualismo
filetico.
Post by The Fuzzy
ciao fuzzy
Cià
markIII


--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-09-08 19:07:00 UTC
Permalink
Post by MarkIII
Post by The Fuzzy
A parte che non riesco a starvi dietro....
Certo, qui ognuno lititga con l'altro 8-)
Si, ma i cazziatoni li becco sempre io :(
Post by MarkIII
Se per meccanismo intendi invece qualcosa di diverso dalla sopravvivenza o
dalla morte di ogni singolo individuo, non credo ci siano differenze,
ovviamente.
Uhm... ti esponi all'attacco dei riduzionisti
Post by MarkIII
Esatto. Il cambiamento evolutivo sono LE specie (non la singola specie) che
rimangono dopo la cernita, le quali determinano poi l'andamento e la sorte
degli adattamenti stessi, o meglio del complesso di adattamenti che
costituiscono le specie.
e perchè la semplice speciazione non costituisce cambiamento evolutivo?
Post by MarkIII
simile a quello intraspecifico. Ma a parte che il gradualismo filetico deve
fare più di qualche sforzo per spiegare fenomeni ormai verificati come
l'esplosione evolutiva di interi gruppi, la stasi o l'habitat tracking, mi
pare che introdurre livelli gerarchici superiori a quello del gene sia
un'innovazione interessante e degna di essere presa in considerazione,
appunto perché spiega più fenomeni di quanto non faccia il gradualismo
filetico.
Su questo siamo d'accordo, le dinamiche tra gruppi non sono spiegabili
in
termini di dinamiche individuali, almeno per larga parte di viventi (non
certo per i batteri).

ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
markIII
2003-09-08 22:16:39 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
Si, ma i cazziatoni li becco sempre io :(
Non direi. L'unico non cazziato pesantemente è danilo. Cominciamo?
Post by The Fuzzy
Uhm... ti esponi all'attacco dei riduzionisti
Affatto, anzi per loro è una trappola. Ci sono altri livelli di
sopravvivenza e morte, quello delle specie, per esempio, ma pur avendo
effetti particolari sulla sorte dei cladi e delle specie stesse, sempre
per morte degli individui una specie muore. PERCHE? poi questi muoiano è
un'altra faccenda
Post by The Fuzzy
e perchè la semplice speciazione non costituisce cambiamento evolutivo?
Perché non fa altro che mettere a disposizione della cernita delle spcie
una gamma più o meno ampia di specie nuove. POI la sorte degli adattamenti
è definita dalla cernita delle specie.
Post by The Fuzzy
Su questo siamo d'accordo, le dinamiche tra gruppi non sono spiegabili in
termini di dinamiche individuali, almeno per larga parte di viventi (non
certo per i batteri).
ciao fuzzy
Ecco, questo punto, che ho cercato di spiegare anche nell'altro msg a
danilo, è secondo me il più critico. Ci sono parecchi libri sulle gerarchie
in biologia (Kaufmann, Salthe) ma non sono certo facili da leggere. Molti
articoli sono particolarmente tecnici e non compaiono nelle riviste cui ho
accesso, che sono le più diffuse. Dovrò darmi da fare molto per chiarire
il pensiero gerarchico.

MarkIII
danilo
2003-09-08 11:20:32 UTC
Permalink
Allora, vediamo se questa volta ho capito...
Abbiamo dei periodi di stasi, in cui le specie non evolvono, vuoi perchè
l'habitat rimane invariato, vuoi perchè si sposta ad una velocità
sufficientemente bassa da permettere loro di inseguirlo.

Due difficoltà, fin qui.
1. Perchè le specie rimangono invariate? Dovrebbero esserci comunque dei
meccanismi coevolutivi, no? O forse Eldredge intende dire che questo tipo di
meccanismi non genera modificazioni sufficientemente significative da essere
evidenti a livello di fossili?
2. L'habitat si sposta solo fisicamente, oppure l'habitat tracking funziona
anche nel caso in cui l'habitat modifichi lentamente le sue caratteristiche?

Ma andiamo avanti. Ad un certo punto l'habitat si sposta (si modifica) ad
una velocità tale che le specie non riescono più ad inseguirlo. Tu dici che,
se le specie non si estinguono, "questi cambiamenti danno spesso origine a
gruppi di specie diverse che occupano habitat nuovi sorti in occasione dei
cambiamenti ecologici." E dici anche "ma la cosa fondamentale è che solo
dalle popolazioni marginali possono sorgere nuove specie, e mai (o, a quanto
ho capito, poco frequentemente) dal gradualismo filetico che trasforma
lentamente una specie in un'altra. "

Una prima obiezione che mi viene in mente è che una popolazione marginale di
una specie si modifica gradualmente in un'altra specie, e quindi non vedo
dove il gradualismo filetico sia infirmato da questo punto di vista. Non
credo che nessuno abbia mai pensato che _tutta_ una specie, di punto in
bianco, evolva in un'altra.

Comunque noi abbiamo ora un habitat drasticamente mutato, che divide la
specie in popolazioni marginali. Perchè?
Voglio dire, se l'habitat si frammenta, la specie sarà divisa in molte
popolazioni, ma solo perchè continua ad inseguire l'habitat, ti pare? Se
invece la specie si adatta all'habitat mutato, non c'è motivo che si divida
in molte popolazioni, a meno che non siano popolazioni che si specializzano
via via su qualche aspetto del nuovo habitat, il che significherebbe una
speciazione simpatrica, e non allopatrica.

Comunque sia, questo grappolo di specie sorelle, adattate al nuovo ambiente,
viene in seguito cernito non solo in seguito alla competizione, perchè "ci
sono ovviamente anche i cambiamenti ambientali o le modifiche alle specie
con cui questa specie interagisce ecologicamente. "
Cioè, le specie vengono selezionate dalla competizione fra loro, dai
cambiamenti ambientali, e dai cambiamenti ecologici. E anche dal semplice
caso, magari.
Se la mia interpretazione è corretta, noterai che sostituendo "specie" con
"ogni individuo di ogni specie" abbiamo una versione che non si discosta di
una virgola da quella canonica.
Tu proponi come distinzione fra selezione naturale e cernita delle specie:
"Gli adattamenti li crea la selezione naturale, la sorte degli adattamenti
stessi è determinata dalla cernita delle specie. La cernita delle specie
determina quali adattamenti sopravvivono, NON quali si formano o come si
formano."
Però, vedi, la selezione naturale non _crea_ adattamenti, determina solo
quali adattamenti sopravvivono. La tua cernita delle specie _è_ la selezione
naturale. Ok, tu dici che è diversa nel senso che "fa passare o non fa
passare serie di adattamenti differenti". Ma se un individuo non si
riproduce, _nessuno_ dei suoi adattamenti passa. Tutta la serie viene
bloccata. E' poi quello che succede ad ogni singolo individuo di quelle
specie che non ce la fanno nè a mutare, nè ad inseguire l'habitat, e quindi
si estinguono. Questo tuo species sorting mi pare dovrebbe essere invocato
per ogni estinzione, in qualunque momento accada, e per qualunque ragione.
Ma noi sappiamo che una specie si estingue perchè ogni singolo individuo di
quella specie non si è riprodotto, quindi non vedo proprio il motivo di
invocare meccanismi diversi.

In buona sostanza noi abbiamo dei periodi di stasi evolutiva, seguiti da
estinzioni, e da periodi di intensa speciazione (cosa che peraltro nessun
gradualista nega).
Eldredge ritiene che queste speciazioni siano allopatriche, e quindi da per
scontato che le specie sopravvissute si dividano in popolazioni senza flusso
genico fra loro. E' un'ipotesi ad hoc, e, come ho detto sopra, secondo me
difficilmente sostenibile.

(Io personalmente trovo più verosimile la speciazione simpatrica, in seguito
a diverse specializzazioni su risorse trofiche resesi disponibili, e a
meccanismi coevolutivi. Anche una semplice divergenza nelle abitudini
alimentari fra popolazioni simpatriche può ridurre parecchio il flusso
genico, ed inoltre ogni esempio che mi venga in mente di speciazioni
"esplosive" giustifica l'allopatria "necessaria" con singolari arrampicate
sugli specchi. I ciclidi che popolano tutto il lago Vittoria si sarebbero
evoluti ciascuno nella sua baia privata, senza mai uscirne finchè non erano
pronti, oppure in laghetti causati dalla diminuzione del livello del lago,
laghetti in uno dei quali tutti mangiavano lumache e nell'altro tutti squame
di pesce. Cose così.)

Le popolazioni così ottenute si differenziano in specie diverse. Poi si
riincontrano, ed alcune delle specie si estinguono. La biodiversità, quindi,
diminuisce, e ricomincia un'altro periodo di stasi.

Due domande:
Qual'è la necessità paleontologica di assumere questi grappoli di specie,
per poi farli estinguere? Cioè, cos'è che giustifica il percorso
biodiversità normale-biodiversità minima-biodiversità massima-biodiversità
normale? L'esempio che tu proponi è :"Un esempio è quello dell'evoluzione
dell'uomo (quello di cui stavamo parlando anche nell'altro 3D - o in
questo?, riguardo a White), in cui molte specie sia di Australopit che di
Homo sono state sfoltite dai cambiamenti ambientali e/o dalla competizione,
secondo l'interpretazione di Tattersal, per esempio. " Non mi pare molto. A
parte il fatto che, leggendo su Le Scienze, mi pare di capire che non ci
sono due paleoantropologi con la stessa opinione a riguardo, comunque rimane
_un_ esempio. Capirei meglio se Eldredge volesse con questo spiegare
un'evidenza paleontologica che si riferisce a molte famiglie fossili. E'
così?

Seconda domanda: che problema risolve la cernita delle specie che non possa
essere risolto con la cernita degli individui? Qual'è la necessità di
introdurla? Cosa non viene spiegato dalla semplice riproduzione
differenziale degli individui?

A me pare che, se leviamo le affermazioni gratuite ed inutili, e le
sostituiamo con quelle canoniche, non spostiamo di una virgola i
significati, rimaniamo entro la massima ortodossia neodarwinista, e
otteniamo come risultato niente di più che un'enfasi maggiore sulla
discontinuità dei ritmi di speciazione rispetto a quella classica.


Ciao Danilo


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Inviato via http://usenet.libero.it
markIII
2003-09-08 22:06:07 UTC
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Allora, vediamo se questa volta ho capito... Abbiamo dei periodi di stasi,
in cui le specie non evolvono, vuoi perchè l'habitat rimane invariato,
vuoi perchè si sposta ad una velocità sufficientemente bassa da
permettere loro di inseguirlo.
Due difficoltà, fin qui.
1. Perchè le specie rimangono invariate? Dovrebbero esserci comunque dei
meccanismi coevolutivi, no? O forse Eldredge intende dire che questo tipo
di meccanismi non genera modificazioni sufficientemente significative da
essere evidenti a livello di fossili?
Intendi corsa agli armamenti e cose simili, Regina Rossa e compagni?
L'invarianza delle specie è un dato di fatto da cui sono partiti coloro
che hanno proposto gli EP, stabilito da centinaia e centinaia di
ricerche. Se posto tutti gli articoli in cui questa invarianza
è dimostrata (che peraltro non ho letto tutti) credo che potremmo
veramente occupare troppa banda.
2. L'habitat si sposta solo fisicamente, oppure l'habitat tracking
funziona anche nel caso in cui l'habitat modifichi lentamente le sue
caratteristiche?
Esatto. Ma se l'habitat modifica le sue caratteristiche, è come se si
spostasse, nel senso che ci saranno altri habitat nei dintorni che hanno
le caratteristiche originali. Anche in questo caso l'habitat tracking è
dimostrato da molti studi.
Una prima obiezione che mi viene in mente è che una popolazione marginale
di una specie si modifica gradualmente in un'altra specie, e quindi non
vedo dove il gradualismo filetico sia infirmato da questo punto di vista.
Il gradualismo filetico è infirmato dal fatto che nelle testimonianze
fossili non ci sono (quasi) esempi di modificazione graduale di una specie
in un'altra. L'unico esempio contrario riguarda i protisti microscopici,
ma entrano in gioco altri fattori (che non ho ben capito).
La gradualità è quindi una questione di scala. Cioè è ovvio che la
modificazione è graduale, ma non nel senso di gradualmente costante. Ci
sono improvvise accelerazioni che danno origine a specie nuove. E, tanto
per smentire ancora una volta chi ha capito poco, NON ci sono esempi di
"hopeful monster".
Non credo che nessuno abbia mai pensato che _tutta_ una specie, di punto
in bianco, evolva in un'altra.
Questa è l'esempio che trovi sui libri di evoluzione prima degli anni '70,
cioè prima che qualcuno scrivesse una spiegazione sulla stasi e sugli
equilibri punteggiati. E d'altronde è l'idea che Tim White, nel suo articolo,
mette contro quella degli equilibri punteggiati. Una specie di
Australopith si è lentamente trasformata in un Homo, che da erectus è
diventato sapiens.
Comunque noi abbiamo ora un habitat drasticamente mutato, che divide la
specie in popolazioni marginali. Perchè? Voglio dire, se l'habitat si
frammenta, la specie sarà divisa in molte popolazioni, ma solo perchè
continua ad inseguire l'habitat, ti pare?
No, se l'habitat non c'è drasticamente più, c'è poco da inseguire.
O ti evolvi o muori. E proprio in questi momenti nascono più di
una specie nuova.
Se invece la specie si adatta
all'habitat mutato, non c'è motivo che si divida in molte popolazioni, a
meno che non siano popolazioni che si specializzano via via su qualche
aspetto del nuovo habitat, il che significherebbe una speciazione
simpatrica, e non allopatrica.
L'allopatria è una condizione ideale, ma non cambia affatto anche nel caso
ci sia simpatria o ci sia poliploidia nei vegetali o che sia peripatrica.
Il modello non dice nulla sulle modalità di speciazione.
Comunque sia, questo grappolo di specie sorelle, adattate al nuovo
ambiente, viene in seguito cernito non solo in seguito alla competizione,
perchè "ci sono ovviamente anche i cambiamenti ambientali o le modifiche
alle specie con cui questa specie interagisce ecologicamente. " Cioè, le
specie vengono selezionate dalla competizione fra loro, dai cambiamenti
ambientali, e dai cambiamenti ecologici. E anche dal semplice caso,
magari.
Certo
Se la mia interpretazione è corretta, noterai che sostituendo "specie"
con "ogni individuo di ogni specie" abbiamo una versione che non si
discosta di una virgola da quella canonica.
Infatti. E' proprio l'errore che fanno i cosiddetti ultradarwinisti, di
non vedere altri livelli evolutivi al di sopra di quello dell'individuo, o
del gene. Ma poi sotto vedremo qual è il vero oggetto del contendere
"Gli adattamenti li crea la selezione naturale, la sorte degli adattamenti
stessi è determinata dalla cernita delle specie. La cernita delle specie
determina quali adattamenti sopravvivono, NON quali si formano o come si
formano."
Però, vedi, la selezione naturale non _crea_ adattamenti, determina solo
quali adattamenti sopravvivono.
No, non può determinare quali adattamenti sopravvivono perché per
definizione un adattamento è "Ogni caratteristica ereditabile di un
organismo che migliora la sua abilità di sopravvivere e riprodursi in un
ambiente". (glossario di evoluzione della PBS). La selezione fa passare
le mutazioni che danno origine ad adattamenti.
La tua cernita delle specie _è_ la
selezione naturale. Ok, tu dici che è diversa nel senso che "fa passare o
non fa passare serie di adattamenti differenti".
Inoltre la selezione naturale richiede che l'oggetto di cui si parla si
riproduca in maniera differenziale rispetto ad altri organismi, e questo
avviene per gli individui, forse per i geni, ma non certo per le specie.
Per questo è meglio non chiamarla selezione ma cernita.
Ma se un individuo non si
riproduce, _nessuno_ dei suoi adattamenti passa.
Qui non sono d'accordo. Non può essere che quell'individuo abbia solo e
soltanto adattamenti peculiari e caratteristici di lui stesso. Se anche
muore lui, molto molto probabilmente gli adattamenti di cui è portatore
sono presenti nella generazione successiva in altri corpi. Quello che
muore in un individuo è il complesso di adattamenti che lo caratterizza.
Come quello che muore in una specie è il complesso di adattamenti (diversi
da quelli di un'altra specie) che la caratterizzano. E, qui sta un altro
punto dolente, il complesso di adattamenti di una specie o un gruppo di
specie NOn è semplicemente una somma di quelli di tutti i suoi individui.
Tutta la serie viene
bloccata. E' poi quello che succede ad ogni singolo individuo di quelle
specie che non ce la fanno nè a mutare, nè ad inseguire l'habitat, e
quindi si estinguono. Questo tuo species sorting mi pare dovrebbe essere
invocato per ogni estinzione, in qualunque momento accada, e per qualunque
ragione. Ma noi sappiamo che una specie si estingue perchè ogni singolo
individuo di quella specie non si è riprodotto, quindi non vedo proprio
il motivo di invocare meccanismi diversi.
Capisco l'obiezione, ma la difficoltà degli ultradarwinisti è proprio
capire che esiste qualcosa al di sopra dell'organismo o dle gene,
e non è detto che quello che vale per l'organismo valga anche
per la specie. Uno dei presupposti di base degli EP è che
le specie sono enti realmente esistenti, che possono nascere
e morire (estinguersi). E la fanno, come ho
detto sopra, in base a caratteristiche diverse da quelle di ogni singolo
individuo. Cioè, se la specie è un ente, avrà alcune proprietà sue
proprie, non condivise o condivisibili con altri enti. E' (anche) su
queste caratteristiche che gioca la cernita di specie.
In buona sostanza noi abbiamo dei periodi di stasi evolutiva, seguiti da
estinzioni, e da periodi di intensa speciazione (cosa che peraltro nessun
gradualista nega).
Adesso. Nessuno lo nega adesso. Fino agli anni '70 nessuno lo confermava,
perché la stasi era vista come un periodo in cui una specie era sottoposta
ad evoluzione stabilizzante, e l'habitat tracking non esisteva ancora.
Adesso sia la stasi sia l'Ht sono fenomeni accettati da tutti.
Eldredge ritiene che queste speciazioni siano allopatriche, e quindi da
per scontato che le specie sopravvissute si dividano in popolazioni senza
flusso genico fra loro. E' un'ipotesi ad hoc, e, come ho detto sopra,
secondo me difficilmente sostenibile.
Cioè che non esistono le speciazioni allopatriche? Comunque, come ho detto
sopra, non c'è nell'ipotesi niente che impedisca la speciazione
simpatrica. Sarebbe andare contro a dati ben stabiliti.
(Io personalmente trovo più verosimile la speciazione simpatrica, in
seguito a diverse specializzazioni su risorse trofiche resesi disponibili,
e a meccanismi coevolutivi. Anche una semplice divergenza nelle abitudini
alimentari fra popolazioni simpatriche può ridurre parecchio il flusso
genico, ed inoltre ogni esempio che mi venga in mente di speciazioni
"esplosive" giustifica l'allopatria "necessaria" con singolari arrampicate
sugli specchi. I ciclidi che popolano tutto il lago Vittoria si sarebbero
evoluti ciascuno nella sua baia privata, senza mai uscirne finchè non
erano pronti, oppure in laghetti causati dalla diminuzione del livello del
lago, laghetti in uno dei quali tutti mangiavano lumache e nell'altro
tutti squame di pesce. Cose così.)
Qui si tratta solo di gusti. A me sembra più facile quella allopatrica, ma
non è particolarmente importante. Per quanto riguarda i ciclidi, c'è un
libro di un olandese di qualche anno fa, che se non sbaglio parlava
proprio di questo. Io non l'ho letto, ma probabilmente tu sì.
Qual'è la necessità paleontologica di assumere questi grappoli di
specie, per poi farli estinguere? Cioè, cos'è che giustifica il percorso
biodiversità normale-biodiversità minima-biodiversità
massima-biodiversità normale?
Non ho capito la domanda. Ha un briciolo di finalismo in sé , o ha
afferrato male?
L'esempio che tu proponi è :"Un esempio è
quello dell'evoluzione dell'uomo
A parte il fatto che, leggendo su Le
Scienze, mi pare di capire che non ci sono due paleoantropologi con la
stessa opinione a riguardo, comunque rimane _un_ esempio.
Appena metto mano alle Scienze ti spiego come secondo me c'è una
differenza di modello paleontologico che distigue White e Tattersall, e
ognuno di essi accusa l'altro di essere ideologico. Sono quasi due
paradigmi diversi, e poco importa che per uno ci siano venti specie e per
l'altro solo 5 (numeri a caso), ma come queste specie si sono evolute nel
tempo.
Capirei meglio
se Eldredge volesse con questo spiegare un'evidenza paleontologica che si
riferisce a molte famiglie fossili. E' così?
Sì, ci sono moltissimi esempi, dalle antilopi africane agli amati (da Eld)
trilobiti alle chiocciole agli spinarelli. Se vuoi ti cerco in letteratura
altri esempi.
Seconda domanda: che problema risolve la cernita delle specie che non
possa essere risolto con la cernita degli individui? Qual'è la necessità
di introdurla? Cosa non viene spiegato dalla semplice riproduzione
differenziale degli individui?
Allora, è questo il punto più difficile, che necessita, soprattutto da
parte mia, una bella studiata. L'idea fondamentale è quella che le specie
non siano semplici collezioni di individui, e che quindi non abbiano solo
le caratteristiche degli individui stessi o delle popolazioni di cui
questi sono fatti, ma che, gerarchicamente, ogni specie abbia alcune
caratteristiche peculiari e proprie SOLO della specie o del clade.
L'esempio che si fa di solito è quello delle antilopi e delle impala. In
Africa, 2,8 milioni di anni fa, una rivoluzione climatica cambiò
l'ambiente. Ma poiché le impala, come specie, sono piuttosto resistenti ai
cambiamenti ambientali, non si verificò nessuna speciazione, o meglio solo
tre specie di questo genere (Aepyceros) vissero in vari periodi. Le
antilopi invece dopo la rivoluzione climatica diedero origine a un'intera
serie di specie che furono quindi sottoposte a selezione di specie. Perché
un gruppo di erbivori sì e gli altri no? Potrebbe essere dovuto a un
maggiore flusso genico da una parte e uno minre dall'altra, oppure a una
più ampia tolleranza di condizioni ambientali da una parte e una più
stretta dall'altra (le impala sono un gruppo più genralista, le antilopi
sono più specializzate). Poiché la tendenza di un gruppo a "speciare" non
è desumibile dalle caratteristiche degli individui, proprio su questo si
esercita l'azione della cernita delle specie. Ci sono altri esempi, come
quelli dei tucotuco e dei coruro, roditori sudamericani, ma basta questo
per dire che il livello superiore della gerarchia ha caratteristiche
differenti da quello inferiore. E su queste agisce la cernita delle specie.
A me pare che, se leviamo le affermazioni gratuite ed inutili, e le
sostituiamo con quelle canoniche, non spostiamo di una virgola i
significati, rimaniamo entro la massima ortodossia neodarwinista, e
otteniamo come risultato niente di più che un'enfasi maggiore sulla
discontinuità dei ritmi di speciazione rispetto a quella classica.
Ciao Danilo
Non sono d'accordo, ovviamente.

MarkIII
The Fuzzy
2003-09-09 08:48:19 UTC
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Post by markIII
Il gradualismo filetico è infirmato dal fatto che nelle testimonianze
fossili non ci sono (quasi) esempi di modificazione graduale di una specie
in un'altra.
Peccato che nei reperti fossili è IMPOSSIBILE stabilire la specie
in base all'isolamento riproduttivo!

fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
MarkIII
2003-09-09 08:55:47 UTC
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Post by The Fuzzy
Peccato che nei reperti fossili è IMPOSSIBILE stabilire la specie
in base all'isolamento riproduttivo!
fuzzy
Corretto, ma in questo caso non si parla di specie biologica ma di
paleospecie, distinguibile da altre solo in base all'aspetto. Secondo alcuni
è una definizione un po' debole, ma è l'unica sostenibile con le
testimonianze fossili. Non accettare il concetto di paleospecie potrebbe
essere un sistema per spazzare via la paleontologia dalla "tavola alta"
dell'evoluzione... 8-)

MarkIII

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Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-09-09 11:24:24 UTC
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Post by MarkIII
Post by The Fuzzy
Peccato che nei reperti fossili è IMPOSSIBILE stabilire la specie
in base all'isolamento riproduttivo!
fuzzy
Corretto, ma in questo caso non si parla di specie biologica ma di
paleospecie, distinguibile da altre solo in base all'aspetto. Secondo alcuni
è una definizione un po' debole, ma è l'unica sostenibile con le
testimonianze fossili. Non accettare il concetto di paleospecie potrebbe
essere un sistema per spazzare via la paleontologia dalla "tavola alta"
dell'evoluzione... 8-)
Ma vedi, per me il problema non è accettarlo o meno. Ne vorrei che
la paleontologia fosse spazzata via (ne lo sarà mai). Il problema
invece (e lo dico per i punteggisti) è che non mi sembra né corretto
dal punto di vista logico nè onesto da p.d.v. della serietà portare
avanti una volta un concetto di specie per somiglianza (fossili),
l'altra un concetto di specie per isolamento riproduttivo (cernita),
a seconda delle difficoltà teoriche che Eld. incontra sul momento.
Oltretutto è anche incoerente.

sbaglio?
fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
MarkIII
2003-09-09 12:25:23 UTC
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Post by The Fuzzy
Ma vedi, per me il problema non è accettarlo o meno. Ne vorrei che
la paleontologia fosse spazzata via (ne lo sarà mai). Il problema
invece (e lo dico per i punteggisti) è che non mi sembra né corretto
dal punto di vista logico nè onesto da p.d.v. della serietà portare
avanti una volta un concetto di specie per somiglianza (fossili),
l'altra un concetto di specie per isolamento riproduttivo (cernita),
a seconda delle difficoltà teoriche che Eld. incontra sul momento.
Oltretutto è anche incoerente.
sbaglio?
fuzzy
Secondo me sì, ma (per volare un po' più alto della discussione) mi sembra
che siamo arrivati a un punto in cui le mie conoscenze, basate
essenzialmente sui libri di testo e sui (pochi) articoli che è possibile
leggere (carta e on-line) non mi siano sufficienti per approfonire aspetti
fondamentali ma non espressi compiutamente dell'ipotesi. In questo caso come
peraltro è già accaduto ti posso dire quello che penso, e che andrebbe
esteso a tutta l'analisi paleontologica e le conclusioni che si traggono dai
fossili (alcune delle quali falsificano gli EP).
i sembra però chei livelli di utilizzo delle due concezioni dis specie siano
differnti, nella teoria degli EP. I fossili sono cioè utilizzati solo come
base fattuale per descrivere un fenomeno, la stasi, ma non entrano affatto
nella elaborazione teorica successiva, che vale quindi (in maniera molto più
ampia) per tutte le specie, anche quelle fossili. Cioè un'ipotesi (quasi a
livello di intuizione, direi) è scaturata dall'analisi dei fossili (e non
poteva essere altrimenti) ma è stata estesa poi a tutte le specie esistenti,
cioè essenzialmente alla storia della vita. Che poi si torni ai fossili per
vedere se l'ipotesi può essere confermata o falsificata non inficia il fatto
che l'elaborazione teoria che ha portato agli EP sia tutta basata sul
comportamento delle specie come definite dal cosiddetto "biological species
concept".

