Post by AlephIn politica si usa l'espressione "salto della quaglia" per
sottolineare ironicamente il passaggio trasformistico di un
parlamentare tra due schieramenti alternativi.
Ma perché hanno tirato fuori proprio la quaglia?
Quali sono le caratteristiche peculiari che caratterizzano i salti di
questo pennuto, tali da rendere possibile un paragone metaforico con
politici disinvolti?
La quaglia che gli antichi consideravan sacra.
Proprio come il tordo, primo tra i volatili nell'onor
della culinaria ma sacro a Minerva e la pernice da
cui dicevan che il greco Alcmane, sentendola cantare,
avesse mutuato la metrica dei versi. Il suo camminare
fra un solco e l'altro ha dato origine al gioco detto del
''salto della quaglia'' e si adatta a chi conosce i rettilinei
solo come geometria e nel cammino della vita fa la strada
che piu' gli par conveniente zampettando come autentico
slalomista dell'esistenza.
Un canto metallico
che sa di desiderio
Un tempo persino disprezzata tant'era abbondante oggi che
nelle campagna scarseggia se ne sente un po' la mancanza
e quel suo canto improvviso sa' di nostalgia. Riporta i vecchi
ornitologi ad un mondo carico di emozioni e di odori, al tempo
di un'agricoltura dove l'aratro era preceduto dai bovi e a fine
giugno il contadino contava i covoni e sapeva se l'inverno sarebbe
stato di fame o la moglie avrebbe potuto comprar il vestito al figlio.
Le quaglie erano nei maggesi, come rammenta in maniera suggestiva
Felice Steffenino, uno dei piu' immaginifici autori italiani, a far da
dame di compagnia a starne vere. E coi loro canti davan voce alla
notte illuminata dalle lucciole. Ma queste son storie che i giovani
consideran inutili e forse hanno anche un po' ragione perche' il
loro mondo di favola sara' diverso, senza neppure il canto d'un
grillo a dargli significato. Ma con altre voci, altri lumi, non meno,
per loro, validi dei nostri.
La quaglia dunque!
In pochi sospettano che appartiene alla gran famiglia
dei galliformi ed e' quindi parente del fagiano, starna
e tutti gli altri pennuti che vengon chiamati ''nobili'' ma
resta l'unica di tutta la progenie ad avere tendenze migratrici
al contrario persino delle quaglie d'Africa e della Mongolia
che rimangono dove nascono. Come i fiori.
Il ripasso e' in aprile e maggio quando giungon e sembrano
scaturire proprio da sotto le stelle. Si posano sul terreno stanche,
a volte persino incapaci di risollevarsi sulle ali. Era quello il
tempo della gran festa per i bracconieri che sulle spiagge
''pescavan'' le quaglie con grandi reti. E qualcuno si era
persino inventato il mestiere di ''quagliaro'' e riusciva a farci
campare (benedette quaglie) la famiglia. La migrazione invece
dai primi di settembre sino a novembre perche' niente e' piu'
incerto della partenza delle quaglie. Per che anche un minimo
raggio di sole le induca ad attendere di mettere la valigia
sotto l'ala ed anche ai primi di novembre,in quella che vien
chiamata la breve estate dei morti ne trovi sempre qualcuna
che e' stata ingannata da qualche grado in piu' del termometro.
Gli antichi, su questa loro natura d'andare due volte oltre il
mare avevano construito leggende suggestive: in una, ripresa
anche da Plinio il Vecchio, naturalista romano che mori' nel 70
mentre stava descrivendo l'eruzione che seppelli Pompei si dice
che le quaglie partendo dall'Africa hanno un fuscello nel becco.
Lo posano sulle onde, quando sono stanche, vi si accomodano
tranquillamente ed anzano un'ala, come fosse una vela e cosi',
quasi se ne andassero un surf, proseguono nella migrazione.
Il nido consiste in una minuscola buca foderata da erbe: mai
pero' lo troverete esposto a settentrione. La natura ha insegnato
alla quaglia che gelate tardive possono rovinarle la famigliola
oramai prossima a venire alla vita.
Per quanto riguarda il grido dei mietitori vestini "Daji che
mmo l'acchjiappete la quàjie" occorre precisare come esso
rimandi ad una concezione ampiamente attestata nell'area
culturale europea che lo spirito del grano sia incarnato in un
animale (molto spesso un volatile) e che sotto questa forma
sia presente sul campo, dove possa essere preso ed ucciso.
Si crede infatti che durante la mietitura l'animale fugga davanti
ai falciatori, rifugiandosi nell'ultimo fascio di spighe.
L'uccisione dell'animale divino da parte del mietitore che chiude
la fila, lo smembramento e il consumo comunitario della sua carne
mettono in evidenza il carattere sacramentale del pranzo della
mietitura. È appena il caso di ricordare come i maccheroni con il
sugo di papera siano il cibo tipico dei mietitori e dei trescatori.
Imitando allora il muoversi delle quaglie, che pur se abile al
volo in vero agli inizi di Maggio e' tanto stanca da correre
appena, ma vive dalla fine di Maggio a Giugno vitali risvegli
e celebrazioni giocose della natura, con corse e rincorse
a raccoglier pulcini, nella festa d'estate gli antichi mietitori
festeggiavano
saltando i covoni e saltandosi l'un l'altro il buon raccolto
in una festa che dalla stanca corsa fa nascere in un breve balzo
come metafora di vite future.
...sferraglia il cuore nella notte lunga....
gli occhi han dipinto il...
...mare di luce....
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