MarkIII

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Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-09-09 13:12:45 UTC
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Post by MarkIII
i sembra però chei livelli di utilizzo delle due concezioni dis specie siano
differnti, nella teoria degli EP. I fossili sono cioè utilizzati solo come
base fattuale per descrivere un fenomeno, la stasi, ma non entrano affatto
nella elaborazione teorica successiva, che vale quindi (in maniera molto più
ampia) per tutte le specie, anche quelle fossili. Cioè un'ipotesi (quasi a
livello di intuizione, direi) è scaturata dall'analisi dei fossili (e non
poteva essere altrimenti) ma è stata estesa poi a tutte le specie esistenti,
cioè essenzialmente alla storia della vita. Che poi si torni ai fossili per
vedere se l'ipotesi può essere confermata o falsificata non inficia il fatto
che l'elaborazione teoria che ha portato agli EP sia tutta basata sul
comportamento delle specie come definite dal cosiddetto "biological species
concept".
Si in effetti i due aspetti (stesi nei fossili, e cernita delle specie)
non sono connessi rigidamente, ma se questo da una parte elimina il
problema della contraddizione, dell'altra - quando li metti insieme-
rende la teoria globale molto scricchiolante.
Per questo io dissi a suo tempo che gli EP è una teoria fatta di
rattoppi..., cmq poco coesa, almeno per quel che ho letto.

ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
MarkIII
2003-09-09 13:58:47 UTC
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Si in effetti i due aspetti (stasi nei fossili, e cernita delle specie)
non sono connessi rigidamente

ma se questo da una parte elimina il
problema della contraddizione, dell'altra - quando li metti insieme-
rende la teoria globale molto scricchiolante.
Per questo io dissi a suo tempo che gli EP è una teoria fatta di
rattoppi..., cmq poco coesa, almeno per quel che ho letto.
ciao fuzzy
Forse no, ma all'interno della teoria la stasi fornisce lo "starter"
fattuale, il dato presente davanti agli occhi di tutti (ma non considerato)
che ha spinto all'intuizione, quello da cui sono discese tutte le
conseguenze. E' interessante anche leggere in Gould la storia vera e propria
dell'idea, perché sia lui che Eld che altri giovani ricercatori hanno
scoperto che la mancanza di fossili è un fenomeno che può essere trasformato
da negativo (assenza di prova) a positivo (prova di assenza - in questo caso
di trasformazione delle specie). Da qui sono discese alcune conseguenze
teoriche, come gli EP veri e propri, e altre elaborazioni, come appunto
l'habitat tracking, il primo fenomeno di spiegazione della stasi, e quindi
la cernita di specie, che a livello teorico più elevato spiegherebbe perché
dalle speciazioni improvvise nascono e sono perfezionate le novità
evolutive.
Tieni presente che il primo articolo è del 1972, circa 30 anni fa, e il
tutto potrebbe essere perfezionato solo quando i miei nipoti sono in
pensione. Ripeto, quello che trovo interessante è l'introduzione di diversi
livelli evolutivi, al di là di quello dei geni e degli individui.


MarkIII

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Inviato via http://usenet.libero.it
danilo
2003-09-10 11:09:38 UTC
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Post by markIII
Intendi corsa agli armamenti e cose simili, Regina Rossa e compagni?
L'invarianza delle specie è un dato di fatto da cui sono partiti coloro
che hanno proposto gli EP, stabilito da centinaia e centinaia di
ricerche.
Ok, la stasi nelle paleospecie è un dato di fatto. Ma anche la corsa della
regina rossa nelle specie attuali lo è, no?
Come si conciliano le due cose? Voglio dire, come mai le specie che noi
vediamo si modificano per coevoluzione, mentre le paleospecie no? O le
modifiche non sono così evidenti da risultare nei fossili (cosa che non
credo), o le evidenze paloentologiche non sono poi così evidenti, o...?
Post by markIII
Il gradualismo filetico è infirmato dal fatto che nelle testimonianze
fossili non ci sono (quasi) esempi di modificazione graduale di una specie
in un'altra.
La gradualità è quindi una questione di scala. Cioè è ovvio che la
modificazione è graduale, ma non nel senso di gradualmente costante.
Abbi pazienza con me, Mark. Mi manca la prospettiva storica. Io davo per
scontato che tutti accettassero pacificamente che la velocità della
modificazione non è costante.
Post by markIII
Non credo che nessuno abbia mai pensato che _tutta_ una specie, di punto
in bianco, evolva in un'altra.
Questa è l'esempio che trovi sui libri di evoluzione prima degli anni '70,
cioè prima che qualcuno scrivesse una spiegazione sulla stasi e sugli
equilibri punteggiati.
Vedi sopra.
Post by markIII
L'allopatria è una condizione ideale, ma non cambia affatto anche nel caso
ci sia simpatria o ci sia poliploidia nei vegetali o che sia peripatrica.
Il modello non dice nulla sulle modalità di speciazione.
Beh, io l'ho capita diversamente. Se le nuove specie evolvono in allopatria,
può aver senso la cernita nel caso che si ritrovino in seguito nello stesso
ambiente. Ma se la speciazione avviene in simpatria, abbiamo un'ecosistema
che si è coevoluto. Deve intervenire un fattore esterno, per estinguere
alcune delle specie. E, in questo caso, la situazione è identica a quella
dell'estinzione di partenza, che, se non mi sbaglio, non viene definita
cernita, ma solo estinzione.
Post by markIII
Però, vedi, la selezione naturale non _crea_ adattamenti, determina solo
quali adattamenti sopravvivono.
No, non può determinare quali adattamenti sopravvivono perché per
definizione un adattamento è "Ogni caratteristica ereditabile di un
organismo che migliora la sua abilità di sopravvivere e riprodursi in un
ambiente". (glossario di evoluzione della PBS). La selezione fa passare
le mutazioni che danno origine ad adattamenti.
No, Mark, qui non sono proprio d'accordo. Un adattamento può essere quel che
vuoi, ma la selezione _non_ crea adattamenti e _non_ fa passare adattamenti.
La selezione elimina dei geni dalla popolazione. Lo species sorting elimina
degli insiemi di geni dai taxa superiori. Però, visto che la selezione può
eliminare _tutti_ i geni di una popolazione (estinzione), io continuo a non
vedere il motivo di distinguere fra selezione e species sorting.
Post by markIII
Inoltre la selezione naturale richiede che l'oggetto di cui si parla si
riproduca in maniera differenziale rispetto ad altri organismi, e questo
avviene per gli individui, forse per i geni, ma non certo per le specie.
Per questo è meglio non chiamarla selezione ma cernita.
E' cernita, e non selezione, se deliberatamente rifiuti di vedere che una
specie viene eliminata perchè _tutti_ i suoi componenti sono stati
selezionati negativamente. Ma in questo modo perdi definizione, piuttosto
che acquistarne.
Post by markIII
Qui non sono d'accordo. Non può essere che quell'individuo abbia solo e
soltanto adattamenti peculiari e caratteristici di lui stesso. Se anche
muore lui, molto molto probabilmente gli adattamenti di cui è portatore
sono presenti nella generazione successiva in altri corpi.
Sì certo. Io intendevo dire che comunque, se un individuo non si riproduce,
non si ferma solo un suo eventuale adattamento innovativo, ma anche tutti
gli altri. E se tutti gli individui non si riproducono, tutti gli
adattamenti vengono "cerniti".
Post by markIII
E, qui sta un altro
punto dolente, il complesso di adattamenti di una specie o un gruppo di
specie NOn è semplicemente una somma di quelli di tutti i suoi individui.
No? E cos'è? Non è che mi diventi mistico? ;)
Post by markIII
Capisco l'obiezione, ma la difficoltà degli ultradarwinisti è proprio
capire che esiste qualcosa al di sopra dell'organismo o dle gene,
e non è detto che quello che vale per l'organismo valga anche
per la specie. Uno dei presupposti di base degli EP è che
le specie sono enti realmente esistenti, che possono nascere
e morire (estinguersi).
Ma non riprodursi in modo differenziale. Mark, io ho l'impressione che non
si possano usare i criteri dell'evoluzionismo per qualcosa che non ha le
caratteristiche necessarie di mutazione e riproduzione differenziale.
Post by markIII
Cioè, se la specie è un ente, avrà alcune proprietà sue
proprie, non condivise o condivisibili con altri enti. E' (anche) su
queste caratteristiche che gioca la cernita di specie.
Molto fumoso...Quali sono queste proprietà, e in che maniera le specie
vengono cernite in base ad esse?
Post by markIII
Eldredge ritiene che queste speciazioni siano allopatriche, e quindi da
per scontato che le specie sopravvissute si dividano in popolazioni senza
flusso genico fra loro. E' un'ipotesi ad hoc, e, come ho detto sopra,
secondo me difficilmente sostenibile.
Cioè che non esistono le speciazioni allopatriche? Comunque, come ho detto
sopra, non c'è nell'ipotesi niente che impedisca la speciazione
simpatrica. Sarebbe andare contro a dati ben stabiliti.
Certo che esistono le speciazioni alloppatriche! Solo che i grappoli di
specie, per reincontrarsi e venire cerniti, devono derivare _solo_ da
speciazioni allopatriche. E siccome il motore primo di queste speciazioni è
l'adattamento ad un ambiente nuovo, è un'ipotesi ad hoc che l'ambiente nuovo
sia spezzettato.
Post by markIII
Qual'è la necessità paleontologica di assumere questi grappoli di
specie, per poi farli estinguere? Cioè, cos'è che giustifica il percorso
biodiversità normale-biodiversità minima-biodiversità
massima-biodiversità normale?
Non ho capito la domanda. Ha un briciolo di finalismo in sé , o ha
afferrato male?
Intendevo questo: dopo un'estinzione abbiamo una speciazione, che aumenta la
biodiversità, seguita dallo species sorting che la diminuisce nuovamente.
Esistono prove paleontologiche di ciò?
Tutti i grafici di biodiversità che ho visto crollavano alle estinzioni, ma
poi si rialzavano gradualmente fino alla prossima estinzione, senza la
minima traccia dello species sorting. E' vero che si trattava per lo più di
biodiversità a taxa maggiori della specie, eppure...
Io ho l'impressione che lo species sorting introduca un mucchio di
difficoltà, e di assunti arbitrari, per non spiegare proprio nulla.
Post by markIII
Capirei meglio
se Eldredge volesse con questo spiegare un'evidenza paleontologica che si
riferisce a molte famiglie fossili. E' così?
Sì, ci sono moltissimi esempi, dalle antilopi africane agli amati (da Eld)
trilobiti alle chiocciole agli spinarelli.
Non ho capito. Ci sono molti esempi di speciazioni rapide, o ci sono molti
esempi di speciazioni rapide seguite da species sorting?
Post by markIII
L'idea fondamentale è quella che le specie
non siano semplici collezioni di individui, e che quindi non abbiano solo
le caratteristiche degli individui stessi o delle popolazioni di cui
questi sono fatti, ma che, gerarchicamente, ogni specie abbia alcune
caratteristiche peculiari e proprie SOLO della specie o del clade.
Fammi un esempio di una caratteristica posseduta da una specie, o da un
clade, ma non dagli individui che lo compongono.
Post by markIII
Poiché la tendenza di un gruppo a "speciare" non
è desumibile dalle caratteristiche degli individui, proprio su questo si
esercita l'azione della cernita delle specie.
La tendenza di un gruppo a speciare non è desumibile neppure dalle
caratteristiche del gruppo, se non a posteriori. E le caratteristiche del
gruppo sono presenti negli individui, in quanto sono gli individui che
speciano, mutando. Non dirmi che la specializzazione delle antilopi non si
trova negli individui, ma nel gruppo! Vorrebbe dire che ogni singola
antilope non è specializzata, ma lo è l'insieme delle specie di antilope, e
solo sull'insieme possono agire le forze misteriose che conducono alla
speciazione. Di questo passo mi dirai che prima si origina una nuova specie,
e poi essa assume i geni che la differenziano...


Uh, scusa se sono stato magari un po' sgarbato, ma devi capire che è la
terza volta che riscrivo questo post, per via che mi si inchioda il pc. Lo
so che tu non c'entri niente, ma...

Ciao Danilo

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The Fuzzy
2003-09-10 12:13:26 UTC
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MarkIII, agli "afflati" riduzionisti di danilo ci penso io
Post by danilo
Post by markIII
E, qui sta un altro
punto dolente, il complesso di adattamenti di una specie o un gruppo di
specie NOn è semplicemente una somma di quelli di tutti i suoi individui.
No? E cos'è? Non è che mi diventi mistico? ;)
E perchè mai? Un sistema (genericamente inteso) puo sviluppare
delle proprietà che non sono contenute nelle singole parti.
Non si tratta di olismo oscurantista ne misticismo.
Ricordi le proprietà dell'acqua, e la tua indagine su isc? :))))
Esiste una realtà sistemica, esistono delle proprietà di
relazione e quindi di gruppo, cosi in fisica, come in biologia,
come in sociologia, ecc.
Post by danilo
Post by markIII
Cioè, se la specie è un ente, avrà alcune proprietà sue
proprie, non condivise o condivisibili con altri enti. E' (anche) su
queste caratteristiche che gioca la cernita di specie.
Molto fumoso...Quali sono queste proprietà, e in che maniera le specie
vengono cernite in base ad esse?
la cooperazione per esempio non solo tra individui, ma tra gruppi.
Per esempio ci sono specie le cui dinamiche di sopravvivenza vanno
analizzate dal punto di vista dell'interazione tra piccoli gruppi
o famiglie...
Post by danilo
Post by markIII
Poiché la tendenza di un gruppo a "speciare" non
è desumibile dalle caratteristiche degli individui, proprio su questo si
esercita l'azione della cernita delle specie.
La tendenza di un gruppo a speciare non è desumibile neppure dalle
caratteristiche del gruppo, se non a posteriori.
Qui parliamo solo di "a posteriori". Cmq la tendenza di un gruppo
a speciare non è desumibile dalle caratteristiche dei singoli
Post by danilo
E le caratteristiche del
gruppo sono presenti negli individui, in quanto sono gli individui che
speciano, mutando.
...perché gli individui in se stessi NON speciano, ma la
speciazione stessa è una proprietà di gruppo.
Post by danilo
Non dirmi che la specializzazione delle antilopi non si
trova negli individui, ma nel gruppo! Vorrebbe dire che ogni singola
antilope non è specializzata, ma lo è l'insieme delle specie di antilope,
è propiro così. Il problema è che in questo caso la specializzazione
(termine improprio), dell'individuo c'è, ma è tale solo in quanto
l'individuo appartiene alla specie. E' un effetto non la causa.
La causa della "specializzazione" è la selezione speciante, e dalla
selezione puo emergere una specie se e solo se c'è una moltitudine
di individui da selezionare.
Post by danilo
solo sull'insieme possono agire le forze misteriose
Dinamiche e forze di relazione, sistemiche, niente di misterioso.
Ricordi l'acqua e gli atomi H e O? Nessun mistero, la natura è
così. Dov'è il problema? :P

ciao fuzzy
--
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danilo
2003-09-10 12:51:37 UTC
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Post by The Fuzzy
Post by danilo
Post by markIII
E, qui sta un altro
punto dolente, il complesso di adattamenti di una specie o un gruppo di
specie NOn è semplicemente una somma di quelli di tutti i suoi individui.
No? E cos'è? Non è che mi diventi mistico? ;)
E perchè mai? Un sistema (genericamente inteso) puo sviluppare
delle proprietà che non sono contenute nelle singole parti.
Non si tratta di olismo oscurantista ne misticismo.
Ricordi le proprietà dell'acqua, e la tua indagine su isc? :))))
Un sistema genericamente inteso può sviluppare quel che vuoi, ma l'insieme
degli adattamenti di una specie è la somma degli adattamenti degli
individui. Che poi questi adattamenti si manifestino magari solo a livelli
superiori, è un altro discorso. Un organismo singolo non può cooperare, un
gruppo sì. Ma coopera perchè ogni individuo ha quell'adattamento.
Le proprietà di una specie sono diverse da quelle dell'individuo, gli
adattamenti di una specie sono quelli degli individui che la compongono.
Post by The Fuzzy
Post by danilo
Post by markIII
Cioè, se la specie è un ente, avrà alcune proprietà sue
proprie, non condivise o condivisibili con altri enti. E' (anche) su
queste caratteristiche che gioca la cernita di specie.
Molto fumoso...Quali sono queste proprietà, e in che maniera le specie
vengono cernite in base ad esse?
la cooperazione per esempio non solo tra individui, ma tra gruppi.
Non è per fare il dawkinsiano ad oltranza, ma abbiamo già visto che
Winne-Edwards non sta in piedi, per via che non esiste un meccanismo
plausibile per giustificare la cooperazione (tra gruppi o tra individui) che
prescinda dalla fitness inclusiva del singolo.
La cooperazione _è_ una proprietà del singolo, che si esplica nel gruppo. Ed
è solo la fitness del singolo a determinare se questa proprietà si manterrà
oppure no. Il gruppo non ha voce in capitolo.
Post by The Fuzzy
Per esempio ci sono specie le cui dinamiche di sopravvivenza vanno
analizzate dal punto di vista dell'interazione tra piccoli gruppi
o famiglie...
Niente in contrario ad accettarlo. Ma sono dinamiche di sopravvivenza dei
singoli individui, non del gruppo.
Post by The Fuzzy
Post by danilo
E le caratteristiche del
gruppo sono presenti negli individui, in quanto sono gli individui che
speciano, mutando.
...perché gli individui in se stessi NON speciano, ma la
speciazione stessa è una proprietà di gruppo.
Allora, a me risulta che una speciazione si abbia quando un gruppo diventa
riproduttivamente incompatibile con il resto della specie. Perchè ciò
avvenga (o come risultato di ciò) ci sarà una differenza a livello di geni.
Tu vorresti dirmi che ciò che muta sono i geni del gruppo? Il gruppo non ha
geni. Ogni individuo li ha, ma non il gruppo. Una mutazione parte da un
individuo, e così anche la successiva. Alla fine avremo un individuo
riproduttivamente incompatibile con quelli della specie da cui proviene, e
che si accoppierà con suoi parenti nel gruppo in cui si trova. Ma, per ogni
singola mutazione, puoi risalire ad _un_ individuo. Ancora una volta, la
speciazione è una caratteristica dell'individuo, che si esprime nel gruppo.
Post by The Fuzzy
Il problema è che in questo caso la specializzazione
(termine improprio), dell'individuo c'è, ma è tale solo in quanto
l'individuo appartiene alla specie. E' un effetto non la causa.
Mah...A me pare più corretto dire che una specie è specializzata in quanto
tutti i suoi componenti lo sono.
Dai l'impressione di ritenere la specie un club, a cui si possono iscrivere
solo gli specializzati. Ma non è così. Gli individui, e poi i cladi,
all'interno della ur-specie, si sono specializzati, e, all'interno di quei
cladi, altri individui si sono ulteriormente specializzati, arrivando così a
formare la nuova specie. Che non esisteva a priori come insieme di
caratteristiche, ma che è stata formata dagli individui.
Post by The Fuzzy
La causa della "specializzazione" è la selezione speciante, e dalla
selezione puo emergere una specie se e solo se c'è una moltitudine
di individui da selezionare.
Tu stai dicendo che, siccome l'acqua ha caratteristiche diverse da quelle
dell'ossigeno e dell'idrogeno, allora non è formata da idrogeno e ossigeno.
Ci sono caratteristiche dei singoli che si manifestano solo a livello di
specie, ma sono caratteristiche dei singoli.
Post by The Fuzzy
Nessun mistero, la natura è
così. Dov'è il problema? :P
Nessun problema, si chiacchiera...:)

Ciao Danilo

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The Fuzzy
2003-09-10 20:06:53 UTC
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Post by danilo
Un sistema genericamente inteso può sviluppare quel che vuoi, ma l'insieme
degli adattamenti di una specie è la somma degli adattamenti degli
individui.
Certo, ma non è meno vero che gli adattamenti degli individui esistono
perchè sono stati selezionati per generazioni e in popolazioni.
Post by danilo
Ma coopera perchè ogni individuo ha quell'adattamento.
hi hi hi, sociobiologia! lo sapevo che ci finivi dentro!
La cooperazione è un comportamento che non è determinato
geneticamente, ancorché i geni forniscano la solita possibilità.
Tuttavia la cooperazione si apprende dall'esperienza relazionale
tra individui che hanno quella capacità.
Quindi la cooperazione è una proprietà che non appartiene all'individuo,
ma ad una comunità di individui.
Post by danilo
Le proprietà di una specie sono diverse da quelle dell'individuo, gli
adattamenti di una specie sono quelli degli individui che la compongono.
Pero allo stesso tempo gli adattamenti degli individui sono dovuti
al fatto che gli individui appartengono ad una specie.
Come vedi la circolarità nei sistemi biologici è sia sincronica
(ecosistemica) sia diacronica (evolutiva).
Post by danilo
Non è per fare il dawkinsiano ad oltranza, ma abbiamo già visto che
Winne-Edwards non sta in piedi, per via che non esiste un meccanismo
plausibile per giustificare la cooperazione (tra gruppi o tra individui) che
prescinda dalla fitness inclusiva del singolo.
il meccanismo a cui ti richiami è un espediente razionalistico
senza base scientifica.
Invece, dimmi, hai mai sentito parlare di proprietà emergenti?
Post by danilo
La cooperazione _è_ una proprietà del singolo,
No. vedi sopra. Prendi un individuo isolato, e mostrami
la sua proprietà di cooperare. L'intersoggettività è
connaturata alla cooperazione. Prendiamo l'uomo.
Sarebbe come dire che il linguaggio è privato (appartiene al
singolo). Allora prendi un singolo, e crescilo in isolamento
da altri individui, eppoi vediamo le sue proprietà linguistiche
(già fatto, e il risultato è scontato).
Posta la _capacità a sviluppare_ (attenzione! non che
cooperazione e linguaggio siano innati, sono solo possibili)
cooperazione o linguaggio come patrimonio genetico, tuttavia
esiste cooperazione e linguaggio solo con l'acquisizione
intersoggettiva, che poi non si trasmette.
Vale sempre il discorso anche per gli altri animali, benche in
grado certamente minore. Ma la sostanza non cambia.
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Per esempio ci sono specie le cui dinamiche di sopravvivenza vanno
analizzate dal punto di vista dell'interazione tra piccoli gruppi
o famiglie...
Niente in contrario ad accettarlo. Ma sono dinamiche di sopravvivenza dei
singoli individui, non del gruppo.
Poiche si sviluppano nei gruppi, sono proprietà del gruppo non
dei singoli, almeno fino a prova contraria.
Attento ho detto "prova", non arzigogolo razionalistico alla
"gene egoista" (un mito morto da un pezzo proprio per la mancanza di
scientificità).
Post by danilo
Allora, a me risulta che una speciazione si abbia quando un gruppo diventa
riproduttivamente incompatibile con il resto della specie. Perchè ciò
avvenga (o come risultato di ciò) ci sarà una differenza a livello di geni.
Tu vorresti dirmi che ciò che muta sono i geni del gruppo? Il gruppo non ha
geni. Ogni individuo li ha, ma non il gruppo. Una mutazione parte da un
individuo, e così anche la successiva.
Siiii, ma si afferma solo se c'è un gruppo. Un individuo preso a se non
specia, specia un gruppo di individui. Circolarità. Retroazione.
Multicausalità.
Post by danilo
Alla fine avremo un individuo
riproduttivamente incompatibile con quelli della specie da cui proviene,
Appunto, l'individuo mutato proviene da una specie, quindi è la specie
di provenienza la causa della selezione della mutazione dei singoli.
Un singolo che muta, se resta da solo muore. Nessuna proprietà.
Se una proprietà (cooperazione) non la puoi osservare in un individuo
come fai a dire che ce l'ha?
La scienza vuole prove empiriche e non assiomi indimostrabili.
Non si osserva cooperazione in un singolo, quindi come lo
dimostri? Come fai a dire che è una sua proprietà?
Post by danilo
singola mutazione, puoi risalire ad _un_ individuo. Ancora una volta, la
speciazione è una caratteristica dell'individuo, che si esprime nel gruppo.
Boh! a me pare che speciazione è una caratteristica di un gruppo che si
esprime
nei suoi singoli individui.
Post by danilo
formare la nuova specie. Che non esisteva a priori come insieme di
caratteristiche, ma che è stata formata dagli individui.
E come si sono formati gli individui?
Ehi, non mi diventerai un mistico anche te? ;-)
Post by danilo
Tu stai dicendo che, siccome l'acqua ha caratteristiche diverse da quelle
dell'ossigeno e dell'idrogeno, allora non è formata da idrogeno e ossigeno.
No, ovviamente, dico solo che le proprietà dell'acqua sono
proprietà relazionali (tra molecole) e non individuali (delle molecole).
Non vedo proprio perchè ti scandalizzi tanto il fatto che vi siano
livelli di realtà che non sono riducibili l'uno all'altro (in fisica,
chimica, vieppiu in biologia), che vi siano proprietà non appartenenti
agli elementi di un sistema presi a se, ma al sistema stesso in quanto
tale, e alle relazioni tra gli elementi di esso.
Perchè tanta avversione?

ciao fuzzy
--
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danilo
2003-09-12 09:53:29 UTC
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Post by The Fuzzy
Post by danilo
Ma coopera perchè ogni individuo ha quell'adattamento.
hi hi hi, sociobiologia! lo sapevo che ci finivi dentro!
Sei strano tu, sai? Non fai altro che parlare di complessità, di vie di
mezzo, di interazioni, di logica pelosa, e poi rinchiudi le affermazioni
altrui in categorie blindate, e così facendo le inquadri in un'ottica
semplicistica, predefinita, di cui conosci già limiti e difetti, e che
esaurisce l'argomento. Mah...
Post by The Fuzzy
Quindi la cooperazione è una proprietà che non appartiene all'individuo,
ma ad una comunità di individui.
E' come dire che la tua proprietà di nuotare appartiene al mare...
Si _esplica_ nel mare, in assenza del quale non ha manifestazione, ma non è
una proprietà del mare.
Post by The Fuzzy
Post by danilo
Le proprietà di una specie sono diverse da quelle dell'individuo, gli
adattamenti di una specie sono quelli degli individui che la compongono.
Pero allo stesso tempo gli adattamenti degli individui sono dovuti
al fatto che gli individui appartengono ad una specie.
No, gli individui appartengono ad una specie perchè possiedono gli stessi
adattamenti, cioè un genoma sufficientemente simile da potersi riprodurre.
Non invertire le cose. La specie è definita dagli individui, non gli
individui dalla specie. Gli individui esistono, la specie è una categoria.
Post by The Fuzzy
Post by danilo
Ma sono dinamiche di sopravvivenza dei
singoli individui, non del gruppo.
Poiche si sviluppano nei gruppi, sono proprietà del gruppo non
dei singoli, almeno fino a prova contraria.
Attento ho detto "prova", non arzigogolo razionalistico alla
"gene egoista" (un mito morto da un pezzo proprio per la mancanza di
scientificità).
Beh, qui stiamo andando per asparagi, mi pare. Cioè tu dici che la capacità
genetica di collaborare è una caratteristica del gruppo? Se mettiamo assieme
un gruppo di volpi collaborano come se fossero licaoni?
Non è corretto confondere lo sviluppo di una caratteristica con la sua
esplicazione. Lo sviluppo della possibilità di collaborare (o magari della
coazione a collaborare, per quel che ne so) è lo sviluppo di un adattamento.
Un adattamento si sviluppa a livello di gene, come condizione necessaria,
anche se non sufficiente, per le tue proprietà emergenti.
Ora, non esiste nessun modello che giustifichi la diffusione di un gene in
una popolazione in funzione del suo vantaggio per la popolazione. Mentre
invece esistono dei modelli per la diffusione di un gene per la
collaborazione in funzione del suo vantaggio per l'individuo.
E' possibile che nel tuo mondo Maynard-Smith, così come Fisher, Hamilton,
Dawkins, e compagnia bella siano autori di arzigogoli razionalistici privi
di scientificità, ma nel mio mondo hanno proposto teorie, confortate da
modelli matematici e da osservazioni, che spiegano in maniera esauriente
come un gene per la collaborazione possa diffondersi solo se porta vantaggio
alla fitness inclusiva dell'organismo.
Queste io non le chiamo "prove", beninteso, le chiamo teorie non
falsificate.
Se tu invece disponi di una teoria alternativa, che propone, chessò, la
selezione di popolazione, o il comparire di mutazioni come proprietà
emergente del gruppo, illustrala. La leggerò con interesse.
Post by The Fuzzy
Un individuo preso a se non
specia, specia un gruppo di individui. Circolarità. Retroazione.
Multicausalità.
E la tua retroazione fra cosa avverrebbe? Fra il gruppo e se stesso, o fra
gli individui che lo compongono? Senza contare il fatto che non è il gruppo
che si riproduce...
Post by The Fuzzy
Appunto, l'individuo mutato proviene da una specie, quindi è la specie
di provenienza la causa della selezione della mutazione dei singoli.
Vedi allora che sei d'accordo con Eldredge? E' la specie la causa della
selezione, e non il contrario...;)
Post by The Fuzzy
Se una proprietà (cooperazione) non la puoi osservare in un individuo
come fai a dire che ce l'ha?
Vorresti dire che tutto il tempo che stai da solo sei muto? Secondo me, hai
la proprietà di parlare anche quando non lo fai.
Post by The Fuzzy
La scienza vuole prove empiriche e non assiomi indimostrabili.
Non si osserva cooperazione in un singolo, quindi come lo
dimostri? Come fai a dire che è una sua proprietà?
Se io prendo un licaone da solo non coopera, se lo metto in un gruppo
coopera. Se io prendo una volpe da sola non coopera, se la metto in gruppo
neppure. Essendo che si tratta di specie diverse, con un genoma diverso, io
dico che il licaone ha il gene per la cooperazione (per la possibilità di
cooperare), la volpe no. E sai perchè lo dico? Perchè è ereditabile. Le
proprietà emergenti, invece, non sono ereditabili. Sono affascinanti, non
dico di no, ma non sono ereditabili, nè con nè senza errore.
Post by The Fuzzy
Boh! a me pare che speciazione è una caratteristica di un gruppo che si
esprime
nei suoi singoli individui.
Se noi diciamo che una specie è diversa dall'altra perchè il genoma degli
individui che la compongono è diverso, e diciamo che il genoma si trasmette
solo da individuo a individuo, e non da specie a specie, allora a me pare
che dire che la speciazione è una caratteristica del gruppo è solo un'utile
semplificazione.
Post by The Fuzzy
E come si sono formati gli individui?
Ehi, non mi diventerai un mistico anche te? ;-)
Beh, li ha creati il buon dio, no?
Post by The Fuzzy
Non vedo proprio perchè ti scandalizzi tanto il fatto che vi siano
livelli di realtà che non sono riducibili l'uno all'altro (in fisica,
chimica, vieppiu in biologia), che vi siano proprietà non appartenenti
agli elementi di un sistema presi a se, ma al sistema stesso in quanto
tale, e alle relazioni tra gli elementi di esso.
Le proprietà di una molecola non sono deducibili da quelle degli atomi che
la compongono. Ok. Questa però è un'affermazione diversa da "le proprietà di
una molecola non appartengono agli atomi che la compongono". Se tu cambi gli
atomi, cambiano anche le proprietà della molecola, o no?
Io non dico che un comportamento complesso sia riducibile alla biochimica,
nel senso che certamente non è prevedibile dalla sola indagine chimica. Ma
si tratta di qualcosa che _necessita_ della biochimica, per manifestarsi. Le
proprietà di ordine superiore poggiano su quelle di ordine inferiore.
Tu puoi dire che i comportamenti non sono spiegabili esaustivamente dalla
genetica, ma non puoi dire che sono indipendenti dalla genetica.

Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-09-12 11:22:20 UTC
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Post by danilo
Post by The Fuzzy
Post by danilo
Ma coopera perchè ogni individuo ha quell'adattamento.
hi hi hi, sociobiologia! lo sapevo che ci finivi dentro!
Sei strano tu, sai?
Ehi! vacci piano coi complimenti! :-)
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Quindi la cooperazione è una proprietà che non appartiene all'individuo,
ma ad una comunità di individui.
E' come dire che la tua proprietà di nuotare appartiene al mare...
Si _esplica_ nel mare, in assenza del quale non ha manifestazione, ma non è
una proprietà del mare.
Ho detto forse questo?
Le Proprietà di relazione non "appartengono" propriamente agli
elementi, ma alla loro relazione appunto. Nuotare è percio una
proprietà che emerge dalla relazione tra mare e uomo.
La saturabilità dell'acqua scaturisce dall'interazione tra le
singole moleco, ma non appartiene ad una singola molecola.
La cooperazione è una caratteristica che emerge dall'interazione
di una molteplicità di individui.
Post by danilo
No, gli individui appartengono ad una specie perchè possiedono gli stessi
adattamenti, cioè un genoma sufficientemente simile da potersi riprodurre.
Non invertire le cose. La specie è definita dagli individui, non gli
individui dalla specie.
O bella! io sono un homo sapiens quindi sono definito dalla
mia specie.
Post by danilo
Gli individui esistono, la specie è una categoria.
Quindi secondo te un cerino esiste, mentre un gruppo di
cerini no? ...poi dici che sono strano io... :)
Post by danilo
Beh, qui stiamo andando per asparagi, mi pare. Cioè tu dici che
la capacità genetica di collaborare è una caratteristica del gruppo?
No, io dico che non esiste una capacità genetica specifica
di collaborare. Esiste invece una base genetica generica
che consente la collaborazione come carattere acquisito
dall'esperienza e non trasmissibile geneticamente.
Post by danilo
Se mettiamo assieme
un gruppo di volpi collaborano come se fossero licaoni?
No, ma se fosse possibile allevare una piccola volpe
tra i licaoni, potrebbe benissimo collaborare.
Post by danilo
E' possibile che nel tuo mondo Maynard-Smith, così come Fisher, Hamilton,
Dawkins, e compagnia bella siano autori di arzigogoli razionalistici privi
di scientificità, ma nel mio mondo hanno proposto teorie,
IL fatto che molti biologi non siano d'accrodo con loro
dimostra che queste teorie non convincono molto e che
tutte queste prove poi non ci sono.
Post by danilo
Se tu invece disponi di una teoria alternativa,
Io non invento nulla. Basta leggere i critici del riduzionismo...
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Un individuo preso a se non
specia, specia un gruppo di individui. Circolarità. Retroazione.
Multicausalità.
E la tua retroazione fra cosa avverrebbe? Fra il gruppo e se stesso, o fra
gli individui che lo compongono? Senza contare il fatto che non è il gruppo
che si riproduce...
Tra individuo e gruppo.
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Appunto, l'individuo mutato proviene da una specie, quindi è la specie
di provenienza la causa della selezione della mutazione dei singoli.
Vedi allora che sei d'accordo con Eldredge? E' la specie la causa della
selezione, e non il contrario...;)
No, io ammetto la retroazione gruppo-singolo. Se non c'e' un gruppo
che fornisce un certo numero di mutazioni, la selezione non avviene.
La selezione lavora su individui in quanto facenti parte di un
gruppo, non su individui isolati. Gli individui sono necessari al
gruppo tanto quanto il gruppo agli individui.
Circolarità, retroazione.

E' nato prima l'uovo (individuo) o la gallina (il gruppo)?
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Se una proprietà (cooperazione) non la puoi osservare in un individuo
come fai a dire che ce l'ha?
Vorresti dire che tutto il tempo che stai da solo sei muto?
No, voglio dire che se cresci (ontogenesi) in un gruppo che non
parla non parlerai mai, se invece cresci in un gruppo che parla
imparerai a parlare.
Quindi poste le basi biologiche giuste di un individuo, tuttavia
un individuo che cresce isolato dal proprio gruppo non parlerà mai,
perche il linguaggio è una proprietà del gruppo.
Post by danilo
Secondo me, hai
la proprietà di parlare anche quando non lo fai.
Certo, ma solo perche l'hai imparato nel gruppo.
Post by danilo
neppure. Essendo che si tratta di specie diverse, con un genoma diverso, io
dico che il licaone ha il gene per la cooperazione (per la possibilità di
cooperare), la volpe no. E sai perchè lo dico? Perchè è ereditabile.
Alcuni comportamenti sono ereditabili, infatti si chiamano innati,
ma solo perche si sviluppano anche nell'individuo isolato.
Ma la cooperazione no. Non esiste infatti alcuna prova che esitano
geni per la cooperazione.
Post by danilo
Tu puoi dire che i comportamenti non sono spiegabili esaustivamente dalla
genetica, ma non puoi dire che sono indipendenti dalla genetica.
Mai detta cosa simili, anzi su questo siamo d'accordo

ciao fuzzy
--
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MarkIII
2003-09-12 19:09:52 UTC
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Post by danilo
Post by The Fuzzy
Post by danilo
Le proprietà di una specie sono diverse da quelle dell'individuo, gli
adattamenti di una specie sono quelli degli individui che la compongono.
Pero allo stesso tempo gli adattamenti degli individui sono dovuti
al fatto che gli individui appartengono ad una specie.
No, gli individui appartengono ad una specie perchè possiedono gli stessi
adattamenti, cioè un genoma sufficientemente simile da potersi riprodurre.
Non invertire le cose. La specie è definita dagli individui, non gli
individui dalla specie. Gli individui esistono, la specie è una categoria.
Mettiamola così, scusate se intervengo. I tratti dell'anatomia sono
sottoposti alla selezione naturale perché facilmente "visibili" dalla
selezione stessa. Se un animale nasce con le zampe più corte, è
facilmente catturato da un predatore, e il tratto "zampe corte"
scompare. Ma il tratto "animale sociale" non è affatto visibile alla
selezione naturale se questo stesso animale è preso a se stante, come
singolo individuo, o come somma di geni. Se, e solo se, l'animale
riesce a vivere in un gruppo il tratto "specie sociale" diventa
improvvisamente visibile alla selezione naturale, che a questo punto
può agire e selezionare (positivamente o negativamente) questo stesso
tratto. Che come dice danilo, è sempre presente nel patrimonio
genetico dell'animale, ma che solo in particolari condizioni, se
l'animale vive cioè in gruppo, è "visibile" alla selezione stessa.
Ecco un tratto, un adattamento, una caratteristica propria della
specie, fondata sulla genetica dell'animale singolo, ma che è
selezionabile solo quando esistono i gruppi. Ergo, ecco la selezione
di gruppo; o meglio, visto che si tratta di specie di popolazioni
ridotte, la "cernita di specie".
Post by danilo
Ciao Danilo
MarkIII
The Fuzzy
2003-09-14 21:01:06 UTC
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Riassumendo sono d'accrodo nel muovere una critica contro
il paradigma adattazionista ortodosso, per cui l'evoluzione dei
viventi dipende per lo piu dall'ottimizzazione, da un
"adattamento" di organismi ad ambienti, o peggio di "geni"
all'ambiente. In generale sul concetto i fitness ottimizzatrice.
La critica - questo è importante- non è verso la plausibilità
dell'adattamento, ma deriva direttamente dalle difficoltà che
la teoria riscontra "sul campo", ossia sulle difficoltà empiriche.

1) vi sono le obiezioni di tipo ecologico-sistemico, per cui
gli aggregati costituiscono livelli superiori con dinamiche
emergenti proprie (es. equilib.puntegg., stasi, macroevoluzione).
Quindi il problema dell'impossibilità reale di scomporre
il quadro ecosistemico in una serie di elementi studiabili
separatamente. In tutti i piu svariati campi della scienza
in sistemi complessi si osservano proprieta nuove (alias
emergenti).
2) vi è il problema della deriva genetica (il caso), che non puo'
essere "ridotto" ad un modo dell'adattamento, anche perchè esso
si manifesta sotto varie forme: A) un gene selezionato attivamente
si porta dietro quelli a lui vicini nel cromosoma B) deriva genetica
in una popolazione in assenza di pressione selettiva (che non è
affatto marginale, vedi Crow e Kimura, "An introduction to population
genetics", 1980).
3) vi è il problema della concatenazione e pleiotropia per cui
un gene non si traduce nella manifestazione di un carattere
isolato. Vi è quindi interdipendenza genica per cui il DNA non
è una serie lineare di geni indipendenti, ma una rete fittamente
intrecciata di effetti multipli reciproci (mediati da repressori,
derepressori, esoni, introni, jumping genes, ecc.). abbiamo quindi
A) che questi effetti si presentano anche senza selezione
B) data la complessa interrelazione è difficile pensare che UN
gene venga ottimizzato.
C) le misure di fitness attuali non sono in grado di separare gli
effetti pleiotropici da quelli di ottimizzazione.
4) come ho già spiegato per il "folding" delle proteine
il potere dei geni è relativo. Il ruolo dell'epigenesi nello
sviluppo ontogenetico è tutt'altro che trascurabile (es. la
segmantazione dell'uovo di drosophila che da luogo alla topografia
dell'animale è completamente specificata da un codice epigenetico,
vedi S.Kauffman, "developmental constraints", 1983).
5) per non parlare poi dei comportamenti non trasmissibili,
ma acquisibili dall'esperienza, che non possono neanche qui
essere minimizzati.

ciao fuzzy
--
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danilo
2003-09-18 20:58:29 UTC
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Post by The Fuzzy
Riassumendo sono d'accrodo nel muovere una critica contro
il paradigma adattazionista ortodosso, per cui l'evoluzione dei
viventi dipende per lo piu dall'ottimizzazione, da un
"adattamento" di organismi ad ambienti, o peggio di "geni"
all'ambiente. In generale sul concetto i fitness ottimizzatrice.
Ehilà, benvenuto nel club! Anch'io ritengo che il panglossismo sia
criticabile, e anche Mark, e anche tutti gli altri, credo.
Post by The Fuzzy
La critica - questo è importante- non è verso la plausibilità
dell'adattamento, ma deriva direttamente dalle difficoltà che
la teoria riscontra "sul campo", ossia sulle difficoltà empiriche.
1) vi sono le obiezioni di tipo ecologico-sistemico, per cui
gli aggregati costituiscono livelli superiori con dinamiche
emergenti proprie (es. equilib.puntegg., stasi, macroevoluzione).
-Equilibri punteggiati.
Questa teoria è senz'altro un esempio di dinamica emergente ad un livello
superiore. Nel senso che non è spiegabile col solo Eldredge, ma diventa
chiara se si considera il livello dell'insieme dei paleontologi. Comunque
rimane una teoria che vuole spiegare dei fatti, non un fatto. Secondo me fai
un po' di confusione.
-Stasi.
La stasi, a causa di inseguimento dell'habitat o a causa di selezione
stabilizzante, non mi pare ponga nessun problema al livello interpretativo
di organismi, o di geni, a meno di non dare per scontata la necessità di un
progressivo miglioramento dei viventi, cosa che dopo Kimura non credo faccia
nessuno. La genetica di popolazioni può interpretarla a livello, appunto, di
popolazioni, ed anche questo è un punto di vista valido. Sono approcci
diversi, non mutualmente escludentisi, ed ognuno di loro enfatizza
determinati aspetti a scapito di altri.
-Macroevoluzione.
Immagino (spero) che tu non lo usi come sinonimo di macromutazione. Se non è
questo il caso, allora o la tua macroevoluzione è la somma delle
microevoluzioni, cioè il processo evolutivo visto con minor risoluzione, o è
l'evoluzione a livello di specie, di famiglie, o comunque di cladi. In
quest'ultimo caso (che a me pare fittizio, un'illusione paleontologica)
dovresti spiegarmi la necessità del postulare questo fenomeno, ed un
plausibile meccanismo con cui possa funzionare.
Post by The Fuzzy
Quindi il problema dell'impossibilità reale di scomporre
il quadro ecosistemico in una serie di elementi studiabili
separatamente.
Voglio credere che tu intendessi dire che le proprietà di un ecosistema non
sono inferibili da quelle degli elementi che lo compongono, in quanto è
ovvio che io posso studiare un singolo elemento, se voglio.
Per tornare al tuo esempio, sarebbe come dire che io non posso studiare
l'idrogeno, perchè quando è legato all'ossigeno ha proprietà diverse.
Comunque il tuo discorso mi pare leggero; le proprietà emergenti di un
ecosistema sono fattori che influenzano la riproduzione differenziale. Che
poi ne siano a loro volta influenzate, in una retroazione, non modifica la
validità del modello neodarwinista, lo rende solo più complesso.
Post by The Fuzzy
2) vi è il problema della deriva genetica (il caso), che non puo'
essere "ridotto" ad un modo dell'adattamento, anche perchè esso
si manifesta sotto varie forme: A) un gene selezionato attivamente
si porta dietro quelli a lui vicini nel cromosoma B) deriva genetica
in una popolazione in assenza di pressione selettiva (che non è
affatto marginale, vedi Crow e Kimura, "An introduction to population
genetics", 1980).
Il caso è un'obiezione al panglossismo, non al neodarwinismo. A meno che
tutti i neodarwinisti che ho letto non mentano sfacciatamente, essi sono
consapevoli che le caratteristiche degli organismi non sono ottimali.
Pleiotropia, linkage, deriva, ritardo evoluzionistico, estinzioni, sono
tutte cose che non ha scoperto Eldredge. Anzi, io ho l'impressione che sia
così fiero di essersene accorto, da non avvedersi che tutti gli altri lo
sapevano già.
Dawkins ha scritto "Il gene egoista". In quale maniera un gene egoista può
essere ottimale per un organismo?
Post by The Fuzzy
3) vi è il problema della concatenazione e pleiotropia per cui
un gene non si traduce nella manifestazione di un carattere
isolato. Vi è quindi interdipendenza genica per cui il DNA non
è una serie lineare di geni indipendenti, ma una rete fittamente
intrecciata di effetti multipli reciproci (mediati da repressori,
derepressori, esoni, introni, jumping genes, ecc.). abbiamo quindi
A) che questi effetti si presentano anche senza selezione
Curiosa affermazione...Certo che questi effetti si presentano anche senza
selezione! La selezione agisce su questi effetti, che devono quindi essere
preesistenti.
Post by The Fuzzy
B) data la complessa interrelazione è difficile pensare che UN
gene venga ottimizzato.
Dal che si può solo dedurre che è difficile pensare che gli adattamenti
esistano, giusto?
Visto però che esistono, che non hanno avuto il tempo sufficiente a
svilupparsi per caso, e che non credo in dio, io tenderei a supporre che
_per te_ sia difficile pensare che un gene venga ottimizzato.
Hai presente i levrieri?
Qualcuno è riuscito ad ottimizzare i geni per la corsa veloce in una razza
di cani, sbattendosene di pleiotropia e di effetti multipli reciproci. Se
solo prima avesse parlato con te, avrebbe saputo che era impossibile...
Post by The Fuzzy
C) le misure di fitness attuali non sono in grado di separare gli
effetti pleiotropici da quelli di ottimizzazione.
Temo che tu debba definire fitness...In nessuna delle accezioni che conosco
la fitness è una misura dell'ottimizzazione di un adattamento. Anche
nell'accezione ristretta della genetica di popolazioni la fitness di un gene
è misurata dalla sua capacità o incapacità di diffondersi in tutta la
popolazione. Casomai, è la fitness che definisce l'ottimizzazione, nel senso
che un effetto pleiotropico con alta fitness è per definizione
un'ottimizzazione. A meno che tu non colleghi il concetto di ottimizzazione
con un qualche finalismo...
Post by The Fuzzy
4) come ho già spiegato per il "folding" delle proteine
il potere dei geni è relativo. Il ruolo dell'epigenesi nello
sviluppo ontogenetico è tutt'altro che trascurabile (es. la
segmantazione dell'uovo di drosophila che da luogo alla topografia
dell'animale è completamente specificata da un codice epigenetico,
vedi S.Kauffman, "developmental constraints", 1983).
Per quel che ne so io, la segmentazione dell'uovo di drpsophila è
specificata da gradienti di determinate sostanze presenti nell'uovo, le
quali sono a loro volta determinate dal DNA della madre. Fai mente locale: è
ovvio che l'ontogenesi di un organismo debba essere innescata da qualcosa di
esterno ad esso, no?
E comunque, è _possibile_ che un gene che codifica per una proteina sia reso
inattivo da condizioni esterne, ma è _certo_ che, in assenza di quel gene,
non verrà espressa quella proteina.
Il potere dei geni sarà anche relativo, ma il genoma di un pomodoro produce
pomodori, quello di un cavallo cavalli. Tutto quello che l'epigenesi può
fare è impedirgli di produrre un cavallo, o fargli produrre un cavallo
"sbagliato", ma non sarà mai un pomodoro.
Post by The Fuzzy
5) per non parlare poi dei comportamenti non trasmissibili,
ma acquisibili dall'esperienza, che non possono neanche qui
essere minimizzati.
L'esistenza dei memi non sposta di una virgola la validità del
neodarwinismo. Un comportamento acquisito può aumentare la fitness di chi lo
pone in essere come portatore del genoma che gli permette di acquisirlo, o
come casuale abitatore del luogo in cui questo comportamento era espresso da
altri ( o come entrambe le cose).
In pratica, può essere un adattamento o una contingenza. E può determinare
una riproduzione differenziale sia per ottimizzazione sia per caso. Non è
molto diverso da una serie di buone annate, o da un colore criptico.

A dirti la verità, sono un po' sollevato dal fatto che tu ti arrocchi sulle
posizioni di Mark. Una critica ad Eldredge era così poco consona al tuo modo
di pensare, come lo vedevo io, da farmi credere di aver completamente
sbagliato nel giudicarti...

Ciao Danilo




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Inviato via http://usenet.libero.it
MarkIII
2003-09-19 12:09:15 UTC
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Post by danilo
Post by The Fuzzy
La critica - questo è importante- non è verso la plausibilità
dell'adattamento, ma deriva direttamente dalle difficoltà che
la teoria riscontra "sul campo", ossia sulle difficoltà empiriche.
1) vi sono le obiezioni di tipo ecologico-sistemico, per cui
gli aggregati costituiscono livelli superiori con dinamiche
emergenti proprie (es. equilib.puntegg., stasi, macroevoluzione).
Qui credo che gli oggetti del contendere siano due.
Uno è il panadattazionismo, accusa che i "naturalisti" rivolgono ai
genetisti di popolazione. Sono d'accordo anch'io che specialmente in questi
ultimi anni l'afflato verso "l'adattamento è tutto" si è un po' spento.
Merito dei naturalisti o dei genetisti che hanno capito anche senza l'aiuto
di Gould e Lewontin? Ai posteri l'ardua sentenza.
Penso però che né Gould né Lewontin potessero scrivere un articolo contro il
panadattazionismo, che nell'articolo originale è chiamato semplicemente
adattazionismo, senza un minimo di ragione, per puro spirito di
contraddizione, o perché sono cattivi ricercatori. Si introducono con
quell'articolo, e altri libri dei due autori, categorie non considerate fino
ad allora, cioè il caso, per esempio, o gli exattamenti, o i constraint
nell'ontogenesi, o la contingenza. Ci sarà una ragione per una "ribellione"
di tal fatta? Secondo me la ragione c'era, e basta leggere qualche libro
degli psicologi darwiniani, più sociobiologi che darwiniani a dire la
verità, per capire perché l'articolo è stato scritto.
L'altro oggetto è quello dei livelli di selezione, o di evoluzione, se
vogliamo essere più estesi. Stasi, equilibri, cernita di specie sono
fenomeni che possono essere spiegati forse anche dalla selezione naturale a
livello di individuo o di gene, ma che (secondo i cosiddetti naturalisti)
sono spiegati meglio da una teoria più ampia che prenda in esame anche
aspetti ecologici (come l'habitat tracking), geologici (come le modifiche a
livello mondiale del regime delle correnti che hanno portato
all'inaridimento africano) eccetera.
Post by danilo
-Equilibri punteggiati.
Questa teoria è senz'altro un esempio di dinamica emergente ad un livello
superiore. Nel senso che non è spiegabile col solo Eldredge, ma diventa
chiara se si considera il livello dell'insieme dei paleontologi. Comunque
rimane una teoria che vuole spiegare dei fatti, non un fatto. Secondo me fai
un po' di confusione.
-Stasi.
La stasi, a causa di inseguimento dell'habitat o a causa di selezione
stabilizzante, non mi pare ponga nessun problema al livello interpretativo
di organismi, o di geni, a meno di non dare per scontata la necessità di un
progressivo miglioramento dei viventi, cosa che dopo Kimura non credo faccia
nessuno. La genetica di popolazioni può interpretarla a livello, appunto, di
popolazioni, ed anche questo è un punto di vista valido. Sono approcci
diversi, non mutualmente escludentisi, ed ognuno di loro enfatizza
determinati aspetti a scapito di altri.
A dire la verità, l'Ht esclude la selezione stabilizzante, che agisce su
popolazioni stabili nel tempo e soprattuto nello spazio. Come dicevo in
qualche post fa, l'Ht è stato dimostrato più e più volte
Post by danilo
-Macroevoluzione.
Immagino (spero) che tu non lo usi come sinonimo di macromutazione.
Non lo fa nessuno.
Post by danilo
Se non è
questo il caso, allora o la tua macroevoluzione è la somma delle
microevoluzioni, cioè il processo evolutivo visto con minor risoluzione, o è
l'evoluzione a livello di specie, di famiglie, o comunque di cladi. In
quest'ultimo caso (che a me pare fittizio, un'illusione paleontologica)
dovresti spiegarmi la necessità del postulare questo fenomeno, ed un
plausibile meccanismo con cui possa funzionare.
Lo so che non sei convinto del meccanismo, che ha indubbiamente le sue
pecche, ma io penso che sia una realtà, così come le specie sono enti reali
(cosa che invece i genetisti non pensano). Credo che non sia molto facile
concordare queste posizioni, perché sono antitetiche - io dico che una cosa
c'è, e subisce gli effetti della selezione naturale, tu dici che la cosa non
c'è. Punto.
Post by danilo
Voglio credere che tu intendessi dire che le proprietà di un ecosistema non
sono inferibili da quelle degli elementi che lo compongono, in quanto è
ovvio che io posso studiare un singolo elemento, se voglio.
Per tornare al tuo esempio, sarebbe come dire che io non posso studiare
l'idrogeno, perchè quando è legato all'ossigeno ha proprietà diverse.
Comunque il tuo discorso mi pare leggero; le proprietà emergenti di un
ecosistema sono fattori che influenzano la riproduzione differenziale. Che
poi ne siano a loro volta influenzate, in una retroazione, non modifica la
validità del modello neodarwinista, lo rende solo più complesso.
Non è solo così. Le proprietà emergenti di una specie o di una popolazione
sono a loro volta soggette a selezione, come ho detto in un altro post. E se
la selezione (o la cernita di specie) può agire solo su alcune proprietà di
un gruppo o di una specie, non significa che si torni alla group selection,
ma che il neodarwinismo deve tener conto anche di quest'azione della
selezione, oltre che a quella sui geni. Per tornare al mio esempio, un gene
per la solidarietà di gruppo (gene nel senso abbastanza peculiare ma
corretto che usa Dawkins, per altro, quasi un'entità che ha poco a che
vedere con la fisicità di un tratto di cromosoma e basta) non esiste per la
selezione se trattiamo solo di individui. E la selezione lo vede e lo
"giudica" solo quando gli animali sono in gruppo. Come può, al di là
dell'aplodiploidia, la selezione tagliare il gene della trofallassinelle
formiche, se agisce su una solo formica? E' selezione di gruppo? Certo, ma
non nel senso scorretto di Wynne-Edwards.
Post by danilo
Il caso è un'obiezione al panglossismo, non al neodarwinismo. A meno che
tutti i neodarwinisti che ho letto non mentano sfacciatamente, essi sono
consapevoli che le caratteristiche degli organismi non sono ottimali.
D'accordo assolutamente
Post by danilo
Pleiotropia, linkage, deriva, ritardo evoluzionistico, estinzioni, sono
tutte cose che non ha scoperto Eldredge. Anzi, io ho l'impressione che sia
così fiero di essersene accorto, da non avvedersi che tutti gli altri lo
sapevano già.
Mi sembra un giudizio un po' tranchant, ma sappiamo che Eldredge non ti
piace...
Post by danilo
Dawkins ha scritto "Il gene egoista". In quale maniera un gene egoista può
essere ottimale per un organismo?
La domanda è retorica?
Post by danilo
Post by The Fuzzy
A) che questi effetti si presentano anche senza selezione
Curiosa affermazione...Certo che questi effetti si presentano anche senza
selezione! La selezione agisce su questi effetti, che devono quindi essere
preesistenti.
Credo volesse dire che si presentano anche se sottoposti a selezione
naturale, che però, per le più svariate ragioni, non ha potuto selezionarli.
Nel pleiotropismo è evidente, per esempio. Il fatto è che molti aspetti del
corpo sono subottimali per una serie infinita di ragioni, non ultima la
storia delle specie stesse; e senza voler accusare i genetisti di ignorare
la storia della specie. Diciamo che ne hanno tenuto poco conto, enfatizzando
troppo gli adattamenti qui e ora. Ma come te per Eldredge, è forse solo
un'impressione personale.
Post by danilo
Dal che si può solo dedurre che è difficile pensare che gli adattamenti
esistano, giusto?
L'ottimizzazione è un concetto assoluto = il gene migliore, l'adattamento è
un concetto relativo = il tratto migliore per quell'occasione e in quel
momento storico, dati anche gli effetti di interazione genica e di
"struttura" del genoma, nel senso di obbligo per il genoma stesso di
lavorare con quello che esiste, e di dover tenere conto del "piano" generale
della specie, derivato dalla storia. Gli esempi, dagli occhi dei vertebrati
alla schiena dell'uomo, sono innumerevoli. Jacob, con
"Evoluzione e bricolage" o "LA logica del vivente", l'aveva già espresso
molto bene
Post by danilo
Hai presente i levrieri?
Qualcuno è riuscito ad ottimizzare i geni per la corsa veloce in una razza
di cani, sbattendosene di pleiotropia e di effetti multipli reciproci. Se
solo prima avesse parlato con te, avrebbe saputo che era impossibile...
I levrieri non sopravvivereberbbero un minuto nella savana. Ogni
adattamento, ogni tratto, è frutto di compromesso tra moltissime forze che
tirano e spingono (scusate la brutalità del linguaggio). Non c'è solo la
selezione naturale, ma anche tutto quello che dicevamo prima, compreso fra
l'altro l'estinzione dovuta al caso (Bad genes or bad luck, ricordi?), che
non sono riuscito a spiegarti.
Post by danilo
A dirti la verità, sono un po' sollevato dal fatto che tu ti arrocchi sulle
posizioni di Mark. Una critica ad Eldredge era così poco consona al tuo modo
di pensare, come lo vedevo io, da farmi credere di aver completamente
sbagliato nel giudicarti...
Ciao Danilo
Non mi sembra di essere particolarmente arroccato su una posizione, ma di
pensare che una posizione limitata e, per così dire, genocentrica, non possa
spiegare tutto quello che ho intorno. E che soprattutto non spieghi la
storia della vita, cioè l'unione di evoluzionismo ed ecologia che ha
prodotto gli esseri viventi. Per questo cerco su ipotesi più complesse,
incomplete ma che sicuramente guardano anche all'ecologia.

MarkIII

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Inviato via http://usenet.libero.it
danilo
2003-09-23 14:04:48 UTC
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Post by MarkIII
A dire la verità, l'Ht esclude la selezione stabilizzante, che agisce su
popolazioni stabili nel tempo e soprattuto nello spazio. Come dicevo in
qualche post fa, l'Ht è stato dimostrato più e più volte
Mi spieghi questo?
Voglio dire, l'inseguimento dell'habitat significa che una specie adatta ad
un determinato habitat lo segue mano a mano che questo si sposta, e così non
ha necessità di cambiare, perchè rimane sempre nell'habitat a cui è
adattata, giusto?
Ma in quella specie ci saranno comunque delle mutazioni, e queste mutazioni
verranno selezionate negativamente, per via che la specie è già adatta
all'habitat, giusto?
E questa è selezione stabilizzante, giusto?
Oppure dici che l'inseguimento dell'habitat rende le specie immuni alle
mutazioni?

Che poi il fatto che le specie non mutino perchè adattate all'habitat, mi
sembra già una cosa un po' strana. Voglio dire, ci devono essere altri
meccanismi, legati al rimescolamento genico, perchè è ovvio che nessuna
specie è così "mirabilmente" adattata da non poter essere migliorata,
specialmente in una situazione di coevoluzione, cioè, comunque la si voglia
mettere, di _modifica_ del contesto.
Post by MarkIII
I levrieri non sopravviverebbero un minuto nella savana. Ogni
adattamento, ogni tratto, è frutto di compromesso tra moltissime forze che
tirano e spingono (scusate la brutalità del linguaggio).
E' del tutto ininfluente (e anche discutibile) che i levrieri sopravvivano o
meno nella savana.
Quello che io volevo sottolineare è che, nonostante tutti i garbugli di
pleiotropie, linkage, e chi più ne ha più ne metta, è stato piuttosto facile
selezionare artificialmente un carattere.
I levrieri hanno una struttura adatta alla corsa, che è stata selezionata a
questo scopo, e tutto ciò senza che penda loro dalle orecchie la tiroide, o
che i canini siano simili a quelli dei facoceri.
Gli adattamenti di caratteri singoli non solo sono possibili, ma sono anche
relativamente facili, almeno in determinate specie, se l'allevamento degli
animali da parte dell'uomo dimostra qualcosa.
Post by MarkIII
Non mi sembra di essere particolarmente arroccato su una posizione, ma di
pensare che una posizione limitata e, per così dire, genocentrica, non possa
spiegare tutto quello che ho intorno. E che soprattutto non spieghi la
storia della vita, cioè l'unione di evoluzionismo ed ecologia che ha
prodotto gli esseri viventi. Per questo cerco su ipotesi più complesse,
incomplete ma che sicuramente guardano anche all'ecologia.
Distratta scelta di termini, da parte mia. Intendevo solo dire che, per
quanto capisco di Fuzzy, mi sembrava, come Weltanschauung, più vicino a te
(e a Gould) di quanto lo fosse alle mie posizioni. Per questo ero un po'
preoccupato per la sua critica a Eldredge, nel senso che mi pareva di averlo
mal giudicato. E mi sento più sollevato ora che, pur con alcuni distinguo,
converge sostanzialmente sul tuo (di Eldredge) punto di vista. Tutto qui.
Comunque, io non mi ritengo un promotore della visione genocentrica ad
oltranza. Solo, mi pare che le cose che osserviamo in natura non possano
prescindere dalla replicazione con errore dei geni, anche se non è
sufficiente a spiegarle.

Ciao Danilo

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Inviato via http://usenet.libero.it
MarkIII
2003-09-23 15:03:10 UTC
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Post by danilo
Mi spieghi questo?
Voglio dire, l'inseguimento dell'habitat significa che una specie adatta ad
un determinato habitat lo segue mano a mano che questo si sposta, e così non
ha necessità di cambiare, perchè rimane sempre nell'habitat a cui è
adattata, giusto?
Errore mio. Potenza di Internet e della sincronicità, stamattina ho sentito
un'intera conferenza di Eldredge proprio sulla sua ipotesi, e in effetti
parlava della stasi come unione di habitat tracking e selezione
stabilizzante, anche se dava maggior imprtanza al primo che alla seconda.
Quindi è stato un mio erroe eliminarla e la selezione stabilizzante rientra
nell'ipotesi.
Post by danilo
Ma in quella specie ci saranno comunque delle mutazioni, e queste mutazioni
verranno selezionate negativamente, per via che la specie è già adatta
all'habitat, giusto?
E questa è selezione stabilizzante, giusto?
Oppure dici che l'inseguimento dell'habitat rende le specie immuni alle
mutazioni?
No, vedi sopra, hai ragione tu. C'è da dire che la selzione stabilizzante
non significa che la specie è fissa, immobile e no muta per niente, ma che
tendono a essere selezionati negativamente gli estremi della curva. Ci può
essere quindi una specie di "camminata dell'ubriaco" ma alla fine il
risultato sarà uno scostamento quasi nullo dalle condizioni iniziali.
Post by danilo
Che poi il fatto che le specie non mutino perchè adattate all'habitat, mi
sembra già una cosa un po' strana. Voglio dire, ci devono essere altri
meccanismi, legati al rimescolamento genico, perchè è ovvio che nessuna
specie è così "mirabilmente" adattata da non poter essere migliorata,
specialmente in una situazione di coevoluzione, cioè, comunque la si voglia
mettere, di _modifica_ del contesto.
Questa, come ti ho già fatto notare, è in effetti l'obiezione più forte
all'Ht; che non sono ancora riuscito a spiegarmi, anche se ho qualche
sospetto di come vadano veramente le cose (per Eld e Gould)
Post by danilo
Quello che io volevo sottolineare è che, nonostante tutti i garbugli di
pleiotropie, linkage, e chi più ne ha più ne metta, è stato piuttosto facile
selezionare artificialmente un carattere.
Nessuno lo nega, ma sarai d'accordo pure tu che la seleiozne artificiale è
un processo logicamente diverso da quella naturale, e secondo me, nonostante
Darwin, non comparabile. Ci sono troppo varibili nella selezione naturale
per poterla mettere alla pari di quella artificiale, in cui un solo
carattere viene spinto nella direzione voluta. A meno che non voglia dire
che ci ptrebbe essere un caso anche in natura in cui l'ambiente spinge in
una sola direzione la selezione naturale. E' proprio questo che nega Eld.,
cioè che ci sia una sola forza che può spingere verso una specializzazione
nel corso dell'anagenesi.
Post by danilo
Comunque, io non mi ritengo un promotore della visione genocentrica ad
oltranza. Solo, mi pare che le cose che osserviamo in natura non possano
prescindere dalla replicazione con errore dei geni, anche se non è
sufficiente a spiegarle.
Ciao Danilo
In effetti non ho mai negato che non ci fosse posto per le mutazioni e la
selezione, ma che il tutto fosse necessario, ma non sufficiente, e che il
quadro di Eld e Gould spiegasse più di quanto non facciano le teorie
classiche, perché entravano anche l'ecologia, la geologia, il caso e le
interazioni fra specie.

MarkIII

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Inviato via http://usenet.libero.it
danilo
2003-09-24 15:52:31 UTC
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Post by MarkIII
Questa, come ti ho già fatto notare, è in effetti l'obiezione più forte
all'Ht; che non sono ancora riuscito a spiegarmi, anche se ho qualche
sospetto di come vadano veramente le cose (per Eld e Gould)
E cioè? Non farti pregare, non sarai sottoposto a giudizio per questo ;)
Post by MarkIII
Nessuno lo nega, ma sarai d'accordo pure tu che la seleiozne artificiale è
un processo logicamente diverso da quella naturale, e secondo me, nonostante
Darwin, non comparabile.
Mah...Immagino sia una questione di punti di vista. Secondo me, l'uomo, che
rimane pur sempre un grosso mammifero, crea una pressione selettiva su altri
mammiferi. I quali di conseguenza evolvono.
La selezione artificiale può essere considerata un caso particolare della
selezione naturale, nel senso che lo scopo che vuole ottenere è previsto, e
cioè è finalistica, ma questa è una distinzione che vale solo all'interno
della mente dell'uomo. Solo nella mente del selezionatore umano esiste la
finalità, nella specie canina esiste la pressione evolutiva e la
riproduzione differenziale. Direi che il levriero non è per nulla diverso
dal ghepardo. E' pur vero che il ghepardo deve, ad esempio, riprendere fiato
dopo la cattura della preda, e deve essere ragionevolmente in grado di non
farsela soffiare dalla leonessa di passaggio, ma anche il levriero deve
sottostare a limitazioni altrettanto arbitrarie, ad esempio quelle della
colorazione del pelo, o del carattere, o dell'altezza al garrese.
Post by MarkIII
E' proprio questo che nega Eld.,
cioè che ci sia una sola forza che può spingere verso una specializzazione
nel corso dell'anagenesi.
Ovvio che non c'è. Esiste la determinante storica, esistono i fattori
limitanti, ed esiste il caso. All'interno di ciò, però, alcuni caratteri
possono tranquillamente essere selezionati. Il crisocione ha le zampe più
lunghe del lupo, per via che l'ambiente in cui vive ha favorito questo
carattere. E non mi pare che presenti bizzarrie causate dalla pleiotropia,
ad esempio.
Post by MarkIII
In effetti non ho mai negato che non ci fosse posto per le mutazioni e la
selezione, ma che il tutto fosse necessario, ma non sufficiente, e che il
quadro di Eld e Gould spiegasse più di quanto non facciano le teorie
classiche, perché entravano anche l'ecologia, la geologia, il caso e le
interazioni fra specie.
A me pare invece che Eldredge e Gould privilegino una visione più ampia
delle cose, anche se in contrasto con il fattore, non sufficiente, ma
_necessario_, del meccanismo genetico.

Ma così pare a me.

Invece, sei finalmente arrivato al capitolo in cui Gould spiega lo species
sorting?
Perchè mi interessa, ed avrei ancora alcune obiezioni, ma preferisco
aspettare una tua descrizione del meccanismo...

Ciao Danilo












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Inviato via http://usenet.libero.it
MarkIII
2003-09-26 07:28:46 UTC
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Post by danilo
E cioè? Non farti pregare, non sarai sottoposto a giudizio per questo ;)
Elaboro e posto
Post by danilo
La selezione artificiale può essere considerata un caso particolare della
selezione naturale, nel senso che lo scopo che vuole ottenere è previsto, e
cioè è finalistica, ma questa è una distinzione che vale solo all'interno
della mente dell'uomo. Solo nella mente del selezionatore umano esiste la
finalità
La differenza tra i due tipi di selezione, per come la vedo io, è
sostanziale. Ogni stadio, ogni generazione, nella selezione naturale
dev'essere funzionale e contribuire alla sopravvivenza della linea genetica
inquestione. E' un po' come aggiustare una macchina in corsa, soltanto con
glistrumenti che ti trovi a bordo. nel caso della selezione artificiale,
invece, l'approccio finalistico dell'uomo fa sì che ci possano essere
passaggi disfunzionali, proprio perché volti ad arrivare ad uno scopo ben
preciso che l'allevatore ha in mente. Non solo questo, ma anche il fatto che
l'uomo tende a enfatizzare un solo o pochi tratti, e non deve sotostare al
trade-off, ai compromessi, cui sono sottoposte tutte le specie nel caso
della seleziona naturale. Secondo me sono distinzioni sostanziali, e che
possono permettere di paragonare le due selezioni soltanto come pallida
analogia, non come processi simili.
Post by danilo
Ovvio che non c'è. Esiste la determinante storica, esistono i fattori
limitanti, ed esiste il caso. All'interno di ciò, però, alcuni caratteri
possono tranquillamente essere selezionati. Il crisocione ha le zampe più
lunghe del lupo, per via che l'ambiente in cui vive ha favorito questo
carattere. E non mi pare che presenti bizzarrie causate dalla pleiotropia,
ad esempio.
Ma la pleiotropia non vuol dire che l'intero genoma si comporta come un solo
corpo, ma che ci sono complessi di geni che "trascinano" altri in un gioco
intricato di compromessi. Se le zampe lunghe del crisocione hanno potuto
crescere senza influenzare o essere influenzati da altri tratti, non vedo
perché il fatto non possa accadere.
Post by danilo
A me pare invece che Eldredge e Gould privilegino una visione più ampia
delle cose, anche se in contrasto con il fattore, non sufficiente, ma
_necessario_, del meccanismo genetico.
Ma così pare a me.
A quel che ho capito io, invece, il fattore necessario della selezione
naturale è sempre presente, solo che si inserisce in dinamiche più ampie,
appunto ecologiche e geologiche, temporalmente lunghissime, che non sono
prese in considerazione dai genetisti di popolazione.
Post by danilo
Invece, sei finalmente arrivato al capitolo in cui Gould spiega lo species
sorting?
Perchè mi interessa, ed avrei ancora alcune obiezioni, ma preferisco
aspettare una tua descrizione del meccanismo...
Ciao Danilo
Ho paura che dovrò saltare circa 1000 pagine di libro. Va bene, nel fine
settimana lo faccio.

MarkIII

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danilo
2003-09-26 11:27:52 UTC
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Post by MarkIII
La differenza tra i due tipi di selezione, per come la vedo io, è
sostanziale. Ogni stadio, ogni generazione, nella selezione naturale
dev'essere funzionale e contribuire alla sopravvivenza della linea genetica
in questione.
cut
Post by MarkIII
invece, l'approccio finalistico dell'uomo fa sì che ci possano essere
passaggi disfunzionali, proprio perché volti ad arrivare ad uno scopo ben
preciso che l'allevatore ha in mente.
cut

anche il fatto che
Post by MarkIII
l'uomo tende a enfatizzare un solo o pochi tratti, e non deve sotostare al
trade-off, ai compromessi, cui sono sottoposte tutte le specie nel caso
della seleziona naturale.
Secondo me, vedi le cose dal punto di vista sbagliato.

Nella selezione artificiale, ogni stadio è funzionale alla sopravvivenza
della linea genetica, in quanto ciò che permette o meno la sopravvivenza è
la selezione. Operata dall'uomo, ok, ma e con ciò?

Non ci sono passaggi disfunzionali, a meno che tu non ipotizzi di mettere la
linea genetica in un ambiente diverso da quello in cui è. La razza vive in
un ambiente in cui il fattore di selezione è il giudizio dell'uomo. Ogni
animale che sopravvive è funzionale a quel determinato ambiente.

Il fatto che l'uomo tenda ad enfatizzare solo pochi tratti significa che
tenderà a mantenere gli altri immutati, no?
Cioè, nel caso del levriero, alcune sue caratteristiche saranno sottoposte a
selezione artificiale, come dire, creativa, altre a selezione artificiale
stabilizzante. Non ci vedo una differenza da ciò che succede in natura.
Selezionare qualcosa perchè cambi, o perchè non cambi, significa solo
scegliere parti diverse della curva a campana da tagliare via.

Tu vedi la selezione artificiale dal punto di vista del selezionatore, e in
questo è diversa, per via che noi uomini non siamo la natura. Ma, se la vedi
dal punto di vista del selezionato, si tratta pur sempre di riproduzione
differenziale in base a criteri contingenti.
Post by MarkIII
Se le zampe lunghe del crisocione hanno potuto
crescere senza influenzare o essere influenzati da altri tratti, non vedo
perché il fatto non possa accadere.
Ovvio che se è accaduto poteva accadere. E' solo che mi sembrava venisse
posta un'enfasi eccessiva sui meccanismi che impediscono gli adattamenti. La
pleiotropia non è una legge divina, è qualcosa che, anche ove ci fosse,
potrebbe venire selezionato negativamente.
Post by MarkIII
Ho paura che dovrò saltare circa 1000 pagine di libro. Va bene, nel fine
settimana lo faccio.
Attendo.

Ciao Danilo


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Inviato via http://usenet.libero.it

MarkIII
2003-09-10 15:44:55 UTC
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Post by danilo
Ok, la stasi nelle paleospecie è un dato di fatto. Ma anche la corsa della
regina rossa nelle specie attuali lo è, no?
Come si conciliano le due cose? Voglio dire, come mai le specie che noi
vediamo si modificano per coevoluzione, mentre le paleospecie no? O le
modifiche non sono così evidenti da risultare nei fossili (cosa che non
credo), o le evidenze paloentologiche non sono poi così evidenti, o...?
Su questo punto posso solo alcune illazioni, ma sono assolutamente mie e
qindi senza fondamento. Approfondisco l'obiezione.
Post by danilo
Abbi pazienza con me, Mark. Mi manca la prospettiva storica. Io davo per
scontato che tutti accettassero pacificamente che la velocità della
modificazione non è costante.
La velocità di modifica non è costante neppure per i gradualisti, ma per
essi non è mai nulla. Da questo a dire che ci sono momenti in cui le specie
sono "immobili" e altre in cui si suddividono in varie popolazioni che a
loro volta diventano specie ci corre qindi moltissimo.
Post by danilo
Vedi sopra.
Confermo la mia illustrazione della situazione.
Post by danilo
Beh, io l'ho capita diversamente. Se le nuove specie evolvono in allopatria,
può aver senso la cernita nel caso che si ritrovino in seguito nello stesso
ambiente.
Non è necessario, perché le specie possono essere estinte non solo da
competizione ma anche da altri mutamenti ambientali. Anzi, nel caso di
modifiche veloci dell'ambiente, che si verificano quando si ha l'esplosione
evolutiva che porta al "gruppo di specie" su cui si esercita la cernita di
specie, l'ambiente stesso è altamente variabile e (dal punto di vista delle
specie) instabile. E quindi può impattare sul gruppo di specie più
pesantemente.
Post by danilo
Ma se la speciazione avviene in simpatria, abbiamo un'ecosistema
che si è coevoluto.
Questo punto non l'ho capito, me lo spieghi? Ma in ogni caso, anche con
un'origine simpatrica, ogni specie, se si sposta dal proprio picco
adattativo (e nella speciazone tumultuosa è questo quello che accade) non è
mai adattata (relativamente) meglio.
Post by danilo
Deve intervenire un fattore esterno, per estinguere
alcune delle specie. E, in questo caso, la situazione è identica a quella
dell'estinzione di partenza, che, se non mi sbaglio, non viene definita
cernita, ma solo estinzione.
In questo caso però le specie che si estinguono sono una o alcune
all'interno di un gruppo che ha generato numerosi "complessi adattativi", da
sottoporre poi alla cernita di specie. Non ho capito la storia
dell'estinzione di partenza (sto cominciando a perdermi anch'io)
Post by danilo
Post by markIII
No, non può determinare quali adattamenti sopravvivono perché per
definizione un adattamento è "Ogni caratteristica ereditabile di un
organismo che migliora la sua abilità di sopravvivere e riprodursi in un
ambiente". (glossario di evoluzione della PBS). La selezione fa passare
le mutazioni che danno origine ad adattamenti.
No, Mark, qui non sono proprio d'accordo. Un adattamento può essere quel che
vuoi, ma la selezione _non_ crea adattamenti e _non_ fa passare adattamenti.
NOn ho detti che li crea, ma che li sceglie. DIpende da quello che intendi
col termine, ma la causa prima dell'adattamento dovrebbe essere la
mutazione, su cui agisce la selezione.
Post by danilo
La selezione elimina dei geni dalla popolazione.
Appunto, scegli i geni che passeranno o meno alla generazione successiva. E'
la sopravvivenza differenziale.
Post by danilo
Lo species sorting elimina
degli insiemi di geni dai taxa superiori. Però, visto che la selezione può
eliminare _tutti_ i geni di una popolazione (estinzione), io continuo a non
vedere il motivo di distinguere fra selezione e species sorting.
Perché, come ho detto da qualche altra parte, una specie è un'entità con
caratteristiche diverse da quelle di un individuo. Per fare solo un piccolo
esempio, un individuo non può vivere in gruppo, formare arnie, difendere
comunitariamente il luogo di nidificazione eccetera. La popolazione o la
specie sì.
Post by danilo
E' cernita, e non selezione, se deliberatamente rifiuti di vedere che una
specie viene eliminata perchè _tutti_ i suoi componenti sono stati
selezionati negativamente. Ma in questo modo perdi definizione, piuttosto
che acquistarne.
NOn rifiuto questo, dico solo che i tratti su cui agisce la cernita di
specie sono carattaristici della specie, non dei singoli individui. NOn
posso dedurre dalla vita di un roditore sudamericano, di cui ho parlato la
volta scorsa, se le sue caratteristiche saranno tali da far passare la
specie al crivello dello species sorting. Ma solo da quello che accade al
gruppo, e quindi alla specie.
Post by danilo
Sì certo. Io intendevo dire che comunque, se un individuo non si riproduce,
non si ferma solo un suo eventuale adattamento innovativo, ma anche tutti
gli altri. E se tutti gli individui non si riproducono, tutti gli
adattamenti vengono "cerniti".
Questo è ovvio.
Post by danilo
No? E cos'è? Non è che mi diventi mistico? ;)
OOOMMMM.
Post by danilo
Post by markIII
Uno dei presupposti di base degli EP è che
le specie sono enti realmente esistenti, che possono nascere
e morire (estinguersi).
Ma non riprodursi in modo differenziale. Mark, io ho l'impressione che non
si possano usare i criteri dell'evoluzionismo per qualcosa che non ha le
caratteristiche necessarie di mutazione e riproduzione differenziale.
Perché no?
Ecco un altro punto di distinzione tra i puntuazionisti e i darwinisti
ortodossi (mettiamola così). La selezione naturale è quella che agisce sugli
individui, e quindi crea nuovi adattamenti. Un fenomeno di ordine superiore,
la cernita di spcie, decide la sorte degli adattamenti. I criteri
dell'evoluzionismo che usi tu sono quelli del darwinismo classico, ma gli EP
sono un'aggiunta a questi stessi criteri, non uno stravolgimento dell'idea
generale che la selezione naturale è un meccanismo necessario. Ma, per Eld e
GOuld, non sufficiente.
Post by danilo
Molto fumoso...Quali sono queste proprietà, e in che maniera le specie
vengono cernite in base ad esse?
In parte te lo ho dette prima, ma ci sono anche altre caratteristiche. Come
per esempio il flusso genico, che in alcune specie è più elevato (e quindi
dà origine a un migliore panmissi) e in altre è inferiore (e quindi le
popolazioni si trasformano più rapidamente in specie) oppure la sincronia di
riproduzione, che potrebbe permettere ad alcune specie di superare momenti
critici di variazioni ambientali. Sono tutte caratteristiche per così dire
popolazionali, che hanno a che fare con la vita in gruppo e non possono
essere dedotte dal genoma del singolo individuo, sottoposto a selezione
naturale.
Post by danilo
Certo che esistono le speciazioni alloppatriche! Solo che i grappoli di
specie, per reincontrarsi e venire cerniti, devono derivare _solo_ da
speciazioni allopatriche. E siccome il motore primo di queste speciazioni è
l'adattamento ad un ambiente nuovo, è un'ipotesi ad hoc che l'ambiente nuovo
sia spezzettato.
Ma perché dovrebbero rincontrarsi per essere cernite? L'ho già detto altre
volte, ma non c'è solo la competizione con specie sorelle che sceglie le
specie stesse.
Post by danilo
Intendevo questo: dopo un'estinzione abbiamo una speciazione, che aumenta la
biodiversità, seguita dallo species sorting che la diminuisce nuovamente.
Esistono prove paleontologiche di ciò?
Tutti i grafici di biodiversità che ho visto crollavano alle estinzioni, ma
poi si rialzavano gradualmente fino alla prossima estinzione, senza la
minima traccia dello species sorting. E' vero che si trattava per lo più di
biodiversità a taxa maggiori della specie, eppure...
La risoluzione delle grandi estinzioni credo che sia a livello di famiglia o
addirittura di classe. E' solo una rappresentazione della realtà che non ha
niente a che fare con eventuali elaborazioni teoriche.
Post by danilo
Io ho l'impressione che lo species sorting introduca un mucchio di
difficoltà, e di assunti arbitrari, per non spiegare proprio nulla.
Spiega invece secondo me molte cose. Come la stasi, le esplosioni evolutive,
la nascita nel giro di pochi anni di specie molto simili, e la "risucita"
solo di poche entità specifiche.
Post by danilo
Non ho capito. Ci sono molti esempi di speciazioni rapide, o ci sono molti
esempi di speciazioni rapide seguite da species sorting?
La seconda che hai detto. Sto cercando un paio di articoli con esempi di
species sorting. QUando li trovo lo annuncio.
Post by danilo
Fammi un esempio di una caratteristica posseduta da una specie, o da un
clade, ma non dagli individui che lo compongono.
Vedi sopra. Stasera arrivo con altri esempi.
Post by danilo
Non dirmi che la specializzazione delle antilopi non si
trova negli individui, ma nel gruppo! Vorrebbe dire che ogni singola >
antilope non è specializzata, ma lo è l'insieme delle specie di antilope, e
Post by danilo
solo sull'insieme possono agire le forze misteriose che conducono alla
speciazione. Di questo passo mi dirai che prima si origina una nuova specie,
e poi essa assume i geni che la differenziano...
Non si tratta di specializzazioni, ma di caratteristiche, di "adattamenti"
con le virgolette, perché sono propreità del gruppo o della specie, che sono
ovviamente presenti negli individui, ma che non puoi "desumere" dal genoma
degli individui stessi.
Post by danilo
Uh, scusa se sono stato magari un po' sgarbato, ma devi capire che è la
terza volta che riscrivo questo post, per via che mi si inchioda il pc. Lo
so che tu non c'entri niente, ma...
Ciao Danilo
Adesso non farmi passare per il delicato d'animo.
Comunque adesso non mi sei sembrato affatto sgarbato.

MarkIII

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Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-08-20 06:05:47 UTC
Permalink
"markIII" <***@libero.it> wrote in message news:***@libero.it

MarkIII, ti ricordi che avevi promesso di dare un'occhiatina in cantina?
;)

fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
The Fuzzy
2003-08-22 10:42:58 UTC
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Però ho scoperto che una cugina di mia moglie insegna macroevoluzione a
Zurigo (guarda caso) e le chiederò di spedirmelo, se ce l'ha.
Ok.
Per parlare di bibliografia, mi è finalmente arrivato "The structure of
evolutionary theory" di Gould (1343 pagine, senza bibliografia!!!). Mi
metto a leggerlo e ci sentiamo quando ho finito 8-).
Ehi! 1343 pagg.!!! non è che mi stai liquidando? ;-)
MarkIII
fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
MarkIII
2003-08-22 17:18:56 UTC
Permalink
Il Fri, 22 Aug 2003 10:42:58 +0000 (UTC), "The Fuzzy"
Post by The Fuzzy
Per parlare di bibliografia, mi è finalmente arrivato "The structure of
evolutionary theory" di Gould (1343 pagine, senza bibliografia!!!). Mi
metto a leggerlo e ci sentiamo quando ho finito 8-).
Ehi! 1343 pagg.!!! non è che mi stai liquidando? ;-)
fuzzy
No, sto ragionando su una risposta articolata, specialmente su un
punto, che direi è il più critico. Solo che oggi non avevo voglia di
andare a lavorare, e siccome l'ho scritta in ufficio devo aspettare
fino a lunedì per finirla.

MarkIII
danilo
2003-08-13 09:42:09 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
**************************************************************
Punti critici in Danilo
**************************************************************
Ora, se tu tieni presente che ogni individuo nasce con una combinazione
casuale di alleli, e non fa proprio niente per essere adatto al suo
ambiente, ma lo subisce passivamente, (Danilo)
Aridanghete! E chi lo dice che lo subisce passivamente? Nessuno, perchè
mi sembra un'affermazione gratuita. Il comportamento di un animale puo
benissimo influire attivamente sul suo adattamento all'ambiente, e puo'
influire anche sulla riproduzione, e quindi sull'adattamento della
specie.
Non fraintendermi. Certo che un comportamento può influire sull'adattamento
all'ambiente, ma perchè il comportamento secondo te non fa parte
dell'animale?
Quello che intendo è che un animale tropicale in ambiente tropicale vive, in
ambiente temperato muore, a meno che non abbia comportamenti (come quelli
umani) tali da farlo sopravvivere. Ma, in ogni caso, la temperatura media
invernale viene subita, non creata. E l'animale, di cui fanno parte anche i
comportamenti, oltre che il pelo, sopravvive oppure no in funzione di ciò
che è, e di come ciò che è si adegua, cioè è adatto, alle condizioni in cui
si trova.
Post by The Fuzzy
Un eschimese non ha
geni molto diversi dai tuoi eppure è adattato all'ambiente in cui vive
proprio perchè non lo subisce passivamente.
Un eschimese, proprio come me, ha nei suoi geni la possibilità di adattarsi
ad un ambiente. Entro certi limiti.
Post by The Fuzzy
La differenza tra una morte
individuale accidentale o per estinzione di massa accidentale o per
morte per mancanza di adattamento _è qualitativa_ o se preferisci
sostanziale: nel primo caso le cause sono esogene all'individuo, nel
secondo sono esogene ad un gruppo, nel terzo caso sono endogene ad un
individuo.
Una morte individuale accidentale è conseguenza dell'inadeguatezza
dell'organismo ad una situazione contingente.
Un'estinzione di massa accidentale è conseguenza dell'inadeguatezza di molti
organismi ad una situazione contingente.
Una morte per mancanza di adattamento è conseguenza dell'inadeguatezza di un
organismo ad una situazione contingente.
In tutti e tre i casi, l'organismo non era adeguato a sopravvivere in quel
contesto.
La differenza fra i primi due casi ed il terzo è che, _dal punto di vista
dell'osservatore_, la situazione contingente dei primi due casi era
imprevedibile, e quella del terzo no.
Ma a me sembra che in tutti e tre i casi sia la stessa interazione fra
ambiente ed organismo a portare la morte.
Voglio dire, che l'organismo sia inadatto all'ambiente perchè è cambiato
l'ambiente, o perchè è cambiato l'organismo, non modifica la sostanza del
fatto, se non nelle aspettative dell'osservatore.
Post by The Fuzzy
Non esiste una dicotomia fra cattivi geni e cattiva fortuna, al di fuori di
un finalismo. (Danilo)
Balle! Esiste eccome.
L'individuo infatti non dipende solo dai geni, il suo comportamento non
è riducibile ai suoi geni (a rigore neanche le strutture sono riducibili
ai geni, i quali non riescono neanche a determinare il folding delle
catene polipeptidiche nelle proteine corrispondenti).
Quindi tu vuoi dire che un impala, posto oltre il circolo polare artico,
comincerebbe a comportarsi come un eschimese? Io non credo...
A me pare che i geni, pur non determinando il comportamento, ne determinino
la possibilità. E siccome, più avanti, lo dici anche tu, non capisco il
perchè di questa obiezione.
Post by The Fuzzy
La diff. tra evento accidentale e cattivi geni c'è ed è banalmente
evidente, senza fare appello ad alcun finalismo, una volta tolto il velo
dell'ideologia riduzionista, per es.: due gemelli monozigoti hanno gli
stessi geni, eppure uno muore accidentalmente (in un attentato
terroristico) mentre l'altro fa dieci figli tutti sani e ben adatti.
Stessi geni, sorti diverse. Dove stanno i cattivi geni, dove il
finalismo? Dov'è l'identità tra cattivi geni e cattiva sorte?
E non dici tu stesso che i geni non determinano tutto? Uno dei due gemelli
avrà scelto di non dichiararsi buddista a Dublino, e con ciò? L'interazione
fra ambiente e geni ha determinato il fatto che saltasse in aria.
Ti faccio una domanda, che forse può risolvere la nostra incomprensione:
come definisci "buono" riferito ai geni? Secondo me un gene "buono" è un
gene che permette una buona fitness inclusiva. Una buona fitness inclusiva
dipende dall'interazione fra gene e ambiente (con tutte le retroazioni che
ci vuoi mettere). Quindi, è una cosa che può essere valutata solo a
posteriori, visto che l'ambiente è contingente. Se tu chiami "buono" un gene
a priori, significa che hai delle attese fondate su una tua visione di come
si svolgeranno le cose. E questo è finalismo.
Post by The Fuzzy
I biological constraints (vincoli biologici) sono PROscrittivi (dicono
quello che NON si puo fare), non PREscrittivi, e il comportamento degli
animali, e in generale l'espressione dei geni, dipende da tantissimi
fattori endogeni ed esogeni.
E non è quel che dico anch'io? E non è quel che tu neghi, quando dici che
esistono i cattivi geni? Non ha senso prescindere dalla situazione
contingente reale, e considerare invece quella prevista, per valutare la
bontà dei geni o della fortuna, per via che la situazione prevista c'è solo
nella testa dell'osservatore.
O un gene è buono perchè ti fa sopravvivere, o è buono per un qualche altro
criterio che però mi devi specificare. Se un gene non ti permettere di
sopravvivere nella situazione in cui ti trovi, non ha nessuna importnza che,
secondo quanto prevedevi, avrebbe invece dovuto farlo.
Post by The Fuzzy
ora ho finito di tediarvi per davvero :).
Oh beh, se c'è qualcosa che non hai fatto, è stato tediarmi...

Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-08-19 10:44:14 UTC
Permalink
Post by danilo
Non fraintendermi.
Mi sforzo. :)

************************************************************
PASSIVITA' DELL'INDIVIDUO
***********************************************************

Scrivevi
Post by danilo
Ora, se tu tieni presente che ogni individuo nasce con una combinazione
casuale di alleli, e non fa proprio niente per essere adatto al suo
ambiente, ma lo subisce passivamente, (Danilo)
Vorrei criticare meglio quest'affermazione, e altre per cui il
comportamento puo' essere ridotto al patrimonio genetico. Questa è la
stessa impostazione della sociobiologia (Wilson, Tooby, Cosmides) che tu
critichi.
Post by danilo
Certo che un comportamento può influire sull'adattamento
all'ambiente, ma perchè il comportamento secondo te non fa parte
dell'animale?
Fa parte certamente dell'animale, ma buona parte di esso non
appartiene ai suoi geni, nel senso che l'animale non e riducibile ai
suoi geni.
Post by danilo
E non dici tu stesso che i geni non determinano tutto? Uno dei due gemelli
avrà scelto di non dichiararsi buddista a Dublino, e con ciò? L'interazione
fra ambiente e geni ha determinato il fatto che saltasse in aria.
Se la sorte dell'animale (non dei geni, perchè come spiego dopo i geni
non interagiscono direttamente con l'ambiente) dipende dalla sua
interazione con l'ambiente, ne viene necesssariamente che l'animale non
subisce l'ambiente passivamente.
Post by danilo
Quello che intendo è che un animale tropicale in ambiente tropicale vive, in
ambiente temperato muore, a meno che non abbia comportamenti (come quelli
umani) tali da farlo sopravvivere.
Appunto, siccome un animale (non c'è bisogno di andare per forza a
scomodare l'uomo) _puo' avere tali comportamenti_ che lo fanno
sopravvivere in ambienti a cui non è abituato, o la cui specie non e
adattata, allora consegue necessariamente che l'animale NON SUBISCE
PASSIVAMENTE l'ambiente, non necessariamente muore.
Post by danilo
Ma, in ogni caso, la temperatura media
invernale viene subita, non creata.
Certamente non viene creata, viene subita, ma non passivamente. Un
animale non abituato al caldo puo' escogitare comportamenti nuovi che lo
aiutano in situazioni impreviste e inusitate.
Post by danilo
E l'animale, di cui fanno parte anche i
comportamenti, oltre che il pelo, sopravvive oppure no in funzione di ciò
che è, e di come ciò che è si adegua, cioè è adatto, alle condizioni in cui
si trova.
1) A parte che che non si capisce se quando dici "animale" ti riferisci
all'individuo o a una specie, e lo stesso vale per "adegua" e "adatto".
Un conto è l'adattamento (in senso proprio) della specie, altro è
l'adattamento dell'individuo.

2) Il fatto che un animale (ossia la sua specie) è adatto al suo
ambiente non significa necessariamente che, portato lui o un gruppo
della sua specie in un altro habitat, questo muoia o la specie si
estingua. Puo benissimo capitare che gli individui siano in grado di
attuare un comportamento nuovo che li faccia sopravvivere e prolificare,
e dopo molte generazioni, riadattare.
Quindi ancora: l'individuo non subisce affatto passivamente l'ambiente,
anche se i margini di intervento che ciascuna specie ha a disposizione
variano (ovviamente infatti ci possono essere dei viventi con
comportamenti piu flessibili, creativi, altri meno).

3) Ragionando per assurdo, se fosse come dici, e tutti gli animali di un
certo ecosistema subissero passivamente l'ambiente (a questo punto solo
fisico, perche evidentemente gli altri animali essendo passivi non
partecipano a costruire l'ambiente in senso lato, ma lo subiscono),
allora non si potrebbe piu' parlare di "ambiente" nel senso di
ecosistema. Se gli animali subiscono passivamente l'ambiente, allora non
esiste un "ambiente", quindi non esiste alcun ecosistema.
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Un eschimese non ha
geni molto diversi dai tuoi eppure è adattato all'ambiente in cui vive
proprio perchè non lo subisce passivamente.
Un eschimese, proprio come me, ha nei suoi geni la possibilità di adattarsi
ad un ambiente. Entro certi limiti.
Un eschimese, proprio come te e me, mette in "atto" (attiva) delle
strategie (entro certi limiti) che non sono determinate dai o inscritte
nei geni, ma dalle capacità acquisite e non trasmissibili geneticamente.
Quindi un eschimese non subisce l'ambiente passivamente, ma lo vive
_attivamente_, modificandolo secondo schemi e strategie assolutamente
imprevedibili, CHE NON HA nei geni. Questo vale in gradi diversi anche
per altri viventi.
Post by danilo
Quindi tu vuoi dire che un impala, posto oltre il circolo polare artico,
comincerebbe a comportarsi come un eschimese? Io non credo...
A me pare che i geni, pur non determinando il comportamento, ne determinino
la possibilità. E siccome, più avanti, lo dici anche tu, non capisco il
perchè di questa obiezione.
Perchè allora l'animale non è passivo.
Un uomo non puo volare, perchè ha le braccia (geni), ma di tutto cio che
l'uomo puo fare con le braccia (cultura) i geni non sanno nulla: si
tratta di comportamenti acquisiti e trasmessi per via culturale (fino a
prova contraria). Stessa cosa per altri animali in gradi diversi.

Ma quello che importa e che anche se un animale ha anche solo l'1%
(tanto per dire una frazione minima) di "grado di liberta" di poter
interagire attivamente nel suo ambiente, questo basta per dire che
l'animale non subisce passivamente l'ambiente.
D'altronde avevamo gia concordato in un altro 3D che ambiente e
organismi si strutturano (entro certi limiti) a vicenda. Ora dici che
l'animale subisce l'ambiente passivamente.

Proprio non ti capisco e comunque, se quella voleva essere una
semplificazione, non la condivido e mi pare inaccettabile per i motivi
che ho spiegato




*******************************************************************************
PAN-ADATTAZIONISMO


*******************************************************************************

Concludevi
Post by danilo
Ora, quale criterio può definire l'adattamento all'ambiente, se non la
sopravvivenza?
Se una specie non sopravvive, non era adattata all'ambiente,
per definizione.
Ho già spiegato perchè sbagli.
<La sopravvivenza della specie non è criterio di adattamento, perchè
allora nessuna
<specie è mai adattata, per il semplice fatto che non esiste specie
eterna. Mi
<sembra banale. Se tutte le specie finiscono prima o poi (sfido chiunque
a
<dimostrare l'esistenza di una specie fissa e eterna), tanto è vero che
si dice che
<il 99,9 delle specie è ormai estinto, allora nessuna è adattata.

Aggiungo: quanto deve sopravvivere una specie per essere considerata
adattata?
la mia domanda è assurda perchè la tesi è assurda.

Ora proseguo
Post by danilo
Una morte individuale accidentale è conseguenza dell'inadeguatezza
dell'organismo ad una situazione contingente.
Un'estinzione di massa accidentale è conseguenza dell'inadeguatezza di molti
organismi ad una situazione contingente.
Una morte per mancanza di adattamento è conseguenza dell'inadeguatezza di un
organismo ad una situazione contingente.
In tutti e tre i casi, l'organismo non era adeguato a sopravvivere in quel
contesto.
Riprendendo il discorso e faccio un altro esempio: se assumo il tuo
concetto e ipotizzo che un meterite cade sulla terra e causa
l'estinzione totale della vita, ne consegue che tutte le forme di vita
erano inadatte? Certo si puo dire, ma a che serve? Serve a chi vuol
trovare una legge per spiegare tutti gli eventi (ideologia), questi si
chiamano infatti pan-adattazionisti, i quali tentano di far sembrare
uguali cose affatto diverse, semplicemente dandogli lo stesso nome:
adattamento.
Post by danilo
La differenza fra i primi due casi ed il terzo è che, _dal punto di vista
dell'osservatore_, la situazione contingente dei primi due casi era
imprevedibile, e quella del terzo no.
Ma chi l'ha detto, aridaje col determinismo genetico. Per me tutte e tre
le situazioni sono imprevedibili.
Post by danilo
Ma a me sembra che in tutti e tre i casi sia la stessa interazione fra
ambiente ed organismo a portare la morte.
Voglio dire, che l'organismo sia inadatto all'ambiente perchè è cambiato
l'ambiente, o perchè è cambiato l'organismo, non modifica la sostanza del
fatto, se non nelle aspettative dell'osservatore.
altro esempio
Una animale e la sua specie si adattano a qualcosa che e relativamente
stabile e consolidato, e quindi largamente non contingente. Se non fosse
cosi allora nessun animale sarebbe mai adatto, perche puo sempre
capitare (potenzialmente non lo si puo escludere) un evento contingente
che lo uccide. Quindi l'animale sarebbe sempre -secondo il tuo modo di
ragionare- potenzialmente inadatto. Oppure dovremmo dire - sempre
secondo il tuo ragionamento- che e adatto finche non capita un evento
contingente che lo rende inadatto.

*****************************************************************
GENI CASO e ADATTAMENTO
*****************************************************************
Post by danilo
Post by The Fuzzy
La diff. tra evento accidentale e cattivi geni c'è ed è banalmente
evidente, senza fare appello ad alcun finalismo, una volta tolto il velo
dell'ideologia riduzionista, per es.: due gemelli monozigoti hanno gli
stessi geni, eppure uno muore accidentalmente (in un attentato
terroristico) mentre l'altro fa dieci figli tutti sani e ben adatti.
Stessi geni, sorti diverse. Dove stanno i cattivi geni, dove il
finalismo? Dov'è l'identità tra cattivi geni e cattiva sorte?
E non dici tu stesso che i geni non determinano tutto? Uno dei due gemelli
avrà scelto di non dichiararsi buddista a Dublino, e con ciò? L'interazione
fra ambiente e geni ha determinato il fatto che saltasse in aria.
Allora concordi che non ci sono geni cattivi o buoni, giusto? Ma la loro
bonta o meno dipende dall'interazione. Bene! cioe non bene perche ancora
non ci siamo.
Se due geni uguali (ma ripeto i geni _non hanno alcuna "interazione" con
l'ambiente_, i geni sono pezzi di macromolecole inerti, ma voglio qui
stare al tuo gioco) possono avere esiti opposti, ne consegue logicamente
che il gene in se stesso non è buono o cattivo, mentre l'evento
accidentale puo essere per quei geni buono o cattivo. Quinid c'e'
differenza tra evento cattivo e gene cattivo, semplicemente perche il
gene non è ne cattivo ne buono, ma l'evento puo essere buono o cattivo
per il gene.
Post by danilo
come definisci "buono" riferito ai geni?
Semplice! non lo definisco ne buono ne cattivo, e ora specifico
perchè...
Post by danilo
Secondo me un gene "buono" è un
gene che permette una buona fitness inclusiva. Una buona fitness inclusiva
dipende dall'interazione fra gene e ambiente (con tutte le retroazioni che
ci vuoi mettere).
...per il semplice motivo che per me non esiste interazione tra _gene_ e
ambiente (è il riduzionismo dawkinsiano che ti fa dire certe cose?). Il
gene ha rapporti con il SUO proprio "ambiente", che è la cellula, punto
e basta. Invece l'individuo ha rapporti con l'ambiente comunemente
inteso (senza virgolette). Ed è chiaro che l'individuo non è riducibile
ai propri geni. Nell'individuo c'e' di piu'.
Post by danilo
E non è quel che tu neghi, quando dici che esistono i cattivi geni?
Mai detto cio', rileggi tutto e vedrai che non ho mai detto una cosa
simile. Ho detto che, anche volendo assumere che esistano geni cattivi e
buoni (il che non lo credo), essi restano diversi dalla buona o cattiva
sorte, e ho fatto un esempio abbastanza chiaro del perche (due geni
uguali, due sorti diverse).
Post by danilo
Non ha senso prescindere dalla situazione
contingente reale, e considerare invece quella prevista, per valutare la
bontà dei geni o della fortuna, per via che la situazione prevista c'è solo
nella testa dell'osservatore.
La situazione prevista esiste nei geni della specie, altrimenti non
esisterebbe alcun adattamento, infatti un organismo per essere adattato
deve esserlo a qualcosa che non cambi a caso, deve rapportarsi con un
ambiente relativamente stabile, per quale si puo acquisire una certa
famigliarità.
Non esiste una specie adattata ad un ambiente contingente, perche un
ambiente contingente NON E' un ambiente, e perchè un ambiente che cambia
sempre non consente alcun adattamento.

Purtroppo ti sei appiccicato questo schemino nella testa e non riesci
che a ragionare secondo esso: geni-ambiente-previsioni. Semplificazioni
inaccettabili, riduttive, e troppo calcolistiche. Per me rimane che il
gene non ha rapporti diretti con l'ambiente (esterno), ma solo con la
cellula (per non dire il nucleo). Il gene non usa nessuno, ne
interagisce con alcun ambiente, perche e un pezzo di macromolecola. Esso
semmai viene usato dalla cellula.
Post by danilo
O un gene è buono perchè ti fa sopravvivere
Un gene non fa proprio niente. L'individuo fa. Addirittura l'individuo
umano puo decidere della sorte dei propri geni senza che essi abbiano
nessuna influsso (pensa ad un uomo che fa la roulette russa una sola
volta, se muore i geni sono cattivi? e se vive i geni suono buoni? Ma
come non sono sempre gli stessi geni?). Parlare di geni buoni o cattivi
e' un'assurdita'.
Post by danilo
Se un gene non ti permettere di
sopravvivere nella situazione in cui ti trovi, non ha nessuna importnza che,
secondo quanto prevedevi, avrebbe invece dovuto farlo.
Un gene non permette niente. Sono io semmai che (se mi va) permetto ai
miei geni di perpetuarsi o estinguersi (vedi sopra).

I geni! I geni! I geni!
I geni fanno, permettono, usano, interagiscono, sono buoni, sono
cattivi....
Ripeto i geni non riescono neanche a determinare le proprietà
(fondamentali) di accoppiamento stereometrico delle proteine, proprieta
che si determinano una volta che il filamento polipeptidico si ripiega
su se stesso (folding), figuriamoci se possono decidere della sorte di
un individuo...

ciao fuzzy
--
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danilo: (danilo)
2003-08-23 15:43:24 UTC
Permalink
"Seriamente, anche se a volte aspro, il dialogo con voi mi arricchisce
molto. "

Mi fa piacere che la cosa non sia unilaterale. Come ti ho già detto, io
considero questo NG come un modo per verificare le mie opinioni e mettermi
in chiaro i miei preconcetti sbagliati, o inconsci, allo scopo di migliorare
la mia comprensione dell'evoluzionismo. In questo senso, un approccio
diverso alla cosa (il tuo è chiaramente un approccio filosofico, e
giustamente, per quanto le tue conoscenze di biologia evoluzionistica mi
sorprendano) mi è prezioso. Invece mi sfugge dove sia l'asprezza...Voglio
dire, non è che tu sia un paradigma dell'arte diplomatica, ma non mi hai
ancora dato dell'imbecille. Almeno non apertis verbis, e non senza
giustificarlo. E nemmeno io, mi pare. Ciò detto, proseguiamo.

Tu dici:
"Perche limitarsi a considerare i "geni", ossia la parte piu "genetica"
dell'individuo, invece di considerare l'individuo nella sua completezza? In
altre parole stai limitando il rapporto con l'ambiente a una parte, ancorche
importante, dell'individuo."

Ancora non ci capiamo. Se tu mi chiami riduzionista, a me va bene, se tu mi
fraintendi perchè pensi a me come a un riduzionista, non mi va più bene.
Io non sto considerando _la parte più "genetica" dell'individuo_, come se
fosse un pezzo scollegato dal contesto. Non esiste la parte più genetica
dell'individuo. Esiste però, nell'individuo, un'influenza genetica, che da
un lato è alla base dell'interazione con l'ambiente, e dall'altro è il
fattore limitante. Per tornare agli eschimesi e al mio cane, non credo che
tu possa seriamente sostenere che la componente genetica non abbia nulla a
che vedere con la struttura di un cane o di un essere umano. Da due esseri
umani nasce un essere umano, e da due cani un cane. Un cane ha opzioni
diverse da quelle di un uomo per quanto riguarda l'interazione con
l'ambiente.
L'intero individuo è dato dall'interazione della sua componente genetica con
l'ambiente. Il che non significa che l'individuo _sia_ i suoi geni, che
sarebbe riduzionismo, ma non significa neppure che _sia_ l'ambiente, perchè
sarebbe riduzionismo tanto uguale. Il vantaggio in un approccio dal punto di
vista dei geni consiste nel fatto che, come dici anche tu, i geni sono
ragionevolmente prevedibili, per via che vengono da una storia. Il contesto
in cui fanno quel che fanno è più imprevedibile della loro capacità di fare
quel che fanno. Sono un fattore limitante, entro il quale le cose si possono
manifestare. Voglio dire, tu non sai come andrà a finire una mano di poker,
per via che dipende tutto da chi gioca. Però, conoscendo le carte che hanno
in mano, puoi restringere le possibilità. Nessuno può vincere con una scala
reale, se non ce l'ha. E nessuno può vincere con cinque carte uguali, se non
ci sono nel mazzo.
Io avrò l'incubo del finalismo, ma tu hai quello del determinismo genetico,
mi pare...Certo è che se non accetti che i geni abbiano voce in capitolo
nella genesi delle strutture di un organismo, ivi compresa la _possibilità_
di avere determinati comportamenti, non credo che possiamo andare molto
lontano.

Tu dici:
"Se un gene e' cmq il risultato di un processo evolutivo (e quindi non
parliamo di un solo individuo ma di generazioni di individui) allora ***in
un certo senso*** il gene rappresenta l'ambiente in cui si e evoluto.
Possiamo chiamarla "previsione", ma in un senso molto diverso dall'uso
normale del termine."
"Lo sviluppo ontogenetico porta dal gene di tuo padre al SUO battere a
macchina per puro caso (contingente), ma la catena che porta del suo gene al
tuo e a quello di altri non e del tutto contingente, e non perchè abbia una
necessità finalistica, ma perchè ha alle spalle (passato) una storia
evolutiva che lo condiziona parzialmente. ...POSTDIZIONE, non predizione..."

Allora, qui tu ti contraddici almeno due volte.
In primo luogo consideri il gene come il risultato di un processo evolutivo,
quindi come qualcosa che esiste attraverso il tempo con una sua identità,
mentre in un altro punto neghi che si duplichi e si conservi.
"1) un gene (in senso proprio) non si duplica, ne tantomeno si duplica il
genotipo, per il semplice fatto che nella riproduzione sessuata il genotipo
di un ind. si fonde con quello dell'altro ind..
2) Quindi un genotipo non ha nessuna possibilità di perpetuarsi identico a
se stesso. "
Ovviamente un gene si conserva intatto molto spesso, nonostante il
crossing-over, e ovviamente non è corretto confondere gene con genotipo. E'
appunto questa la base del ragionamento di Dawkins: i geni si perpetuano, il
genotipo no. Per questo esiste una logica nell'indagare il gene come oggetto
dell pressione evolutiva, piuttosto che il genotipo, o il fenotipo che ne
deriva. Non dico (e non lo dice nemmeno Dawkins) che questa sia una
posizione esaustiva, ma solo che possa far chiarezza su alcuni meccanismi.
In secondo luogo, la tua "previsione" in un senso così diverso dall'uso
normale da chiamarla "postvisione", non è una previsione. Il gene deriva da
un suo percorso storico, è così perchè la situazione passata lo ha reso
così, o, per meglio dire, solo i geni che si sono trovati nella condizione
di replicarsi esistono attualmente. Il che non contiene nessuna previsione
sul futuro, ma solo un riassunto del passato. Tu, essere umano pensante,
puoi calcolare la probabilità che la situazione futura rispecchi in un
qualche modo l'andamento del passato, ma questo non te lo dicono i geni. E'
un discorso simile a quello della scienza. Non puoi verificare un'ipotesi,
puoi solo falsificarla. Il che implica che ogni teoria non sia altro che
un'ipotesi di lavoro. Le cose funzionano "come se". I geni non contengono
una previsione sul futuro, contengono solo, e forse, l'influenza del
passato. A te sembra che siano funzionali ad un futuro plausibile, ma a loro
no. Non hanno opinioni a rigurdo. Per quanto riguarda i geni, ogni attimo è
contingente (nel tuo senso), e le tue previsioni sul futuro basate
sull'adattamento (qualunque cosa sia), esistono solo nella tua testa. La
realtà non si sente affatto condizionata a seguire le prescrizioni dei geni.

Quindi:
" la differenza tra un evento contingente ma accidentale, eccezionale,
straordinario e tra un evento contingente ma ordinario, normale, familiare,
c'è ed è fondamentale per parlare di adattamento in senso evoluzionistico
(filogenetico e storico). Un evento è contingente in se stesso, ma puo non
esserlo se inserito in un contesto e in una storia."
questa frase ha un senso da un punto di vista umano, ma non lo ha da un
punto di vista genetico. Il gene agisce in un contesto sincronico, non
diacronico. La diacronicità è una finzione umana, un modo umano di dare
senso alla realtà. Altrimenti, come spiegheresti le grandi estinzioni? Il
gene viene dal suo passato, ma non ha nessuna previsione del suo futuro.
Funziona di attimo in attimo, di contingenza in contingenza. Lo svolgersi
del tempo, e le leggi di natura, sono nostre ipotesi di lavoro. La stessa
freccia del tempo è, io credo, solo un nostro modo di interpretare la
realtà.

Tu dici:
"Non c'è rapporto di causa-effetto tra geni e comportamento, perchè dati gli
stessi geni si possono avere comportamenti totalmente diversi."

Però ammetterai che un cane non può costruire una fiocina per foche,
spero...Dati gli stessi geni si possono avere comportamenti diversi, ma solo
entro un certo ambito di opzioni. In quanto i geni sono una condizione
necessaria, anche se non sufficiente. Dov'è il problema?
SUBIRE L'AMBIENTE.
"> Anche qui, io credo, c'e un'incomprensione a livello di termini.
Mi spiace ma sbagli. 1) nell'uso dei termini, "
:)

Tu dici:
"3) (e questo è l'errore grave) gli organismi possono (in misura dipendente
dalle possibilità e dal fenomeno fisico) modificare, influire sull'ambiente
fisico..."

E' vero, naturalmente. Gli organismi modificano l'ambiente, nel mentre che
mettono in atto strategie per tollerarlo. Io non ho mai detto che ogni
organismo è un'isola, che le sue azioni non hanno alcun effetto sulla
realtà, e che non esiste nessun tipo di retroazione. Dico solo che, esseri
umani a parte, le modifiche all'ambiente sono perlopiù conseguenze fortuite
di meccanismi adattativi, e quindi l'ambiente rimane "ambiente", nel senso
di realtà di contorno non sotto lo stretto controllo dell'organismo in
questione. L'organismo modifica l'ambiente in cui vive, ma poi deve
modificarsi per adattarsi al nuovo ambiente.

Tu dici:
"Un "adattamento genetico" non "compare" in un individuo, perché è il
risultato di una storia evolutiva. Semmai è una "mutazione genetica" che
compare in un individuo e poi puo diffondersi (se è adatta) nella specie
attraverso il tempo (storia) in un ambiente. Se la mutazione si diffonde
nella specie allora si dice che è adattata."

Uff! Se bisogna cavillare sui termini, allora hai ragione. Una mutazione
genetica la cui conseguenza è un adattamento, motivo per cui ho azzardato la
crasi "adattamento genetico", compare all'inizio in un individuo, prima di
diffondersi in tutta la specie, se mai lo fa. Meglio così? Ma giuro che non
capisco dove sia il problema...


Tu dici:
"Se dici che l'individuo è adattato perchè sopravvive alla situazione del
momento, non puoi dire che il gene è adattato se viene trasmesso per
generazioni, perchè allora ad essere adattato non è piu l'individuo singolo,
ma intere generazioni di famiglie, gruppi, popolazioni, specie, perché
l'adattamento non è piu ristretto ad una situazione del momento, ma ad una
storia evolutiva relativamente non contingente "

Se rileggi, noterai che io non parlo di sopravvivenza, ma di fitness
inclusiva, la quale ovviamente implica una valutazione diacronica. La
differenza fra le due definizioni è che la fitness dell'individuo prende in
considerazione il genoma, la fitness del gene prende in considerazione solo
il gene.
Non credo di doverti postare una definizione di fitness, o magari tre, per
comprendere tutti i casi, ma non puoi accusarmi di quel che mi accusi, se ce
l'hai presente.
"Qui affermi che è _adattato_ l'individuo alla situazione in quel momento,
quindi lo intendi in senso sincronico, ossia limitato alle vicende
dell'individuo."
Ovviamente no. Dico che l'adattamento dell'individuo deve (può) essere
valutato in funzione della sua fitness inclusiva. In questo senso, se
l'individuo muore senza essersi riprodotto, la sua fitness è zero. La sua
fitness futura (diacronica) è zero a causa di un qualunque evento
contingente (sincronico). Dov'è il problema? Il caso esiste, almeno come
limite della computabilità.

Riguardo alla definizione di adattamento, tu dici:
"Purtroppo ancora non c'è l'ho, ma è chiaro che non c'è UNA definizione, di
nuovo si tratta di distinguere il livello di cui si sta parlando, ma certo
mi sembra molto difficile parlare di adattamento in un individuo. :( La tua
non mi convince molto, soprattutto perchè come ho mostrato in piu punti
riduzionistica, eppoi ammetterai che non hai le idee molto chiare. Ho
imparato invece che in biologia evoluzionistica occorre 1) essere molto
cauti, 2) non lasciarsi andare a semplificazioni "

Tu non hai ancora una definizione di adattamento, ma usi il termine nella
discussione. Il che significa che, ad un qualche livello, il termine ha un
senso compiuto, per te. Qual'è questo senso? E' poi questo che ti chiedo.
Io ammetto senza difficoltà di non avere le idee chiare su questo punto.
Voglio dire, se le avessi non starei a discuterne, ti farei una lezione.
Però penso che una definizione di adattamento debba essere _o_estremamente
specifica (tipo definiamo adattamento ciò che permette ad un gene di
diffondersi in una popolazione avente determinate caratteristiche),
_o_aprioristica (tipo definiamo adattamento ciò che permette ad un organismo
di sfruttare meglio l'ambiente in cui vive).


Relativamente OT:
tu dici:
"un gene (in senso proprio) non si duplica, ne tantomeno si duplica il
genotipo, per il semplice fatto che nella riproduzione sessuata il genotipo
di un ind. si fonde con quello dell'altro ind.. In altre parole è _come se_
(nessun finalismo) la riproduzione sessuata fosse stata studiata dalla
natura proprio per aumentare la possibilità di disporre del maggior numero
di mutazioni genetiche, di differenze."
Io avevo proposto, tempo fa, l'ipotesi che la riproduzione sessuata sia nata
in funzione della necessità, per organismi più grossi, e quindi con tempi
riproduttivi più lunghi, di pareggiare la variabilità dei procarioti. Poi,
con organismi ancora più grossi, entra in gioco il sistema immunitario. Io
avevo come la sensazione che la variabilità genetica di un procariote in
un'unità di tempo potesse essere pari a quella di un grosso mammifero,
considerando crossing-over e sistema immunitario.
Tutto ciò in base a prove indiziarie :)
E cioè in base al ragionamento che gli esseri viventi coevolvono, e che
quindi le velocità di coevoluzione devono essere all'incirca le stesse, pena
l'estinzione. Mi hanno demolito, naturalmente. Ma tu, cosa ne pensi?

Ciao Danilo

PS:
mia moglie (ErbaVoglio) si chiede se tu non stia indagando il campo
puramente fenomenologico, tralasciando volutamente quello ontologico, e
pensa che sarebbe veramente interessante vedere come riesci ad applicare il
concetto di ontologia in un ambito biologico-evoluzionistico.
E io mi chiedo se questa tua comparsa nel NG non si debba proprio ad un tuo
impegno di studio in questo senso.




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Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-08-25 19:30:23 UTC
Permalink
sorprendano) mi e prezioso. Invece mi sfugge dove sia l'asprezza...Voglio
dire, non e che tu sia un paradigma dell'arte diplomatica,
Si, l'ammetto la diplomazia non è il mio forte, nessuno è perfetto...
cmq "asprezza" lo dicevo nel senso che quando si hanno opinioni
diverse c'e sempre un po' di tensione, niente di piu. Ma la cosa che
apprezzo di piu nelle persone è l'onesta intellettuale, non il fatto
che siano d'accordo con me.
Io avro l'incubo del finalismo, ma tu hai quello del determinismo genetico,
mi pare...
Forse perche e uscito l'ultimo libro di Pinker
"The blank slate: the modern denial of the human nature"?
trad. x te "tabula rasa: la negazione moderna della natura umana"
Preferisco non dare giudizi su Pinker e compagnia bella perchè
non sono diplomatico e rischierei il turpiloquio :D

Per il resto, se non ti spiace vorrei avere un po' di tempo prima
di risponderti, per vari motivi: la casa ancora da finire (io sono già
sfinito), il lavoro, e forse anche perchè ci stiamo un po' incartando?
Poi c'è anche l'interessantissima risposta di MarkIII...
Una "passeggiata" mi rischiarirà le idee... :)

Commento brevemente l'ultima parte.
tu dici: cut
...(nessun finalismo) la riproduzione sessuata fosse stata studiata dalla
natura proprio per aumentare la possibilita di disporre del maggior numero
di mutazioni genetiche, di differenze."
Io avevo proposto, tempo fa, l'ipotesi che la riproduzione sessuata sia nata
...cut...
l'estinzione. Mi hanno demolito, naturalmente. Ma tu, cosa ne pensi?
Ti hanno demolito? Chi fu a osare tanto? :)
Pure tu pero'... vacci piano con le tue deduzioni razionali. Cautela,
cautela!

Cmq non saprei.. a naso sai che, sebbene concordo che i viventi
coevolvono tra di loro, la loro varietà e differenza e il loro ruolo
nel ciclo ecosistemico sono cosi' diversi, che non vedo alcun motivo
(se non un esigenza/ideale razionale di semplificazione) per il
quale "debbano" avere velocità simili di evoluzione.
I taxa (insetti, pesci, rettili, mammiferi ecc. ) coevolvono eppure
possono avere velocità di evoluzione molto diverse, e a spanne la
velocità rallenta con l'aumentare delle dimensioni... ma è poi vero?
I trilobiti per esempio sono piccoli rispetto ai primati eppure non
sono evoluti affatto, mentre i primati hanno molte ramificazioni.
Le formiche coevolvono con i formichieri eppure la loro velocità
evolutiva (visto il numero) potrebbe tranquillamente essere
superiorie di vari ordini di grandezza.
mia moglie (ErbaVoglio) si chiede se tu non stia indagando il campo
puramente fenomenologico, tralasciando volutamente quello ontologico, e
Come parli difficile! :)
In filosofia "fenomenologico" e "ontologico" puo' significare tutto e
niente. Insomma che intendi dire? Forse che mi interessano i fenomeni
per come appaiono invece che per come sono?
pensa che sarebbe veramente interessante vedere come riesci ad applicare il
concetto di ontologia in un ambito biologico-evoluzionistico.
ehm, prima dovrebbe spiegarmi che intende, almeno grosso modo, con
"applicare il concetto di ontologia in ambito biologico
evoluzionistico", non perchè voglio cavillare, ma proprio perche non
capisco...
E io mi chiedo se questa tua comparsa nel NG non si debba proprio ad un tuo
impegno di studio in questo senso.
Questa è un ottima domanda (non che le altre che fai siano da meno). Io
non sono un biologo e la biologia evoluzionistica mi interessa
relativamente. Il mio interesse è rivolto alle basi biologiche del
linguaggio e della cognizione, e all'aspetto epistemologico e
metodologico delle scienze cognitive. Ora, poichè devo scrivere
una tesi sull'effetto baldwin (assimilazione genetica), ma ancora non
ho iniziato, nel frattempo cerco di approfondire le mie conoscenze di
evoluzionismo.
Il dialogo nell NG rappresenta uno di questi momenti se incontro persone
di un certo livello (non dico accademico, ma di serietà), altrimenti
l'NG lo uso solo come passatempo divertente.

Certamente in generale trovo interessante la biologia, ma non potrei mai
discettare di questioni particolari empiriche... sono pur sempre un
filosofo.

ciao fuzzy
(un filosofo non è cittadino di nessuna comunità di idee, questo è ciò
che fa di lui un filosofo.

L.Wittgenstein)
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
markIII
2003-08-26 05:46:00 UTC
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Forse perche e uscito l'ultimo libro di Pinker "The blank slate: the
modern denial of the human nature"? trad. x te "tabula rasa: la negazione
moderna della natura umana" Preferisco non dare giudizi su Pinker e
compagnia bella perchè non sono diplomatico e rischierei il turpiloquio
:D
Lo sto leggendo anch'io, mi sembra ben scritto e molto ben documentato.
8-PPPPPP

MarkIII
The Fuzzy
2003-08-26 06:22:26 UTC
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Post by markIII
Forse perche e uscito l'ultimo libro di Pinker "The blank slate: the
modern denial of the human nature"? trad. x te "tabula rasa: la negazione
moderna della natura umana" Preferisco non dare giudizi su Pinker e
compagnia bella perchè non sono diplomatico e rischierei il turpiloquio
:D
Lo sto leggendo anch'io, mi sembra ben scritto e molto ben documentato.
8-PPPPPP
MarkIII
Ti piace provocarmi è? :) E' un modo come un altro per chiedere il
mio giudizio su Pinker? :)) Sei un furbastro :))))
Se ti piace Pinker si vede che non hai mai letto Philip Lieberman:
Human Language and our Reptilian Brain, 2000, Camb.Univ. Press.
Leggiti questo, eppoi vediamo chi scrive bene e chi è ben
documentato.

Io semplicemente Pinker, dopo "l'istinto del linguaggio" e
"la mente funziona così" (Mondadori), non lo leggo più.
Guarda caso i suoi libri sono pubblicati da Mondadori...
E' un politicante, e come ha piu' volte dimostrato Lieberman
è un cialtrone che distorce i risultati empirici presentandone
solo la parte che gli fa comodo.

Pattume! :-*
fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
MarkIII
2003-08-26 06:32:23 UTC
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Post by The Fuzzy
Ti piace provocarmi è? :) E' un modo come un altro per chiedere il
mio giudizio su Pinker? :)) Sei un furbastro :))))
Human Language and our Reptilian Brain, 2000, Camb.Univ. Press.
Leggiti questo, eppoi vediamo chi scrive bene e chi è ben
documentato.
Io semplicemente Pinker, dopo "l'istinto del linguaggio" e
"la mente funziona così" (Mondadori), non lo leggo più.
Guarda caso i suoi libri sono pubblicati da Mondadori...
E' un politicante, e come ha piu' volte dimostrato Lieberman
è un cialtrone che distorce i risultati empirici presentandone
solo la parte che gli fa comodo.
Pattume! :-*
fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
Dunque, io sono un Gouldiano fino all'osso, non sopporto i deterministi
genetici e mi piacerebbe Pinker? Era solo una palese provocazione....
Non ho letto Lieberman, ma ho letto le polemiche intorno a Pinker e agli
psicologi evolutivi. Ah, e sto finendo "Alas, poor Darwin" che mi sembra una
bell'atto di accusa per tutti gli psicologi evolutivi (anche se alcune
analisi mi sembrano un po' troppo politicamente viziate).

MarkIII

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-08-26 18:28:20 UTC
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Post by MarkIII
Ah, e sto finendo "Alas, poor Darwin" che mi sembra una
bell'atto di accusa per tutti gli psicologi evolutivi
(anche se alcune analisi mi sembrano un po' troppo
politicamente viziate).
E' un testo che devo assolutamente leggere, penso che
l'ordiner¨° su amazon. Sei un macina-libri tu, ¨¨?
Comunque questi sono libri di una certa levatura
(Gould, Bateson, Rose and R§àse, e aggiungo Lieberman
§Öcc. ecc.) ed infatti non vengono spesso tradotti
in italiano...

Cmq, in biologia e neurobiologia io mi trovo molto sulle
posizioni rispettivamente di Lewontin e Varela. Non a
caso sono entrambi anti-riduzionisti.
Li conosci (intendo bene)?
§æ§å§Ù§Ù§ì
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
markIII
2003-08-26 18:55:02 UTC
Permalink
E' un testo che devo assolutamente leggere, penso che l'ordiner¨° su
amazon. Sei un macina-libri tu, ¨¨? Comunque questi sono libri di una
certa levatura (Gould, Bateson, Rose and R§àse, e aggiungo Lieberman
§Öcc. ecc.) ed infatti non vengono spesso tradotti in italiano...
Di Gould hanno tradotto quasi tutto, almeno i libri di saggi credo ci
siano tutti. Io non li ho presi perché arrivano sempre anni dopo l'uscita
su Natural History (orgoglioso abbonato dal 1977). Gli altri libri sono
tradotti, ma spesso male (mi dicono che nella "Vita meravigliosa" mancano
tabelle e figure).
Bateson era molto di moda qualche anno fa, nella sinistra chic
(di cui facevo parte anch'io, peraltro). Credo che adesso sia un po'
dimenticato. Rose (quale Rose, Steven?) non credo che l'abbiamo
mai tradotto, forse Lifelines sì. Ruse sono quasi sicuro di no;
eppure the Mistery of misteries è eccezionale.
Cmq, in biologia e neurobiologia io mi trovo molto sulle posizioni
rispettivamente di Lewontin e Varela. Non a caso sono entrambi
anti-riduzionisti. Li conosci (intendo bene)?
Lewontin direi di sì, anche se ha un prosa un po' pesante, e ogni tanto
(su questo ho le orecchie sensibili) fa capolino un'analisi un po'
marxiana della scienza, legata un po' troppo al background sociale. Ma
insomma, Gould diceva che era la persona più intelligente che avesse
incontrato, e allora...
Varela l'ho letto qualche decennio fa (L'albero della conoscenza?) ma
siccome di neurobiologia non capisco una beata fava (nonostante la laurea)
ho lasciato perdere.

MarkIII

P. S. non sono un macinalibri, ma ho avuto il tempo di leggere in questi
...tot anni. Tieni presente che per la tesi ho dovuto leggere i classici
dell'etologia, e da lì all'evoluzione e al resto il passo è stato breve.
Anche se tutti i libri di ambientalismo che ho letto mi hanno un po'
distolto.
P. S. 2 Me la sto tirando un po?
The Fuzzy
2003-08-27 10:56:56 UTC
Permalink
Post by markIII
siano tutti. Io non li ho presi perché arrivano sempre anni dopo l'uscita
su Natural History (orgoglioso abbonato dal 1977).
Quelli di Pinker escono in traduzione ad una velocità pazzesca :)
Post by markIII
Lewontin direi di sì, anche se ha un prosa un po' pesante, e ogni tanto
(su questo ho le orecchie sensibili) fa capolino un'analisi un po'
marxiana della scienza, legata un po' troppo al background sociale. Ma
insomma, Gould diceva che era la persona più intelligente che avesse
incontrato, e allora...
Ah! se lo dice Gould!!
Post by markIII
Varela l'ho letto qualche decennio fa (L'albero della conoscenza?) ma
siccome di neurobiologia non capisco una beata fava (nonostante la laurea)
ho lasciato perdere.
Lavorava in USA, ma è dovuto andarsene in francia perchè
in USA parli di fenomenologia e di mettono alla gogna
tanto per tornare al tema del razzismo intellettuale)
Post by markIII
P. S. 2 Me la sto tirando un po?
No. Tira tira...

fuzzy
--
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danilo
2003-08-26 06:39:56 UTC
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Post by The Fuzzy
Per il resto, se non ti spiace vorrei avere un po' di tempo prima
di risponderti, per vari motivi: la casa ancora da finire (io sono già
sfinito), il lavoro, e forse anche perchè ci stiamo un po' incartando?
Nessun problema. In realtà è colpa mia. Volevo portarti in un'altra
direzione, in modo poi di illustrarti il mio punto di vista su stasi e
radiazioni adattative. Ma, prima di farlo, volevo sgombrare il campo da un
po' di equivoci, contando sul fatto che ne avremmo trovati comunque a
sufficienza :)
Comunque non è niente di importante, e certo non è urgente.
Post by The Fuzzy
Poi c'è anche l'interessantissima risposta di MarkIII...
Già. Ci sto pensando su. Inutile dire che non sono d'accordo ;)
Ora mi manca solo di scoprire perchè...
Post by The Fuzzy
Le formiche coevolvono con i formichieri eppure la loro velocità
evolutiva (visto il numero) potrebbe tranquillamente essere
superiorie di vari ordini di grandezza.
La velocità evolutiva in generale dipende da un mucchio di cose, ma la
velocità di _coevoluzione_ delle formiche e del formichiere dipende dalla
pressione dell'uno sull'altro, e questa pressione aumenta asimmetricamente
sulla specie svantaggiata nel momento in cui l'altra acquista un vantaggio.
Dimodochè, data una sufficiente variabilità all'interno delle due specie, le
velocità di coevoluzione dovrebbero modularsi a vicenda. Se le formiche si
adattano sufficientemente bene al formichiere, la pressione predatoria di
quest'ultimo diventa insufficiente a giustificare ulteriori adattamenti, e
viceversa.
Post by The Fuzzy
ehm, prima dovrebbe spiegarmi che intende, almeno grosso modo, con
"applicare il concetto di ontologia in ambito biologico
evoluzionistico", non perchè voglio cavillare, ma proprio perche non
capisco...
Immagino che lo farà.
Post by The Fuzzy
Il mio interesse è rivolto alle basi biologiche del
linguaggio e della cognizione, e all'aspetto epistemologico e
metodologico delle scienze cognitive.
Magari se ne può parlare, una volta o l'altra. Non mi sembra OT.
Post by The Fuzzy
Ora, poichè devo scrivere
una tesi sull'effetto baldwin (assimilazione genetica)
Conto che tu me la faccia leggere, quando l'avrai terminata.
Post by The Fuzzy
(un filosofo non è cittadino di nessuna comunità di idee, questo è ciò
che fa di lui un filosofo.
L.Wittgenstein)
Cioè, secondo Wittgenstein i filosofi non esistono? ;)

Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-08-26 08:31:37 UTC
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Post by danilo
Già. Ci sto pensando su. Inutile dire che non sono d'accordo ;)
Ora mi manca solo di scoprire perchè...
ha ha ha.. quindi sei in disaccordo prima ancora di capire il
perchè? Bell'esempio di approccio pregiudiziale :)))
(anch'io scherzo ovviamente)

Ma ci sarà mai qualcosa su cui io te e Marco concorderemo? ;-)
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Ora, poichè devo scrivere
una tesi sull'effetto baldwin (assimilazione genetica)
Conto che tu me la faccia leggere, quando l'avrai terminata.
La pubblichero sullo SWIF, come ho fatto con la tesi di laurea.
Post by danilo
Post by The Fuzzy
(un filosofo non è cittadino di nessuna comunità di idee, questo è ciò
che fa di lui un filosofo.
L.Wittgenstein)
Cioè, secondo Wittgenstein i filosofi non esistono? ;)
Ciao Danilo
Già, piu o meno. Non ha caso Wittgenstein era (ed è) un po' una
bestia nera per molti filosofi, non ha caso era e resta uno dei
maggiori filosofi del '900.

fuzzy
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The Fuzzy
2003-09-06 20:50:54 UTC
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"danilo" <danilo:***@libero.it> wrote in message news:***@usenet.libero.it

Finalmente riesco a risponderti come promesso. (quasi
pronta anche la risposta a MarkIII)
scusami ma saro molto ripetitivo. Repetita iuvant!
Post by danilo: (danilo)
Io avrò l'incubo del finalismo, ma tu hai quello del determinismo genetico,
mi pare...Certo è che se non accetti che i geni abbiano voce in capitolo
nella genesi delle strutture di un organismo, ivi compresa la _possibilità_
di avere determinati comportamenti, non credo che possiamo andare molto
lontano.
Non è questo il punto. Dire che i geni "determinano la possibilità" dice
tutto e niente, a me interessa _che uso fai di questo assunto_.
Ammettiamo per un momento di accettare questa proposizione (con riserva
perche' la trovo se non sbagliata, almeno fuorviante. Infatti
"determinare una possibilità" a rigore è una contraddizione in termini).
E a me pare che l'uso che ne fai è riduzionista, e l'ho detto
sottolineando i singoli passi in cui mi pare cosi.
Post by danilo: (danilo)
"Perche limitarsi a considerare i "geni", ---cut---
Ancora non ci capiamo. Se tu mi chiami riduzionista, a me va bene, se tu mi
fraintendi perchè pensi a me come a un riduzionista, non mi va più bene.
Io non sto considerando _la parte più "genetica" dell'individuo_,
Mi pareva di si. Williams e Dawkins limitano le dinamiche evolutive ai
geni, quali unità (uniche) della selezione. Questo è normalmente
chiamato dai critici (ultra)riduzionismo. Mi sembra corretto, lo neghi?
Post by danilo: (danilo)
Il vantaggio in un approccio dal punto di
vista dei geni consiste nel fatto che, come dici anche tu, i geni sono
ragionevolmente prevedibili, per via che vengono da una storia.
"un approccio del punto di vista dei geni" ha lo svantaggio di essere un
punto di vista riduzionistico sia dal punto di vista empirico (perche vi
sono altre entita' empiricamente rilevanti da considerare), sia dal
punto di vista metodologico (perche 1) ci si limita ad una causa 2) si
assume la predittività come termine "ad quo" della scienza).
Post by danilo: (danilo)
per via che dipende tutto da chi gioca. Però, conoscendo le carte che hanno
in mano, puoi restringere le possibilità.
E' strano, prima denunci a forza chi in biologia si pone con intenti
finalisti (rivolti al futuro), eppoi sostieni che la limitazione ai geni
permetto una predittività (futura)... uhmmm
Inoltre restringere il campo alle "possibilità", non dice molto sulle
dinamiche effettive, quindi limitarsi alle possibilità, significa
tagliare fuori dalle considerazioni teoriche una parte della realtà, in
particolare sul ruolo dell'epigenesi. Insomma tutto quello che avviene
entro il range di possibilità non mi pare irrilevante, puo giocare un
ruolo importante nelle dinamiche evolutive, e soprattutto quello che
avviene effettivamente non è sotto il controllo dei geni.
Post by danilo: (danilo)
Allora, qui tu ti contraddici almeno due volte.
perchè adotto il tuo metro di ragionamento e i tuoi concetti :)
Post by danilo: (danilo)
In primo luogo consideri il gene come il risultato di un processo evolutivo,
quindi come qualcosa che esiste attraverso il tempo con una sua identità,
mentre in un altro punto neghi che si duplichi e si conservi.
Si, e lo ribadisco, i due discorsi sono solo apparentemente
contraddittori.
Post by danilo: (danilo)
Ovviamente un gene si conserva intatto molto spesso, nonostante il
crossing-over, e ovviamente non è corretto confondere gene con genotipo. E'
appunto questa la base del ragionamento di Dawkins: i geni si perpetuano, il
genotipo no. Per questo esiste una logica nell'indagare il gene come oggetto
dell pressione evolutiva, piuttosto che il genotipo, o il fenotipo che ne
deriva.
I geni si perpetuano? quali? un individuo ne ha moltissimi. E che dire
degli alleli (geni varianti)? o del pool genico, quali geni di esso si
perpetuano? per quanto tempo? Esistono i geni filetici, ma sono
relativamente rari (v. per es. il PAX-6 che struttura l'occhio nei topi,
nella drosophila e nell'uomo), sono questi gli immortali? e gli altri?
Ora comprendi il senso della mia apparente contraddizione?: di geni ve
ne sono di svariati tipi e , a seconda del contesto che stai
analizzando, ne puoi fare considerazioni diverse. I geni varianti
mutano, i filetici li ritrovi in specie e taxa diversi, quelli del pool
genico sono legati alla sorte della specie. Dire "i geni si perpetuano"
non dice nulla. Quali geni? Per quanto tempo?
Tu invece hai estratto le mie frasi dal loro contesto e dalla loro
funzione (critica) e le hai semplicemente contrapposte. Operazione di
difesa, capisco, ma un po' bislacca. :)
Eppoi mi sorge spontanea una domanda: perchè mai "l'oggetto della
pressione evolutiva" deve essere un ente che dura, che si perpetua?
Voglio dire in base a quale assunto nell'evoluzione si devono
considerare solo le cose che durano di piu'?
Post by danilo: (danilo)
Non dico (e non lo dice nemmeno Dawkins) che questa sia una
posizione esaustiva, ma solo che possa far chiarezza su alcuni meccanismi.
Io invece ritengo che questa posizione oscura le dinamiche di livello
superiore, che sono in certa misura indipendenti. Per capirci non credo
che la macroevoluzione possa essere spiegata come un semplice effetto
della microevoluzione. Pensare questo significa porsi in un ottica
riduzionista.
Vi sono dinamiche a livello di specie e popolazioni (per non parlare dei
taxa), che non dipendono direttamente dalle dinamiche dei livelli
inferiori (gene, individuo)... anche se poi queste rimangono necessarie
(ma non sufficienti).. e anche se la proposta di Eld. non mi convince
affatto.
Prendi ad esempio l'acqua (H2O). Essa ha delle proprietà che non sono
deducibili dagli atomi presi e studiati separatamente, benche le
proprietà degli atomi singoli rimangano necessarie ancorché sufficienti
per spiegare le proprietà dell'acqua.
Post by danilo: (danilo)
Il gene deriva da
un suo percorso storico, è così perchè la situazione passata lo ha reso
così, o, per meglio dire, solo i geni che si sono trovati nella condizione
di replicarsi esistono attualmente. Il che non contiene nessuna previsione
sul futuro, ma solo un riassunto del passato.
Sempifichi troppo. Questa storia del futuro che è solo nella mia testa,
me l'hai ripetuta 50 volte, ho capito, e sono d'accordo. Il problema è
un altro. Il gene non contiene la previsione del futuro quale sarà, ma
contiene la previsione del futuro quale dovrebbe essere affinche il gene
stesso possa trasmettersi. Se poi il futuro sarà tanto diversi non ci
sarà la trasmissione.
Il gene ha potuto trasmettersi perchè, a posteriori, noi vediamo che ha
trovato un ambiente adatto allo scopo, quindi noi vediamo anche che se
il gene vuole continuare la sua storia deve incontrarsi con un ambiente
piu o meno simile a quello che lo ha determinato. Un evento accidentale
puo' causare l'estinzione del gene, ma è ridicolo dire che cio è
avvenuto perche il gene non era adatto all'ambiente, in quanto è chiaro
che nessun gene è adatto a eventi accidentali. E questo perche
_l'adattamento dipende dalla storia della relazione tra il gene e
l'ambiente_, una storia in cui gli eventi non sono scollegati (a
posteriori). Se il gene è quello che è, lo è perche in presenza di un
ambiente relativamente stabile vi si è adattato, infatti si dice che è
_adattatto a un certo ambiente_. Se poi l'ambiente cambia di colpo o
capita un accidente inusuale per quell'ambiente, è un po' inutile (e
sbagliato) dire che il gene non era adattato al nuovo ambiente o ad un
evento accidentale, perche _l'adattamento è riferito alla sua storia non
al momento contingente_.

Cioe l'errore che mi pare tu commetta è cambiare il significato di
"adattamento" a seconda se parli della storia del gene (allora il gene è
adattato se si è trasmesso e si trasmetterà - diacronia), o se parli
della situazione attuale e contingente del gene (per cui il gene è
adatto se sopravvive al fatto contingente - sincronia). Allora bisogna
che ti decidi: o definisci adattato il gene che si "trasmette" oppure
definisci adattato il gene che "sopravvive". SOno due cose diverse.
Si vuole considerare l'individuo portatore passivo del gene. Ma
l'ambiguità del discorso è dovuta al fatto che non si capisce se il gene
è sempre lo stesso da un individuo all'altro o è una copia? Se è una
copia pero, allora il gene si trasmette, e allora il suo adattamento ha
senso diacronicamente.
Post by danilo: (danilo)
no. Non hanno opinioni a rigurdo. Per quanto riguarda i geni, ogni attimo è
contingente (nel tuo senso), e le tue previsioni sul futuro basate
sull'adattamento (qualunque cosa sia), esistono solo nella tua testa. La
realtà non si sente affatto condizionata a seguire le prescrizioni dei geni.
I geni non prescrivono niente, pero provengono da dei binari non
contingenti che li hanno portati ad esistere, e per continuare la strada
devono incontrare altri binari simili (situazioni relativamente simili
al passato). I geni esistono perche una serie di momenti contingenti che
tuttavia hanno avuto qualcosa in comune, qualcosa di simile, stabile: un
ambiente. Dunque per trasmettersi hanno bisogno un ambiente futuro + o -
simile.
Post by danilo: (danilo)
" la differenza tra un evento contingente ma accidentale, eccezionale,
straordinario e tra un evento contingente ma ordinario, normale, familiare,
c'è ed è fondamentale per parlare di adattamento in senso evoluzionistico
(filogenetico e storico). Un evento è contingente in se stesso, ma puo non
esserlo se inserito in un contesto e in una storia."
questa frase ha un senso da un punto di vista umano, ma non lo ha da un
punto di vista genetico.
ti sei lasciato scappare un altro slancio riduzionista. Qui stiamo
parlando di biologia evoluzionistica (BE), non solo di genetica. La BE è
essenzialmente storia (filogenesi e storia evolutiva). Inoltre quando
parli di "geni che si perpetuano", "geni che si trasmettono", "fitness
inclusiva", "diffondersi nella specie", sei costretto a rimettere in
gioco il momento diacronico, cioe la connessione esistente tra eventi
contingenti, che quindi visti nel loro susseguirsi hanno un nesso che li
lega.
Se tu puoi restringere lo studio dei viventi alla genetica, fai pure, ma
sappi che sei un riduzionista.
Post by danilo: (danilo)
Il gene agisce in un contesto sincronico, non diacronico.
La diacronicità è una finzione umana, un modo umano di dare senso alla realtà.
:o) tutta la scienza è finzione umana per dare un senso alla realtà,
l'importante è che funzioni. cmq ti contraddici perchè ammetti che il
gene ha una storia, e ammetti che è adattoto se si trasmette per
generazioni (futuro).
Post by danilo: (danilo)
Altrimenti, come spiegheresti le grandi estinzioni? Il
gene viene dal suo passato, ma non ha nessuna previsione del suo futuro.
Neanche te hai nessuna previsione del tuo futuro, eppure sai che se vuoi
campare devi continuare a lavorare, come hai fatto in passato, anche se
non sai se poi effettivamente lavorerai. Non ti entra proprio in testa?
Eppure è facile.
Post by danilo: (danilo)
"Non c'è rapporto di causa-effetto tra geni e comportamento, perchè dati gli
stessi geni si possono avere comportamenti totalmente diversi."
Però ammetterai che un cane non può costruire una fiocina per foche,
spero...Dati gli stessi geni si possono avere comportamenti diversi, ma solo
entro un certo ambito di opzioni. In quanto i geni sono una condizione
necessaria, anche se non sufficiente. Dov'è il problema?
1) che un cane e un eschimese non hanno i stessi geni.
2) Che, a parità di geni, si hanno comportamenti diversi, e che quindi,
dati comportamenti diversi, si possono avere storie individuali diverse,
e successo biologico diverso, ecc. ecc.
Il comportamento non è riducibile ai geni, quindi "dal punto di vista
dei geni" non è analizzabile, eppure va analizzato se si vuol avere una
visione corretta delle dinamiche evolutive. Inoltre l'individuo puo'
decidere della sorte del gene.
3) quindi il problema è che tutto cio per te sembra irrilevante, tu ti
limiti alla condizione necessaria anche se non sufficiente, e tralasci
tutte le altre condizioni, il ventaglio si possibilità lasciato aperto
dai geni non è irrilevante.
Post by danilo: (danilo)
E' vero, naturalmente. Gli organismi modificano l'ambiente, nel mentre che
mettono in atto strategie per tollerarlo. Io non ho mai detto che ogni
organismo è un'isola, che le sue azioni non hanno alcun effetto sulla
realtà, e che non esiste nessun tipo di retroazione. Dico solo che, esseri
umani a parte, le modifiche all'ambiente sono perlopiù conseguenze fortuite
di meccanismi adattativi, e quindi l'ambiente rimane "ambiente", nel senso
di realtà di contorno non sotto lo stretto controllo dell'organismo in
questione.
Non sono d'accordo. Primo, non capisco questo "esseri umani a parte"
dopo che tu stesso ammettevi che l'intelligenza è graduale nei viventi,
adesso poni uno iato perche ti fa comodo: umani a parte, gli animali
hanno comportamenti piu o meno meccanici... . Secondo, i comportamenti
non sono conseguenze fortuite di meccanismi adattativi, perche allora
stai dicendo che il comportamento è in qualche modo determinato o al
peggio un mero epifenomeno (e questo è riduzionistico), il che non è
vero perchè è stato dimostrato piu volte che animali diversi in
situazioni inusitate mettono in atto comportamenti non previsti dal
meccanismo adattativo che li ha "forgiati". Terzo, se un animale
modifica il proprio ambiente, l'ambiente cambia (sia quello in senso
fisico che quello in senso proprio). Ho già portato esempi chiari e
empirici, tu li hai semplicemente ignorati (l'ossigeno dell'atmosfera
esiste perchè organismi viventi hanno modificato l'ambiente, il castoro
costruendo la diga gestisce il proprio anmbiente, ecc.).
Questo tuo modo di minimizzare i rapporti tra individuo e ambiente
ignorando i fenomeni empirici reali è riduzionistico e direi
razionalistico, perchè ancora è volto a limitare le dinamiche evolutive
alla "sincronia" e al "gene", considerando razionalmente, ossia contro
ogni evidenza empirica, l'individuo un mero accessorio epifenomenico e
trascurabile.
Post by danilo: (danilo)
Uff! Se bisogna cavillare sui termini, allora hai ragione. Una mutazione
genetica la cui conseguenza è un adattamento, motivo per cui ho azzardato la
crasi "adattamento genetico", compare all'inizio in un individuo, prima di
diffondersi in tutta la specie, se mai lo fa. Meglio così? Ma giuro che non
capisco dove sia il problema...
"compare" ha un sapore sincronico, "diffondersi in tutta la specie" ha
un significato diacronico. Una mutazione compare, ma l'adattamento ha
bisogno di storia, di tempo per "diffondersi". Non si possono risolvere
problemi teorici fondamentali pensando che siano dovuti a cavilli
terminologici. E' vero invece il contrario: i cavilli terminologici sono
il riflesso diretto di problematiche teoriche.
Post by danilo: (danilo)
"Se dici che l'individuo è adattato perchè sopravvive alla situazione del
momento, non puoi dire che il gene è adattato se viene trasmesso per
generazioni, perchè allora ad essere adattato non è piu l'individuo singolo,
ma intere generazioni di famiglie, gruppi, popolazioni, specie, perché
l'adattamento non è piu ristretto ad una situazione del momento, ma ad una
storia evolutiva relativamente non contingente "
Se rileggi, noterai che io non parlo di sopravvivenza, ma di fitness
inclusiva, la quale ovviamente implica una valutazione diacronica. La
differenza fra le due definizioni è che la fitness dell'individuo prende in
considerazione il genoma, la fitness del gene prende in considerazione solo
il gene.
In entrambi i casi (fitness del gene o dell'individuo) occorre
verificare la loro trasmissibilità quindi occorrono considerazioni
diacroniche, e questo fatto smentisce la riduzione delle dinamiche del
gene al momento contingente, di cui porti la bandiera poco sopra.

Ancora: come conciliare una concezione sincronica di adattamento (gene-
momento contingente) con una concezione diacronica di adattamento
(fitness inclusiva)?

Rifolmulo per la ennesima volta la contraddizione:
il gene ha relazioni col momento contingente (sincronia), pero è
adattato se si perpetua (diacronia), eppero la diacronia è
un'invenzione, ecc. ecc. Quindi alla fine non si capisce se
l'adattamento del gene è sincornico o diacronico: è adattato se
sopravvive al momento o se si trasmette per generazioni?
Post by danilo: (danilo)
Tu non hai ancora una definizione di adattamento, ma usi il termine nella
discussione. Il che significa che, ad un qualche livello, il termine ha un
senso compiuto, per te. Qual'è questo senso? E' poi questo che ti chiedo.
Darwin diceva che vi sono "varie definizioni di specie. Nessuna di esse
ha mai soddisfatto i naturalisti, anche se ogni naturalista sa, piu o
meno, che cosa intende quando parla di specie"
Wittgenstein scriveva che ogni definizione della parola "gioco" è
insoddisfacente, eppure tutti sappiamo cos'è un gioco.
Agostino scriveva "io so che cos'è il tempo, eppure quando me lo
chiedono non lo so piu'"
Heidegger diceva che non sappiamo definire l'essere eppure tutti ne
abbiamo una comprensione media.

Noi sappiamo molte piu cose di quante ne possiamo formalizzare.

Per ora mi limito a dare definizioni in negativo: l'evoluzione non è
solo adattamento, e l'adattamento non è solo la storia del gene, ma
anche dell'organo, dell'individuo, del gruppo, della specie, dei taxa.
Post by danilo: (danilo)
Però penso che una definizione di adattamento debba essere _o_estremamente
specifica (tipo definiamo adattamento ciò che permette ad un gene di
diffondersi in una popolazione avente determinate caratteristiche),
_o_aprioristica (tipo definiamo adattamento ciò che permette ad un organismo
di sfruttare meglio l'ambiente in cui vive).
Io invece ho una terza possibilità: penso all'adattamento come ad un
insieme di strategie, di dinamiche, di regole e di accidenti, che
operano a livelli diversi, i cui livelli poi interagiscono tra di loro.
Quindi non UNA definizione. Inoltre credo che cosa sia l'adattamento ce
lo devono dire i dati empirici non definizioni aprioristiche.
Concludo: Il concetto di adattamento dovrebbe essere ne troppo specifico
ne troppo generale, ne tantomeno aprioristico, ma saldamente fondato
nell'empiria.

Non puoi pensare di terminare ogni discorso con "dov'e' il problema?".
Il problema c'e' perche cio che per un genetista è pacifico per un altro
non lo è affatto.

ciao fuzzy
--
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danilo
2003-09-07 18:18:06 UTC
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Post by The Fuzzy
scusami ma saro molto ripetitivo. Repetita iuvant!
Già... Le ho contate, mi hai dato del riduzionista otto volte :)
Post by The Fuzzy
Dire che i geni "determinano la possibilità" dice
tutto e niente, a me interessa _che uso fai di questo assunto_.
Se tu sei un cavallo, potrai scegliere fra vari comportamenti. E magari
saranno diversi da quelli del tuo fratello gemello. Ma un comportamento che
non potrai scegliere sarà quello di suonare il violino, per via che hai gli
zoccoli e non le dita. In questo senso i tuoi geni di cavallo determinano
l'ambito dei tuoi comportamenti possibili.
Nei nostri comportamenti esiste una componente genetica, nel senso che i
geni determinano un ambito di comportamenti possibili.
Post by The Fuzzy
"un approccio del punto di vista dei geni" ha lo svantaggio di essere un
punto di vista riduzionistico sia dal punto di vista empirico (perche vi
sono altre entita' empiricamente rilevanti da considerare), sia dal
punto di vista metodologico (perche 1) ci si limita ad una causa 2) si
assume la predittività come termine "ad quo" della scienza).
Mi sembra che tu legga quel che vuoi leggere, invece che quel che scrivo...
Chi dice che ci si debba limitare al punto di vista dei geni? Io ho solo
detto che può essere (e mi sembra che sia) un punto di vista utile. _Un_
punto di vista.
La genetica esiste. La eliminiamo perchè è riduzionista? Oppure accettiamo
che un organismo (o una popolazione, una specie, un taxon) possano essere
studiati da più di un punto di vista? Un approccio olistico sarebbe
preferibile? Esistono un mucchio di discipline, nell'ambito della biologia,
e tutte studiano la stessa cosa da diversi punti di vista. Questo non è
riduzionismo, è scienza.
Post by The Fuzzy
Post by danilo: (danilo)
per via che dipende tutto da chi gioca. Però, conoscendo le carte che hanno
in mano, puoi restringere le possibilità.
E' strano, prima denunci a forza chi in biologia si pone con intenti
finalisti (rivolti al futuro), eppoi sostieni che la limitazione ai geni
permette una predittività (futura)... uhmmm
O stai facendo polemica, o non ci siamo capiti...
Io non tollero una visione finalistica dell'evoluzione, il che non significa
che non mi piaccia un intento finalistico nello studio della biologia. Sono
due cose completamente diverse.
Il punto di vista genetico ha permesso di avanzare, ad esempio, una
spiegazione plausibile dei meccanismi che portano all'altruismo, dato il
semplice assunto che un gene non può diffondersi nella popolazione a meno
che non sia vantaggioso alla sua stessa duplicazione.
Non dubito che si potesse arrivare alla stessa spiegazione dal punto di
vista dell'organismo, o della popolazione, ma, dal punto di vista del gene,
la cosa è immediatamente ovvia. Cosa c'è di male?
Post by The Fuzzy
Insomma tutto quello che avviene
entro il range di possibilità non mi pare irrilevante, puo giocare un
ruolo importante nelle dinamiche evolutive, e soprattutto quello che
avviene effettivamente non è sotto il controllo dei geni.
E chi dice che è irrilevante, e che è sotto il controllo dei geni? Io dico
che i geni determinano il range dei comportamenti possibili.
Post by The Fuzzy
I geni si perpetuano? quali? un individuo ne ha moltissimi. E che dire
degli alleli (geni varianti)? o del pool genico, quali geni di esso si
perpetuano? per quanto tempo? Esistono i geni filetici, ma sono
relativamente rari (v. per es. il PAX-6 che struttura l'occhio nei topi,
nella drosophila e nell'uomo), sono questi gli immortali? e gli altri?
Senti, possiamo giocare a non capirci, ma tu sai che tuo figlio ha (avrà,
avrebbe) una parte dei tuoi geni, ed una parte di quelli di sua madre.
Questi geni si sono perpetuati. O no?
E non esistono categorie diverse di geni, ma solo geni che si esprimono
prima o dopo nell'ontogenesi, e che quindi sono più o meno stabili nel
tempo. Gli alleli sono geni, il concetto di allele ha valore solo se ti
riferisci alla popolazione, ma in un organismo _è_ un gene. E lo stesso si
può dire del pool genico. Non esiste il pool genico di un individuo!
Post by The Fuzzy
Dire "i geni si perpetuano"
non dice nulla. Quali geni? Per quanto tempo?
Dire "gli individui si riproducono" non dice nulla. Quali individui? Quante
volte? E i loro figli?
Non vorrei essere polemico, ma se i geni non si trasmettono dai genitori ai
figli, allora dovremmo invocare un atto di creazione ad ogni nascita, ti
pare?
Temo proprio che i geni si duplichino, e passino di generazione in
generazione, con occasionali mutazioni, e che sia su questo che si basa
l'evoluzionismo. Se poi tu non sei d'accordo, dovrai portare qualche prova a
favore del tuo punto di vista, prima che io lo prenda in considerazione.
Post by The Fuzzy
Eppoi mi sorge spontanea una domanda: perchè mai "l'oggetto della
pressione evolutiva" deve essere un ente che dura, che si perpetua?
Perchè un ente che si evolve deve mantenere un'identità, altrimenti non sarà
_un_ ente che si evolve, ma una sequenza di enti diversi. Ma non lo stavi
chiedendo sul serio, vero?
Post by The Fuzzy
Per capirci non credo
che la macroevoluzione possa essere spiegata come un semplice effetto
della microevoluzione. Pensare questo significa porsi in un ottica
riduzionista.
Oh là! Ecco che anche tu, come Mark, arrivi a questo punto!
Allora, fuori da un'ottica riduzionista, prova a spiegarmi come può esistere
una macroevoluzione a livello di popolazioni. Le popolazioni _non_ si
accoppiano, _non_ si riproducono, _non_ sono soggette a mutazioni, in poche
parole _non_ sono un soggetto plausibile per l'evoluzionismo così come è
pensato ora.
Io non ho niente in contrario ad una completa revisione del darwinismo, ma
non se la basi sulla tua personale incredulità...
Cosa dovrebbe esserci alla base della macroevoluzione? Qualcosa che non
abbia niente a che fare coi geni, immagino, per via che i geni giustificano
solo la microevoluzione. Allora, cosa ci mettiamo, al loro posto?
L'ereditarietà dei caratteri acquisiti? Le proteine invece che il dna?
Accenna ad un modello plausibile.
Post by The Fuzzy
Prendi ad esempio l'acqua (H2O). Essa ha delle proprietà che non sono
deducibili dagli atomi presi e studiati separatamente, benche le
proprietà degli atomi singoli rimangano necessarie ancorché sufficienti
per spiegare le proprietà dell'acqua.
Immagino intendessi "non" sufficienti.
Questo è un argomento che non mi convince affatto, ma può essere solo
ignoranza da parte mia. Io credo che le proprietà degli atomi siano
necessarie e sufficienti a spiegare le caratteristiche dell'acqua, ma girerò
il quesito su idc, tanto per vedere.
Post by The Fuzzy
Il gene non contiene la previsione del futuro quale sarà, ma
contiene la previsione del futuro quale dovrebbe essere affinche il gene
stesso possa trasmettersi.
No, contiene la storia del passato in cui il gene si è trasmesso.
Post by The Fuzzy
quindi noi vediamo anche che se
il gene vuole continuare la sua storia deve incontrarsi con un ambiente
piu o meno simile a quello che lo ha determinato.
No, vediamo che un gene che incontra un ambiente più o meno simile a quello
che lo ha determinato continua la sua storia.


Un evento accidentale
Post by The Fuzzy
puo' causare l'estinzione del gene, ma è ridicolo dire che cio è
avvenuto perche il gene non era adatto all'ambiente, in quanto è chiaro
che nessun gene è adatto a eventi accidentali.
Cioè tu dici che il limite K-T non ha lasciato nessun sopravvissuto?


E questo perche
Post by The Fuzzy
_l'adattamento dipende dalla storia della relazione tra il gene e
l'ambiente_, una storia in cui gli eventi non sono scollegati (a
posteriori).
Collegati a posteriori?
Di cosa stai parlando?


Se il gene è quello che è, lo è perche in presenza di un
Post by The Fuzzy
ambiente relativamente stabile vi si è adattato, infatti si dice che è
_adattato a un certo ambiente_.
Dove adattato significa che si duplica, giusto?




Se poi l'ambiente cambia di colpo o
Post by The Fuzzy
capita un accidente inusuale per quell'ambiente, è un po' inutile (e
sbagliato) dire che il gene non era adattato al nuovo ambiente o ad un
evento accidentale, perche _l'adattamento è riferito alla sua storia non
al momento contingente_.
E però non si duplica, quindi devi scovare una nuova definizione di
adattato, che prescinda dai risultati a posteriori, e che quindi sia, come
dire, a priori...
Post by The Fuzzy
Cioe l'errore che mi pare tu commetta è cambiare il significato di
"adattamento" a seconda se parli della storia del gene (allora il gene è
adattato se si è trasmesso e si trasmetterà - diacronia), o se parli
della situazione attuale e contingente del gene (per cui il gene è
adatto se sopravvive al fatto contingente - sincronia). Allora bisogna
che ti decidi: o definisci adattato il gene che si "trasmette" oppure
definisci adattato il gene che "sopravvive". SOno due cose diverse.
Oh no, che non lo sono! Il gene si duplica solo se sopravvive, ti pare? E la
duplicazione, in se, è sincronica almeno quanto la sopravvivenza.
Adattato è un'etichetta che noi applichiamo ai geni che si sono duplicati,
ed è diacronica in quanto noi la vediamo così. Ma l'atto in se è sempre e
comunque sincronico.
Post by The Fuzzy
Ma
l'ambiguità del discorso è dovuta al fatto che non si capisce se il gene
è sempre lo stesso da un individuo all'altro o è una copia? Se è una
copia pero, allora il gene si trasmette, e allora il suo adattamento ha
senso diacronicamente.
Ovviamente è una copia, e ovviamente il fatto che il gene si mantenga
attraverso il tempo è un nostro punto di vista.
In realtà, è solo chimica complicata ;)
Post by The Fuzzy
Qui stiamo
parlando di biologia evoluzionistica (BE), non solo di genetica. La BE è
essenzialmente storia (filogenesi e storia evolutiva).
Prometti di non dirlo a Maynard-Smith? Ha una certa età, e non so come la
prenderebbe...;)
Post by The Fuzzy
Inoltre quando
parli di "geni che si perpetuano", "geni che si trasmettono", "fitness
inclusiva", "diffondersi nella specie", sei costretto a rimettere in
gioco il momento diacronico, cioe la connessione esistente tra eventi
contingenti, che quindi visti nel loro susseguirsi hanno un nesso che li
lega.
Certo, non lo nego. Si tratta, come tutto nella scienza, di ipotesi di
lavoro. Le cose funzionano _come se_ obbedissero a questa e quella legge,
_come se_ gli individui massimizzassero la loro fitness, _come se_
ottimizzassero il rapporto rischi-benefici. Ma, in realtà, agli individui, o
ai geni, non importa proprio nulla di replicarsi. E' solo che noi vediamo
unicamente i discendenti di quelli che l'hanno fatto.
Post by The Fuzzy
Se tu puoi restringere lo studio dei viventi alla genetica, fai pure, ma
sappi che sei un riduzionista.
Guarda, l'unico modo che avrei per non saperlo ancora sarebbe non saper
leggere :)
Post by The Fuzzy
Post by danilo: (danilo)
Il gene agisce in un contesto sincronico, non diacronico.
La diacronicità è una finzione umana, un modo umano di dare senso alla
realtà.
Post by The Fuzzy
:o) tutta la scienza è finzione umana per dare un senso alla realtà,
l'importante è che funzioni. cmq ti contraddici perchè ammetti che il
gene ha una storia, e ammetti che è adattato se si trasmette per
generazioni (futuro).
Il concetto di adattamento è convenzionale, non è qualcosa che esiste nella
realtà. _Io_ definisco adattato un gene che si duplica, il che non implica
proprio niente per la realtà del gene.
Post by The Fuzzy
Post by danilo: (danilo)
In quanto i geni sono una condizione
necessaria, anche se non sufficiente. Dov'è il problema?
1) che un cane e un eschimese non hanno i stessi geni.
2) Che, a parità di geni, si hanno comportamenti diversi, e che quindi,
dati comportamenti diversi, si possono avere storie individuali diverse,
e successo biologico diverso, ecc. ecc.
Il comportamento non è riducibile ai geni, quindi "dal punto di vista
dei geni" non è analizzabile, eppure va analizzato se si vuol avere una
visione corretta delle dinamiche evolutive. Inoltre l'individuo puo'
decidere della sorte del gene.
3) quindi il problema è che tutto cio per te sembra irrilevante, tu ti
limiti alla condizione necessaria anche se non sufficiente, e tralasci
tutte le altre condizioni, il ventaglio si possibilità lasciato aperto
dai geni non è irrilevante.
Mi metti in bocca un mucchio di cose che io non ho mai detto...
Io ammetto senza difficoltà che i geni non determinano i comportamenti, e
che i comportamenti sono rilevanti. (Magari avrei più difficoltà ad
ammettere che l'individuo può decidere della sorte del gene, ma questo è un
altro discorso).
Tutto quello che io dicevo, e lo dicevo solo perchè tu sembravi negarlo
recisamente, è che un cane non ha i geni che gli permettono di costruire una
fiocina per foche.
Poi, un uomo può farlo o non farlo, ma il fatto è che un uomo _può_, un cane
_non può_. E questo è genetico.
Post by The Fuzzy
Non sono d'accordo. Primo, non capisco questo "esseri umani a parte"
dopo che tu stesso ammettevi che l'intelligenza è graduale nei viventi,
adesso poni uno iato perche ti fa comodo: umani a parte, gli animali
hanno comportamenti piu o meno meccanici... .
Polemiche, polemiche...
Gli esseri umani possono disboscare per seminare il grano, quindi in vista
di un raccolto futuro, mentre gli elefanti possono disboscare come effetto
secondario del loro modo di nutrirsi. Se qui tu ci vedi una differenza
qualitativa, allora va bene, c'è. Contento?
Post by The Fuzzy
. Secondo, i comportamenti
non sono conseguenze fortuite di meccanismi adattativi, perche allora
stai dicendo che il comportamento è in qualche modo determinato o al
peggio un mero epifenomeno (e questo è riduzionistico), il che non è
vero perchè è stato dimostrato piu volte che animali diversi in
situazioni inusitate mettono in atto comportamenti non previsti dal
meccanismo adattativo che li ha "forgiati".
Ma _possibili_ per quell'animale. Ancora una volta, i geni non determinano i
comportamenti, ma determinano l'ambito delle opzioni.



Terzo, se un animale
Post by The Fuzzy
modifica il proprio ambiente, l'ambiente cambia (sia quello in senso
fisico che quello in senso proprio).
A questo ti ho già risposto altrove.
Post by The Fuzzy
"compare" ha un sapore sincronico, "diffondersi in tutta la specie" ha
un significato diacronico. Una mutazione compare, ma l'adattamento ha
bisogno di storia, di tempo per "diffondersi".
Questione di punti di vista. La comparsa di una mutazione ha luogo in un
momento preciso, così come ogni singolo evento di diffusione. Puoi vedere il
tutto in prospettiva storica, o come una sequenza di accoppiamenti
sincronici.

Non si possono risolvere
Post by The Fuzzy
problemi teorici fondamentali pensando che siano dovuti a cavilli
terminologici. E' vero invece il contrario: i cavilli terminologici sono
il riflesso diretto di problematiche teoriche.
Magari in generale, ma non in questo caso.
Post by The Fuzzy
il gene ha relazioni col momento contingente (sincronia), pero è
adattato se si perpetua (diacronia), eppero la diacronia è
un'invenzione, ecc. ecc. Quindi alla fine non si capisce se
l'adattamento del gene è sincornico o diacronico: è adattato se
sopravvive al momento o se si trasmette per generazioni?
Riformulo per l'ennesima volta la risposta: la diacronia è una chiave
interpretativa umana di una sequenza di eventi sincronici.
Post by The Fuzzy
Per ora mi limito a dare definizioni in negativo: l'evoluzione non è
solo adattamento, e l'adattamento non è solo la storia del gene, ma
anche dell'organo, dell'individuo, del gruppo, della specie, dei taxa.
Su questo concordo pienamente, ma non ci porta molto lontano ;)
Post by The Fuzzy
Inoltre credo che cosa sia l'adattamento ce
lo devono dire i dati empirici non definizioni aprioristiche.
Concludo: Il concetto di adattamento dovrebbe essere ne troppo specifico
ne troppo generale, ne tantomeno aprioristico, ma saldamente fondato
nell'empiria.
Ma noi, se Kuhn ne capisce qualcosa, cerchiamo i dati empirici in funzione
dei nostri concetti aprioristici...
Magari l'empiria non è poi così empirica come gli scienziati amano pensare,
non credi? Così, non penso che farebbe male chiarire a parole il paradigma
implicito su cui ci basiamo, a monte della ricerca empirica.
Post by The Fuzzy
Non puoi pensare di terminare ogni discorso con "dov'e' il problema?".
No, non ogni discorso. Solo quelli in cui non vedo dove sia il problema ;)
Ma poi tu me lo spieghi...

Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
€rnesto
2003-09-08 14:45:21 UTC
Permalink
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Prendi ad esempio l'acqua (H2O). Essa ha delle proprietà che non sono
deducibili dagli atomi presi e studiati separatamente, benche le
proprietà degli atomi singoli rimangano necessarie ancorché sufficienti
per spiegare le proprietà dell'acqua.
Immagino intendessi "non" sufficienti.
Questo è un argomento che non mi convince affatto, ma può essere solo
ignoranza da parte mia. Io credo che le proprietà degli atomi siano
necessarie e sufficienti a spiegare le caratteristiche dell'acqua, ma girerò
il quesito su idc, tanto per vedere.
SCUSATE l'INTROMISSIONE:
Consiglierei la lettura del bel libro di Philip Ball "H2O - una
biografia dell'acqua".
Tutto quello che si sa su atomi, gsci elettronici e quindi ponti
idrogeno spiegano bene quello che fa l'acqua.
C'è qualche comportamento "anomalo" in particolari condizioni di
temperatura e di pressione, ma sono condizioni davvero particolari.
Non mi pare un buon esempio per i geni.

E' ovvio che i geni sono solo dei mattoni o degli strumenti e quel che
conta è il loro concerto. Abbiamo meno geni di un sacco di viventi che
appaiono più semplici di noi ( o siamo arroganti???) ma è assai più
complicato il ballo dell' accendi-spegni. Prorpio come una grande
orchestra può suonare una canzonetta o la musica di Bach.

cut
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Post by danilo: (danilo)
In quanto i geni sono una condizione
necessaria, anche se non sufficiente. Dov'è il problema?
1) che un cane e un eschimese non hanno i stessi geni.
Come no! Noi umani (eschimesi o nigeriani è lo stesso!) condividiamo
la gran parte dei nostri geni con i cani che sono mammiferi come noi.
Il genoma canino non è ancora stato completato, ma quello di una
specie di topo sì: non sarai offeso se ti dico che abbiamo davvero
tanti geni uguali il topino e noi! ;-)
Post by danilo
Post by The Fuzzy
2) Che, a parità di geni, si hanno comportamenti diversi, e che quindi,
dati comportamenti diversi, si possono avere storie individuali diverse,
e successo biologico diverso, ecc. ecc.
Effettivamente la Giovanna non volle venire a letto con me, la Mara
sì. Comportamenti diversi, stessi geni... ;-)
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Il comportamento non è riducibile ai geni, quindi "dal punto di vista
dei geni" non è analizzabile, eppure va analizzato se si vuol avere una
visione corretta delle dinamiche evolutive. Inoltre l'individuo puo'
decidere della sorte del gene.
Chiedilo al lievito o ai batteri. Quando il concerto è semplice gli
automatismi ineluttabili predominano. Succede anche fra gli umani, in
politica ad esempio chi vota per Berlusconi mostra un concerto
semplificato al massimo, non credi?

LEVO IL DISTURBO, CONTINUATE PURE.

ciao
Ernesto
The Fuzzy
2003-09-08 19:37:23 UTC
Permalink
Post by €rnesto
Post by danilo
Immagino intendessi "non" sufficienti.
si ovviamente, m'è scappato il "non"
l'NG è pubblico e tu sei il benvenuto :)
Post by €rnesto
Tutto quello che si sa su atomi, gsci elettronici e quindi ponti
idrogeno spiegano bene quello che fa l'acqua.
Non mi sono spiegato: ho detto se prendi gli atomi singolarmente.
Non puoi risalire al comportamento dell'acqua semplicemente basandoti
sulle proprietà dei singoli atomi che la costituiscono, principalmente
perchè le proprietà dell'acqua sono qualitativamente diverse da
quelle degli atomi.
Un po' come la differenza tra proprietà chimiche e biologiche: non
puoi risalire alle proprietà biologiche della materia vivente,
basandoti sulle proprietà della materia inerte, ossia sulle leggi
della chimica. In piu i linguaggi usati nei due campi sono diversi.
Ovviamente l'obiezione che in un futuro sapremo, e bla bla bla...
non vale. Oggi le cose stanno cosi, fino a prova contraria,
domani beato chi c'arriva! :)
Adesso se ne esce il riduzionista di turno e dice che la biologia
è chimica... 8-) (allora pregherò quel signore di spiegarmi su quale
legge della chimica si basa la vita, e li allora ci si diverte).
Post by €rnesto
C'è qualche comportamento "anomalo" in particolari condizioni di
temperatura e di pressione, ma sono condizioni davvero particolari.
Non mi pare un buon esempio per i geni.
a me pare un buon esempio di come l'approccio riduzionista
non funziona.
Post by €rnesto
Post by danilo
Post by The Fuzzy
1) che un cane e un eschimese non hanno i stessi geni.
Come no! Noi umani (eschimesi o nigeriani è lo stesso!) condividiamo
la gran parte dei nostri geni con i cani che sono mammiferi come noi.
Il genoma canino non è ancora stato completato, ma quello di una
specie di topo sì: non sarai offeso se ti dico che abbiamo davvero
tanti geni uguali il topino e noi! ;-)
Si, dicevo che abbiamo anche un gene in comune con la drosophila
(il PAx-6). Che bello!!! Ma che c'entra?
Il fatto è che un cane non è in grado di costruire
una fiocina, e lo sai perchè? Perchè cane e uomo hanno un patrimonio
genetico diverso! Era questo il punto che non hai colto. :)
Post by €rnesto
Chiedilo al lievito o ai batteri. Quando il concerto è semplice gli
automatismi ineluttabili predominano.
Azz!!! Veramente??? una rivelazione! adesso me lo scrivo...

ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
danilo
2003-09-09 06:37:45 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
Non puoi risalire al comportamento dell'acqua semplicemente basandoti
sulle proprietà dei singoli atomi che la costituiscono, principalmente
perchè le proprietà dell'acqua sono qualitativamente diverse da
quelle degli atomi.
Ti dirò, su isc (3D curiosità) sono tutti sostanzialmente d'accordo con te.
Quindi ritiro l'obiezione.
Oddio, devo dire che nessuno usa l'avverbio "qualitativamente" ;)
Post by The Fuzzy
Adesso se ne esce il riduzionista di turno e dice che la biologia
è chimica... 8-)
Ehi! E' la mia gag standard per vivacizzare la discussione...
E poi ho detto chimica _complicata_ :)


Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
€rnesto
2003-09-10 14:03:20 UTC
Permalink
Post by danilo
Post by The Fuzzy
Non puoi risalire al comportamento dell'acqua semplicemente basandoti
sulle proprietà dei singoli atomi che la costituiscono, principalmente
perchè le proprietà dell'acqua sono qualitativamente diverse da
quelle degli atomi.
Ti dirò, su isc (3D curiosità) sono tutti sostanzialmente d'accordo con te.
Quindi ritiro l'obiezione.
Oddio, devo dire che nessuno usa l'avverbio "qualitativamente" ;)
Basta capirsi. Immaginarsi le qualità dell'acqua conoscendo solo H e O
è difficilino. Una molecola di H2O in fondo mica è umida... ;-)

Però spiegarsi le qualità dell'acqua studiando le particolarità dei
due H e dell'O non è impossibile. Considerando le coppie di elettroni
solitarie dell'O si indovina una struttura a tetraedro che è la chiave
per capire tutto il resto.

ciao

Ernesto
€rnesto
2003-09-10 14:03:17 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
l'NG è pubblico e tu sei il benvenuto :)
OK! alcuni si irritano per le intrusioni quindi grazie.
Post by The Fuzzy
Post by €rnesto
Tutto quello che si sa su atomi, gsci elettronici e quindi ponti
idrogeno spiegano bene quello che fa l'acqua.
Non mi sono spiegato: ho detto se prendi gli atomi singolarmente.
Non puoi risalire al comportamento dell'acqua semplicemente basandoti
sulle proprietà dei singoli atomi che la costituiscono, principalmente
perchè le proprietà dell'acqua sono qualitativamente diverse da
quelle degli atomi.
Un po' come la differenza tra proprietà chimiche e biologiche: non
puoi risalire alle proprietà biologiche della materia vivente,
basandoti sulle proprietà della materia inerte, ossia sulle leggi
della chimica. In piu i linguaggi usati nei due campi sono diversi.
Ovviamente l'obiezione che in un futuro sapremo, e bla bla bla...
non vale. Oggi le cose stanno cosi, fino a prova contraria,
domani beato chi c'arriva! :)
Adesso se ne esce il riduzionista di turno e dice che la biologia
è chimica... 8-) (allora pregherò quel signore di spiegarmi su quale
legge della chimica si basa la vita, e li allora ci si diverte).
Mica puoi negare che anche la biologia sia chimica, ti pare? Ma sono
discorsi improduttivi perchè si potrebbe dire che la chimica è in
fondo fisica ma che è impossibile dire dove finisca la fisica e
comincia la chimica.
La fisica delel particele è quantistica e indeterminata, ma ad un
certo punto diventa determinatissima e chimica.
Localizzazione dicamica? Particelle che una su un miliardo si
automisurano (si autosservano?) perdono l'indeterminazione
quantistica, lo stato di soprapposixione, e "cadono" nela realtà
diventando anche chimica?

Il difficile è prevedere che cosa emerge dalla complessità: e anche
quando la chimica si fa complessa emergono caratteristiche
imprevedibili, difficile dire dove cominci a biologia, e quando la
biologia si fa complessa emerge la coscienza e l'intelligenza.
Post by The Fuzzy
Post by €rnesto
C'è qualche comportamento "anomalo" in particolari condizioni di
temperatura e di pressione, ma sono condizioni davvero particolari.
Non mi pare un buon esempio per i geni.
a me pare un buon esempio di come l'approccio riduzionista
non funziona.
Ba! Bisogna sempre prima mettersi d'accordo sul senso delle parole.
Lo studio delle complessità ha strumenti suoi ma senza il riduzionismo
non esisterebbero.
Post by The Fuzzy
Post by €rnesto
Post by The Fuzzy
1) che un cane e un eschimese non hanno i stessi geni.
Come no! Noi umani (eschimesi o nigeriani è lo stesso!) condividiamo
la gran parte dei nostri geni con i cani che sono mammiferi come noi.
Il genoma canino non è ancora stato completato, ma quello di una
specie di topo sì: non sarai offeso se ti dico che abbiamo davvero
tanti geni uguali il topino e noi! ;-)
Si, dicevo che abbiamo anche un gene in comune con la drosophila
(il PAx-6). Che bello!!! Ma che c'entra?
Il fatto è che un cane non è in grado di costruire
una fiocina, e lo sai perchè? Perchè cane e uomo hanno un patrimonio
genetico diverso! Era questo il punto che non hai colto. :)
Post by €rnesto
Chiedilo al lievito o ai batteri. Quando il concerto è semplice gli
automatismi ineluttabili predominano.
Azz!!! Veramente??? una rivelazione! adesso me lo scrivo...
L'hai scritto? Sono contento, era solo una metafora, se non ti piace
la musica allora pensa al caleidoscopio: riflessioni,
amplificazioni... danno luogo a disegni inesistenti. Oppure a un
ologramma: ci vuole la sua luce per ricavare il senso della
complessità confusa che sta sulle pellicole e non conta tanto il
numero delle linee e dei punti... Eccetera.

ciao Ernesto
The Fuzzy
2003-08-13 20:08:52 UTC
Permalink
No, che non sei un feroce anti ultradarwinista...
Cioè, se la definizione di ultradarwinista è quella che ne da Eldredge,
anch'io sono contro. Ma, vedi, ultradarwinista non è precisamente un termine
lusinghiero. Il che mi porta a pensare che sia chi non la vede così ad
averlo coniato, completo di definizione di parte. Un po' come "riduzionista"
;)
Anche Eld. è convinto di non essere saltazionista e anti-darwiniano,
ma tutto quello che dice lo sconfessa, allo stesso modo gli
ultradarwinisti ritengono di non essere tali e di non essere
riduzionisti, ma tutto quello che dicono li sconfessa.
Pensa persino i razzisti sono convinti di non essere razzisti...
...e' una vecchia storia ;-)

cmq ne riparliamo dopo ferragosto ok?

buon ferragosto a te e a MarkIII (e a tutti)
ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
danilo
2003-08-13 21:29:55 UTC
Permalink
Post by The Fuzzy
buon ferragosto a te e a MarkIII (e a tutti)
ciao fuzzy
Stai con la pancia al sole e friggici le uova.

Ciao Danilo

--------------------------------
Inviato via http://usenet.libero.it
The Fuzzy
2003-08-19 09:27:30 UTC
Permalink
Peccato, perchè questa è la chiave di volta di tutta la faccenda. Io credo
che sia qui la spiegazione dei meccanismi di speciazione.
Ma sono fiducioso che, se rimani ancora un po' su questo NG, troveremo
l'occasione di parlarne. (della selezione)
Vedi in proposito la risposta a MarkIII (in arrivo)
Post by The Fuzzy
Non si puo'
seriamente affermare che la stasi si spiega solo con HT se non si
specifica di quali organismi si parla: HT spiega la stasi nei batteri
forse? e che dire degli uccelli, o delle formiche o degli elefanti?
Niente per Eld. è tutto uguale: stasi e HT gratis per tutti!!!
L'HT è certo importante, ma solo nel caso che le condizioni esterne (so che
non tolleri questa espressione, ma lasciami un attimo per spiegarla, prima
di imbufalirti) non mutino, o mutino gradualmente, con un ritmo compatibile
con le mutazioni genotipiche.
Mi imbufalisco se per ambiente si intende _solo_ l'ambiente fisico e se
lo si intende del tutto indipendente dagli organismi. Per il resto
quello che dici sopra va bene. I cambiamenti dell'ambiente fisico
possono avere velocità diverse (alcune in linea col tasso di
mutazione-selezione genotipica (ma di quale vivente?), altre più
repentine, altre piu lente), e possono essere qualitativamente diverse,
una glaciazione improvvisa è una cosa, un lento e graduale cambiamento
di clima è un altro, l'eruzione del krakatoa un altra, l'immissione di
ossigeno da parte di organismi primitivi altro ancora e cosi via.

Inoltre variazioni dell'ambiente fisico possono aver un impatto diretto,
forte su certi viventi, o nullo su altri. Inoltre questi viventi
potrebbero a seguito di ciò modificare l'interazione diretta tra di
loro, o indiretta tramite altri viventi,e cosi via... Ma il vero
problema è che è impossibile stabilire a priori queste dinamiche,
perchè un ecosistema è un "sistema aperto", per il quale quindi la
serie di elementi da considerare cambia sia in quantità che in
qualità.
L'HT come meccanismo di speciazione è solo un artificio paleontologico,
L'HT non è un meccanismo di speciazione per Eld., ma al contrario di
stasi.
Ovviamente il tempo evolutivo non ha un andamento lineare, per via (mi
permetto di insistere) che i tempi di coevoluzione possono essere anche
lineari,
ma il tempo evolutivo varia non solo in relazione all'ambiente fisico
(chiamiamolo cosi, è piu' corretto), ma anche al tipo di vivente che si
considera: i batteri hanno tempi evolutivi rapidi rispetto a un
elefante. Gli stessi vincoli fisici a cui ti riferisci (un po' troppo
genericamente), variano moltissimo: una brughiera è un vincolo fisico
o coevolutivo (per usare il tuo termine)? e coevolutivo rispetto a
quale altro vivente?
Quindi quando parli di tempi di coevoluzione (con cui mi pare tu intenda
l'evoluzione interdipendente di specie che interagiscono DIRETTAMENTE
tra loro), non è vero che questi sono sempre tali. Se consideri una
foresta, un specie di mammiferi o una specie di insetti, o qualche
batterio, i tempi evolutivi non coincidono affatto, dov'è la
coevoluzione? tra chi? Per esempio i tempi evolutivi dell'ambiente
fisico potrebbe essere più simile a quello delle foreste, o lentissimo
per i batteri, ecc ecc.

Organismo e ambiente sono termini troppo generali, non se ne puo'
discutere in astratto, perchè vi sono organismi e ambienti diversi
ciascuno con tempi
e dinamiche non riducibili ad una sola.
Ogni volta che parli di organismi e ambiente mi fai venire in mente una
valletta con sassi acqua alberi e prati e qualche quadrupede o altro
animale di taglia media e qualche uccello. Non è cosi. E' uno schemetto
che non mi va bene, troppo troppo semplificato, che non riflette
affatto la natura delle cose.
Sì, in effetti il nostro non ha ben chiaro che le cose succedono per caso.
Quello che lo sbalordisce è che gli adattamenti provengano per lo più da
sopravvivenze casuali.
Se provengono da sopravvivenze casuali non sono adattamenti
(ma di questo ne parlo nell'altro post)
Ora, quale criterio può definire l'adattamento all'ambiente, se non la
sopravvivenza?
La sopravvivenza della specie non è criterio di adattamento, perchè
allora nessuna specie è mai adattata, per il semplice fatto che non
esiste specie eterna. Mi sembra banale. Se tutte le specie
finiscono prima o poi (sfido chiunque a dimostrare l'esistenza di una
specie fissa e eterna), tanto è vero che si dice che il 99,9 delle
specie è ormai estinto, allora nessuna è adattata.
Un ragionamento del genere lo trovo risibile.
(ma di questo ne parlo nell'altro post)
Se una specie non sopravvive, non era adattata all'ambiente,
per definizione.
Qui sbagli. Ma anche del pan-adattazionismo ne parliamo nell'altro post
che ho scritto e che sto per postare insieme a quello per MarkIII.

ciao fuzzy
--
Posted via Mailgate.ORG Server - http://www.Mailgate.ORG
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